
Covid: scoperti i meccanismi dietro la perdita di olfatto
di Valentina Di Paola
L’anosmia, uno dei principali sintomi associati all’infezione da SARS-CoV-2 durante la prima ondata di infezione, potrebbe dipendere dalla perdita di assoni, i prolungamenti delle cellule nervose, e dalla compromissione del tessuto olfattivo. Questa ipotesi, descritta in uno studio pubblicato sul Journal of American Medical Association Neurology, è stata formulata dagli scienziati della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora. Il team, guidato da Cheng-Ying Ho, ha eseguito delle analisi post-mortem per comprendere la causa dell’anosmia da Covid-19. Eseguite tra aprile 2020 e settembre 2021, le autopsie riguardavano pazienti di età compresa tra 28 e 93 anni e persone di età compresa tra 20 e 77 anni morte a causa di altre problematiche.
L’anosmia potrebbe dipendere dalla compromissione del tessuto olfattivo
Durante la diffusione iniziale della pandemia, molte persone lamentavano la perdita del senso del gusto e dell’olfatto in caso di infezione da SARS-CoV-2, e gli scienziati si sono interrogati sui meccanismi clinici alla base di questo disturbo. Il gruppo di ricerca della Johns Hopkins ha eseguito delle autopsie nei pazienti deceduti per Covid-19, raccogliendo il tessuto del bulbo olfattivo da 23 persone morte a causa della malattia da nuovo coronavirus, confrontando i risultati ottenuti con i dati raccolti dalle analisi post-mortem eseguite su 14 pazienti deceduti per cause diverse. Gli studiosi hanno scoperto che nelle vittime della pandemia si osservavano patologie assonali, perdite di assoni e microvasculopatie più gravi. Stando alle teorie degli autori, quindi, il danno ai nervi potrebbe costituire il motivo principale per cui le persone con Covid-19 possono sperimentare la perdita dell’olfatto. Questa ipotesi supporta l’idea elaborata in precedenza che le vittime della pandemia possano essere associate a una patologia microvascolare nel bulbo. 16 pazienti morti a causa di SARS-CoV-2, riportano gli scienziati, mostravano infatti un’infezione attiva al momento del decesso. Tre persone avevano perso l’olfatto, quattro avevano lamentato una capacità ridotta di percepire gli odori e due persone non erano in grado di sentire odori né sapori. Nel gruppo di controllo non sono stati evidenziati invece casi di anosmia o ageusia.
Sarà necessario proseguire gli studi per capire meglio i meccanismi alla base di questo sintomo
“I nostri risultati – osserva Ho – suggeriscono che l’infezione da SARS-CoV-2 dell’epitelio olfattivo porta a un’infiammazione che a sua volta danneggia i neuroni, riduce il numero di assoni disponibili per inviare segnali al cervello e provoca la disfunzione del bulbo olfattivo”. La disfunzione olfattiva, riportano gli scienziati, è stata segnalata da oltre il 50 per cento dei pazienti Covid-19, e sembra maggiormente frequente nelle manifestazioni lievi della malattia. La maggior parte delle persone recupera l’olfatto entro sei mesi dalla diagnosi, ma nel cinque per cento dei casi questo disturbo sembra molto più duraturo. I ricercatori hanno in programma di condurre uno studio di follow-up su persone decedute a causa delle diverse varianti di SARS-CoV-2, come Delta e Omicron, per valutare eventuali differenze nei danni agli assoni e nella disfunzione del bulbo. “Ci sono ancora molti interrogativi a cui è fondamentale trovare risposta – commenta Avindra Nath, direttore clinico del National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS), che non è stato coinvolto nel lavoro – ad esempio le motivazioni alla base della patologia vascolare e del danno assonale. Non sappiamo se questi fenomeni siano correlati tra loro o meno”.
LINK A STUDIO: https://jamanetwork.com/journals/jamaneurology/fullarticle/2790735