ADHD: colpisce anche gli adulti 

di Ida macchi 

L’FDA ha appena dato il via libera a capsule a base di viloxazina a rilascio prolungato, un nuovo farmaco non stimolante per la cura del deficit d’attenzione e iperattività (o ADHD), indicato anche per gli adulti. Già, perché questo disturbo che ha nel suo bersaglio il 5% dei bimbi under 11, colpisce anche il 2,5-2,7% degli over 20. Molti di loro, però, rimangono nel “sommerso”  durante l’infanzia e scoprono di soffrirne da grandi, anche perché è solo negli ultimi 15-20 anni che la psichiatria e la medicina italiana  hanno puntato i loro riflettori, in particolare con l’apertura del Registro Italiano per l‘ADHD gestito dall’Istituto Superiore di Sanità, nel 2007. Come succede da piccoli , però, questo disturbo può condizionare e limitare fortemente la loro vita. Importante perciò saperne riconoscere i segnali: per diagnosticarlo e poi iniziare una terapia su misura, capace di garantire una miglior qualità di vita.

BIMBI E ADULTI 

“L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo che può durare tutta la vita, ma che si manifesta con caratteristiche diverse a seconda dell’età”, spiega la dottoressa Maria Nobile, responsabile dell’Unità operativa di psicofarmacologia e psicoterapia dell’età evolutiva dell’Istituto Scientifico Medea, Associazione La nostra Famiglia, di Bosisio Parini ( Lecco). “I piccoli che ne soffrono sono sempre in movimento, non hanno mai le pile scariche, fanno fatica a star fermi e a dormire. In una parola, iperattivi. Fanno fatica anche a prestare attenzione, se non per tempi lampo, a concentrarsi e a pianificare e, per un deficit delle funzioni esecutive, non hanno alcuna abilità nel problem solving. Molto impulsivi, non si curano delle regole  (non riescono a rispettare l’ordine di una fila, per esempio, ad attendere il loro turno in un gioco ) e a volte hanno comportamenti potenzialmente pericolosi, come attraversare la strada senza guardare”. Risultato: relazioni difficili con i compagni, ma anche con mamma e papà e con le insegnanti. “Nell’adulto, invece, l’iperattività motoria si riduce drasticamente, trasformandosi in un senso di instabilità interna, una sorta di tarlo interno che rode e a cui si cerca di far fronte facendo tanta attività sportiva, o sport estremi”, spiega l’esperta.” Rimane costante anche la difficoltà di attenzione che manda in tilt le capacità di organizzazione e di planning routinari, con risvolti  negativi soprattutto nello studio e nel lavoro: consegne mancate, tempi non rispettati, mille attività avviate e nessuna conclusa. Stesso copione anche nelle relazioni stabili che, complice una difficoltà di regolazione emotiva, vanno incontro più facilmente a separazioni e divorzi. L’impulsività invece si riduce leggermente, ma c’è sempre una certa propensione per i comportamenti pericolosi :  farsi coinvolgere facilmente nelle risse, avere atteggiamenti provocatori, fare attività rischiose come il cave diving , il base jumping o il free climbing senza imbragature”. Insomma, una vita difficile e sempre sul filo del rasoio, anche per chi sta loro accanto.     

Diagnosi

Scoprire se un over 20 soffre di ADHD non è però difficile, anche perché nel nostro Paese, sotto il controllo dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Agenzia Italiana del Farmaco, si stanno aprendo numerosi centri di riferimento, attivi nelle divisioni di neuropsichiatria e in molti centri psicosociali, proprio per la diagnosi nell’adulto. Solo nel 2016  ne sono stati accreditati 48 in 6 regioni : Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Veneto e provincia autonoma di Bolzano. Qui, grazie ad interviste diagnostiche e appositi questionari, è possibile identificare il disturbo e il suo grado di gravità”, spiega la dottoressa Nobile. “Poi, viene impostata una terapia su misura, anche perché un disturbo di ADHD, scoperto in età adulta e mai curato, spesso si associa a disturbi d’ansia, depressione, disturbi di personalità, o uso di sostanze (come  alcol  o droghe), utilizzate come vani tentativi di automedicazione per rilassarsi e cercare di controllare quel malessere interno e quei comportamenti di cui non si conosce la causa”.       

 

Le cure

“Le cure si avvalgono di sedute di psicoeducazione , utili a spiegare a chi soffre di ADHD e ai suoi famigliari i tratti del disturbo e cosa implicano, seguite da sedute di psicoterapia cognitivo comportamentale: per trovare in se stessi gli strumenti  per superare le situazioni di stress e di frustrazione indotte dal disturbo e per cercare di pianificare la propria vita”, spiega la dottoressa Nobile. “Vanno associate ai farmaci attualmente autorizzati in Italia per l’ADHD, sia nei bambini che negli adulti: il metilfenidato, uno psicostimolante a pronto rilascio o a rilascio ritardato, e la atomoxetina che, al pari della viloxazina appena approvata dall’FDA, fa parte della categoria degli psicofarmaci non stimolanti”. Le differenze ? “ Il primo produce un’immediata disponibilità di noradrenalina,  dopamina e serotonina a livello cerebrale , neurotrasmettitori che inducono una diminuzione dell’iperattività, un buon controllo dell’impulsività e un aumento dei tempi d’attenzione”, spiega l’esperta. “Non solo: con il suo utilizzo diminuisce anche il rischio di sviluppare il disturbo da abuso di sostanze. Il metilfenidato è un farmaco sicuro, efficace e ben conosciuto, con pochi effetti collaterali: può far diminuire l’appetito, disturbare il sonno, dare mal di testa e, nei bambini, determinare una lieve diminuzione dell’accrescimento. Va però usato sotto controllo medico : per evitare il rischio di abusarne, anche se si tratta di un’eventualità rara. Infatti, aumentando immediatamente la vigilanza, le capacità di organizzarsi, lo stato di calma e di rilassamento, può far pensare che autoaumentando la dose la situazione migliori ancor di più. In realtà ,il dosaggio utile è quello indicato dal medico perché se si esagera il metilfenidato dà sopore e sonno incontrollabili. In pratica: addormenta. L’atomoxetina, invece, fa parte degli psicofarmaci non stimolanti e agisce al pari degli antidepressivi : migliora la disponibilità di  noradrenalina a livello cerebrale, ma ci vogliono 2-3 settimane perché dia l’effetto farmacologico utile a controllare i sintomi dell’ADHD e questo riduce al minimo il rischio di abuso. Pochi, anche in questo caso, gli effetti collaterali ( tachicardia e aumento della pressione, soprattutto), effetti che potrebbero essere ridotti dalla viloxazina: il nuovo farmaco promette di entrare in azione in tempi più rapidi  e di avere un minor “impatto” sulle funzioni cardiocircolatorie”. Al momento non è però ancora definito quando potrebbe essere immesso anche nel mercato italiano.     

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