Bevi troppi alcolici? Al test l’ardua sentenza

Ida Macchi

Temi di bere troppo, o che lo faccia qualcuno a cui tieni? Oggi online c’è un test interattivo, anonimo e in cui non vengono richiesti dati personali e/o sensibili, che può dare una risposta immediata. Si chiama “Glu Glu test” ed è stato messo a punto dal Centro Alcologico Asl3 di Genova (www.asl3.liguria.it/glu-glu-test.html). Attraverso 10 domande, identifica se il consumo di drink dichiarato è più o meno a rischio per la salute, anche sulla base di quanto sancito proprio di recente dal Parlamento Europeo che ha definito che per l’alcol non esiste una dose sicura. Identifica anche se c’è una dipendenza non ancora consapevole, di cui prendere però consapevolezza e da affrontare: per evitare che diventi un elemento destabilizzante per la salute, ma anche per la propria vita di relazione.

Il bere problematico 

Già, perché ci sono diverse modalità di bere. Alcune ‘innocenti’, come quella di chi centellina 1 o 2 bicchieri di vino in occasioni particolari (un anniversario da festeggiare, una cena al ristorante), oppure quella di chi si concede un aperitivo o una birretta con gli amici, ma poi per giorni riesce tranquillamente fare a meno di qualsiasi tipo di drink. “Il livello di guardia si alza invece quando si entra nel terreno del cosiddetto bere problematico che può sfociare facilmente nell’alcolismo”, sottolinea il dottor Fabio Lugoboni, responsabile dell’Unità di Medicina delle dipendenze del Policlinico di Verona. “Lo è per esempio quello delle persone che cercano nell’alcol una fonte di piacere a cui non rinuncerebbero per nulla al mondo e da soddisfare con più drink e non certo con le mini dosi da assaggio di un sommelier. Oppure chi, a fine giornata, entra in un pub o a casa e immancabilmente beve in modo generoso, con l’alibi di rilassarsi e dare uno stop alle tensioni macinate sul lavoro. Bere problematico anche quello di chi, durante feste o eventi, beve per entrare in sintonia con gli altri e ridurre l’ansia, come se il drink fosse una sorta di ‘lubrificante sociale’. Oppure quello di persone molto impulsive di natura che, una volta che cominciano a bere, perdono il controllo e non riescono a darsi un alt o un freno”.  

Iceberg di problemi mentali

Il bere problematico può esser addirittura la spia di problemi mentali come una depressione che, negli adulti, subentra spesso dopo eventi della vita negativi come la morte di una persona cara, o la perdita del lavoro: “l’alcol, d’altra parte, va a modulare i neurotrasmettitori implicati in questo disturbo dell’umore e il bicchiere diventa una sorta di ‘medicina’ di facile accesso per tentare di attenuare il mal di vivere”, spiega il dottor Lugoboni. ”In realtà, si tratta di una trappola: l’alcol deprime alcune aree cerebrali e questo non fa che aumentare la depressione, mentre il drink diventa facilmente una subdola abitudine. Insomma, un circolo vizioso ad alto rischio. Nei giovani, invece, il bere problematico può essere l’iceberg di problemi del neurosviluppo, magari legati a traumi o ad abusi fisici subiti da piccoli, o di disturbi ad alta impulsività come il deficit d’attenzione e iperattività (l’ADHD). Anche in questo caso, l’abuso di alcolici diventa una sorta di automedicazione scelta erroneamente per dormire meglio, migliorare il proprio umore, concentrarsi, o “calmare” il cervello nell’illusione di essere più produttivi”.

Farlo o no ?

Il bere problematico ha quiandi molte “sfaccettature” che il Glu Glu test non è certo in grado di identificare. Nonostante ciò vale la pena di effettuarlo, e di farlo da soli, perché è un utile strumento per uno screening di base: “il bere è un comportamento sottostimato e anche chi magari sta già mettendo a rischio la propria salute con l’alcol, non sempre se ne rende conto. Se per esempio una donna beve 3 unità alcoliche al giorno (pari circa a due bicchieri di vino) ha un aumento del rischio di ammalarsi di cancro al seno”, spiega il dottor Lugoboni. “Non solo: diabete, ipertensione e tachicardia sono spesso legate ad un consumo di alcol che apparentemente può sembrare “ininfluente” e non sempre è il fegato, con una sua sofferenza, a far la spia di un consumo dannoso, come spesso si crede. Oppure, soprattutto negli over 60, l’alcol anche a dosi moderate può essere responsabile di una minor resistenza muscolare e di una coordinazione più precaria. Insomma, legami spesso sconosciuti e raramente presi in considerazione”.

Sottostimato

Anche il bere di chi magari è già sull’orlo della dipendenza è sottostimato perché, al contrario di quanto succede con altre dipendenze, nei confronti del consumo di alcol si tende a minimizzare e a fare gli “struzzi”: “il 30% degli eroinomani, per esempio, è in carico ad un servizio per le dipendenze”, sottolinea il nostro espero. “Solo 1 alcolista su 20, invece, si rivolge ad un centro di alcologia, anche se in Italia il numero di persone che hanno una dipendenza dal bere sono molti di più dei tossicodipendenti:  oltre 3 milioni i bevitori a rischio ed 1 milione gli alcolisti”. Il test, perciò, può essere il primo passo per prendere coscienza della propria situazione. Una volta effettuato, a seconda dei risultati ottenuti, rivela se il proprio consumo di alcol è moderato e a basso rischio, oppure se è rischioso, dannoso, o se c’è già una dipendenza. Dà inoltre alcuni consigli immediati: discutere i risultati con il proprio medico di base e, se necessario, contattare successivamente un centro di alcologia per un colloquio e una valutazione personalizzata. “Ogni singolo caso va valutato a sé, anche perché può essere necessario ricorrere a cure farmacologiche, orientandosi però su quelle utili a resettare i sistemi (degli oppiodi, il Gaba-ergico, dei neurotrasmettitori come la noradreanalina, la dopamina e la serotonina, per esempio) che sono alla base di ogni specifico bere problematico. Il centro di alcologia diventa quindi il punto di riferimento per elaborare un percorso su misura”, conclude il dottor Lugoboni.

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