Baby blues, interessa il 70% delle mamme

di Anna Benedetto

 

Si può essere tristi subito dopo  aver vissuto “il giorno più bello della tua vita”?

Quanto pesa il senso di colpa ed il giudizio morale del sentirsi “inadatta” come mamma subito dopo aver messo al mondo il proprio figlio? E quanto questo può influire sulla crescita del bambino?

 

Dopo il parto è possibile “crollare”

Partiamo col dire che il periodo subito dopo il parto è caratterizzato da importanti cambiamenti fisici nella donna. Nelle ore che seguono la nascita del bambino, nel corpo della donna avviene un drastico cambiamento ormonale (crollo degli estrogeni e del progesterone) e questo può influire sull’umore e sulle condizioni di salute della donna. Inoltre, la spossatezza del travaglio e del parto (sia naturale che cesareo) è tale che occorrono settimane prima che la puerpera possa recuperare le forze.

 

Differenza tra maternity blues e depressione post partum

La depressione post partum è una condizione che colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12% delle neo mamme ed esordisce generalmente tra la 6ª e la 12ª  settimana dopo la nascita del figlio, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi. La donna si sente triste senza motivo, irritabile, facile al pianto, non all’altezza nei confronti degli impegni che la attendono.

 

Essa tuttavia va distinta da una reazione piuttosto comune che si verifica in oltre il 70% delle puerpere, denominata “baby blues” o “maternity blues”  (blues significa malinconia), caratterizzata da una indefinibile sensazione di malinconia, tristezza, irritabilità e inquietudine, che raggiunge il picco 3-4 giorni dopo il parto e tende a svanire nel giro di pochi giorni, generalmente entro i primi 10-15 giorni dal parto. La sua insorgenza è dovuta principalmente ai fattori ormonali e psico-fisici sopracitati.

 

Diagnosi e trattamento

Il test Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) o Scala di Edimburgo è un questionario di autovalutazione che viene somministrato, dopo il parto, in molte strutture ospedaliere per valutare il rischio di depressione post natale.

Esso consiste in 10 punti che valutano alterazioni dell’umore (tristezza, felicità, pianto, allegria), possibili condizioni di colpa, l’esistenza di preoccupazioni, ansia o panico, la capacità concentrativa, l’insonnia, l’esistenza di pensieri suicidari. Ad ognuno di essi viene attribuito un punteggio che varia da 0 a 3.

 

Tradotto in oltre 20 lingue diverse e proporzionalmente diffuso , l’EPDS è stato sviluppato negli anni ’80, a fronte di una esperienza clinica che accomunava la vita delle neo mamme nei Paesi ricchi come in quelli poveri. 

Si tratta di un disturbo comune che causa molta sofferenza inutile alle donne e alle loro famiglie e che può  influenzare negativamente lo sviluppo e l’accudimento del bambino, la continuità del matrimonio e l’economia della famiglia.

Molto spesso la donna, il partnerr e i familiari non sono a conoscenza dalla possibilità di questa condizione transitoria e possono sviluppare emozioni secondarie di paura, ansia, colpa e senso di inadeguatezza riscpetto a tali vissuti emotivi.

 

Per questa ragione è fondamentale intercettarne da subito i primi sintomi, sia per intervenire tempestivamente (generalmente entro 2 settimane) con un supporto psicologico specialistico, sia per prevenire l’insorgenza dei sintomi più severi della depressione post partum.

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