
Aborto, quanto è sicuro il mifepristone?
Ida Macchi
Il mifepristone, più noto come RU 486, è il principio attivo della pillola per l’aborto farmacologico ed è al centro di numerose polemiche da parte dei movimenti pro-life. E’ recentissima la richiesta di sospenderne l’approvazione da parte dell’FDA, negli Stati Uniti. Il presidente Joe Biden vi si è apposto con successo, evitando una restrizione che si sarebbe rivelata un attacco ad un diritto delle donne. Ma come funziona il farmaco e, soprattutto, ci sono rischi per chi decide di interrompere la gravidanza con la RU 486?
DUE FARMACI
“Il mifepristone è un antagonista del progesterone, il principale ormone deputato allo sviluppo e al mantenimento della gravidanza”, spiega la dottoressa Mirella Parachini, ginecologa, segretario della Federazione internazionale degli Operatori di Aborto e Contraccezione (FIAPAC). “Una volta somministrato, provoca lo scollamento della gravidanza e aumenta la contrattilità del miometrio, la parte muscolare dell’utero, oltre ad ammorbidire e aprire il collo uterino. Dopo 48 ore dalla sua somministrazione è prevista l’assunzione di un secondo farmaco a base di una prostaglandina, tra le quali quella più utilizzata è il misoprostolo: nel giro di poche ore, innesca contrazioni uterine che provocano lo scollamento della gravidanza. Durante questa fase, la donna accusa dolori addominali, a volte più intensi di quelli mestruali e una perdita di sangue, spesso più abbondante di un normale flusso. Dopo 15-20 giorni viene accertata l’avvenuta espulsione con un esame del sangue, o delle urine, che dosa le beta HCG, l’ormone della gravidanza che si innalza in modo esponenziale quando la donna è incinta. Eventualmente viene fissato un controllo medico o un’ ecografia, se superano un valore soglia che fa sospettare la mancata interruzione di gravidanza, o un aborto incompleto”.
SICURA ED EFFICACE
La procedura farmacologica è approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) e dall’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e viene considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo le evidenze scientifiche, un metodo sicuro ed efficace. “La percentuale di successo e l’indice di sicurezza sono maggiori quanto prima viene effettuata e raggiungono più del 95%”, sottolinea la dottoressa Parachini. ”L’uso del mifepristone può provocare emorragie abbondanti, ma è stato stimato che i rischi di complicanze sono inferiori a 1 ogni 100 mila utilizzatrici e quindi sovrapponibili a quelli legati ad una interruzione di gravidanza chirurgica o ad un aborto spontaneo”. Per altro, stando ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2020, nel nostro Paese il 31,9 delle interruzioni di gravidanza sono state effettuate con la procedura farmacologica. Tra il 2020 e il 2021 , c’è stato un loro notevole aumento, con punte del 71,5% nella Provincia Autonoma di Trento. Negli altri paesi europei, dove l’aborto farmacologico è stato legalizzato molti anni prima rispetto all’Italia, si registrano tassi in ulteriore crescita: in Francia e Inghilterra superano il 70% e nei Paesi del Nord Europa il 90%.
DOVE E QUANDO
Per usufruire dell’aborto farmacologico oggi si deve affrontare un percorso meno “accidentato”. Dopo la sua approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2009, il suo uso era consentito solo in regime di ricovero ospedaliero, con una degenza di 3 giorni. Dal 2020, complice il Covid e grazie alle nuove linee guida pubblicate dal Ministero della Salute, è possibile accedervi anche in regime di day hospital e/o ambulatoriale, presso strutture pubbliche adeguatamente attrezzate e autorizzate dalla Regione, e nei consultori famigliari. Al momento, però, questo tipo di accesso è attivo solo in Lazio, Toscana ed Emilia Romagna, anche se non in tutte le province.
In genere sono previsti 3 appuntamenti ( il primo per l’assunzione della RU 486, il secondo per quella della prostaglandina e il terzo per controllare l’avvenuto aborto), ma nel Lazio la procedura farmacologica è stata ridotta ad un solo accesso, ovvero quello in cui viene somministrata la RU 486. Alla donna viene poi consegnato il farmaco a base di misoprostolo, che può assumere a casa, autonomamente. “La pratica clinica ha dimostrato che le eventuali complicanze legate alla procedura si verificano generalmente nei giorni successivi all’assunzione della prostaglandina” spiega la dottoressa Parachini. L’aborto farmacologico rientra nei LEA, è a totale carico del SSN e oggi si sono allungati anche i tempi entro cui poterlo effettuare. In passato sino alla 7^ settimana: “una donna si accorge però di essere incinta intorno alla 4-5^ settimana e, dopo la richiesta dell’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), deve aspettare un’ulteriore settimana per eventuali ripensamenti, come previsto dalla legge 194, anche se il medico può rilasciare un certificato di urgenza”, spiega la dottoressa Parachini. “Oggi l’accesso alla procedura è stato esteso sino alla 9^ settimana di gestazione (in genere confermata da un’ecografia), pari a 63 giorni, contati dall’ultima mestruazione”.