
Body positivity e qualche questione aperta
Johann Rossi Mason
Il vento è cambiato nella visione del corpo, complici i movimenti culturali sulla body positivity che mirano all’accettazione di tutte le forme e i colori. Sono la risposta costruttiva al body shaming al giudizio impietoso sul corpo, ma con qualche limite. I corpi possono essere tutti degni di rispetto e su questo non si discute, possono essere belli con alcuni o molti chili di troppo, ma non è detto che siano anche ‘sani’ o che si debba negare che sovrappeso o obesità rappresentino dei rischi per la salute, se non immediati, a lungo termine. L’obesità infatti è una epidemia silenziosa che causa malattie ed è responsabile solo in Italia di migliaia di morti evitabili, circa 100mila ogni anno. Impossibile sottovalutare questo dato o metterlo sullo sfondo.
Di certo lo slogan è più efficace se diventa meme, se è breve, immediato, ma rischia di sdoganare e rendere accettato un problema di salute.
L’accettazione di qualsiasi forma o misura o colore quindi è lecita sino a che non diventa una sottovalutazione dei rischi per la salute. Bello e sano non necessariamente vanno d’accordo: anche le super modelle magrissime possono essere belle su una passerella ma non essere sane e avere problemi di densità ossea, sarcopenia, carenze nutrizionali.
No allo stigma sui corpi
Quindi no allo stigma e al giudizio sul corpo ma nemmeno sdoganare una condizione patologica.
Sull’argomento si sono espresse anche alcune società scientifiche: “Questi messaggi confondono le persone – dichiara Massimo Volpe, presidente della Società italiana di prevenzione cardiovascolare (Siprec) dalle pagine del Fatto alimentare – i chili di troppo quando configurano ‘sovrappeso’ o ‘obesità’, vanno considerati una malattia vera e propria, oltre che un importante fattore di rischio per tante altre patologie, da quelle cardio-metaboliche, ai tumori, a quelle osteo-articolari” (https://ilfattoalimentare.it/obesita-sovrappeso-malattie-body-positivity-pubblicita.html).
Ragionare in termini di body neutrality
Nessuno deve essere oggetto di scherno o vergogna per il proprio aspetto e ben venga se ci sente a proprio agio anche in forme ‘over’ purchè non ci si illuda che il sovrappeso non inneschi una serie di conseguenze, cascate di sostanze infiammatorie, che quello addominale secerne ormoni pericolosi e che un eccesso di peso ostacola ad esempio il movimento e favorisce ipertensione e insulino resistenza. Insomma, l’idea che esistano persone con obesità sane è una mera illusione. L’inclusività può passare attraverso un più ragionevole ricorso alla ‘body neutrality’.
Molti iniziano a guardare con scetticismo un movimento culturale che sembra utilizzato dalle aziende per vendere i propri prodotti o per fare greenwashing, una strada diversa da quella percorsa dai pubblicitari di Dove che intrapresero il discorso sull’accettazione per primi.
Obesità addominale collegata a minore volume dei neuroni
Mentre la ricerca scientifica continua a individuare ‘relazioni pericolose’ tra eccesso di peso e rischi per la salute: un ampio studio, pubblicato su International Journal of Obesity, in cui sono state effettuate scansioni cerebrali su oltre 15mila soggetti con obesità centrale, ha rivelato una associazione diretta tra grasso addominale, misurato con risonanza magnetica e diminuzione del volume della materia grigia (costituita dai neuroni).
Nella indagine sono state misurati i volumi di specifiche regioni cerebrali: il nucleo caudato, il putamen, il pallido, il talamo e l’ippocampo. La presenza di obesità centrale è stata associata con un minore volume di sostanza grigia mentre il volume totale di sostanza bianca (quella che trasmette gli impulsi nervosi) era integro. L’interessamento dei neuroni indica che ad essere colpiti dagli effetti dell’obesità sono le funzioni cognitive che includono attenzione, funziona esecutiva, capacità di prendere decisioni e apprendimento verbale. Alcune meta analisi avevano già evidenziato una forte associazione tra obesità e il rischio di malattia di Alzheimer e altri tipi di demenza Nonostante la correlazione tra eccesso di peso e demenza non sia ancora stata confermata, l’obesità centrale, che vede il grasso lo localizzarsi nell’addome e intorno agli organi interni è la principale causa di infiammazione di basso grado e si associa ad una sindrome metabolica con diminuzione della sensibilità all’insulina, ipoglicemia e ipertensione (Pflanz C. et al Central obesity is selectively associated with cerebral gray matter atrophy in 15,634 subjects in the UK Biobank, int J Obesity 2020).