Dai muscoli del polpaccio si può determinare il rischio di Alzheimer

di Valentina Di Paola

La forza delle gambe potrebbe essere direttamente collegata con la salute del cervello, e potrebbe essere utilizzata come marcatore per valutare il rischio di sviluppare problemi neurodegenerativi come la malattia di Alzheimer. Questa bizzarra conclusione emerge da uno studio, pubblicato sul Journal of Alzheimer’s disease, condotto dagli scienziati dell’Università di Amsterdam, che hanno esaminato il rapporto tra malattia di Alzheimer e salute delle gambe. L’Alzheimer, spiegano gli esperti, è una forma di demenza che può svilupparsi per diverse ragioni, come l’età, la predisposizione genetica, l’etnia e la storia clinica. I soggetti con questa patologia mostrano difficoltà nel ricordare la memoria a breve e lungo termine o problemi nella comunicazione. Ad oggi, non esistono cure efficaci per le condizioni di declino cognitivo, come la demenza, ma l’individuazione tempestiva dei soggetti più a rischio potrebbe facilitare lo sviluppo di una terapia di trattamento adeguata per ritardare il più possibile la fase acuta della malattia. Il team, guidato da Emma Kleipool, ha scoperto che i cali di pressione prolungati che si verificano quando ci si alza improvvisamente in piedi potrebbero indicare una maggiore propensione a sviluppare disturbi neurodegenerativi.

La salute di gambe e cervello dipende dalla pressione arteriosa 

I ricercatori hanno dimostrato che esiste una relazione diretta tra la pressione sanguigna, la forza del polpaccio e la salute cerebrale. La pressione arteriosa sistolica (SBP), che indica il valore associato alla pressione esercitata sulla parete delle arterie in corrispondenza del battito cardiaco, viene considerata un possibile indicatore delle malattie cardiovascolari e tende ad aumentare con l’età a causa della rigidità delle arterie e dell’accumulo di placca sulle pareti dei casi. L’ipertensione costituisce una delle principali cause di condizioni gravi come ictus, infarto o disturbi del sistema cardiocircolatorio. Al contrario, continuano gli esperti, una pressione sanguigna troppo bassa può contribuire a una serie di problemi come vertigini, debolezza, intorpidimento o svenimento. Per spiegare la relazione tra la salute delle gambe e il rischio di demenza i ricercatori pongono l’accento sull’ipotensione ortostatica, definita come un calo della pressione sanguigna che si verifica dopo essersi alzati in piedi. Tale condizione, pur non avendo necessariamente delle cause sottostanti, può influenzare la funzione cognitiva. Nell’ambito dello studio, gli autori hanno esaminato i dati raccolti in una clinica di supporto alla cognizione, riguardanti 1.882 pazienti, affetti da demenza, lieve declino cognitivo e declino cognitivo soggettivo. Ai partecipanti è stata misurata la pressione sanguigna in posizione supina e in piedi. Gli scienziati hanno rilevato l’ipotensione ortostatica nel 19 per cento dei soggetti con declino cognitivo soggettivo, nel 28 per cento delle persone con declino cognitivo lieve e nel 41 per cento della coorte con demenza

Fare esercizio potrebbe ridurre il rischio di demenza 

Le vene dei polpacci, spiegano gli studiosi, vengono utilizzate come serbatoio per il sangue che non ha bisogno di circolare in un determinato momento. Quando il muscolo si contrae durante l’attività fisica, il sangue viene spinto verso il cuore e il cervello. Se tale meccanismo non si compie al massimo delle sue potenzialità, possono verificarsi coaguli di sangue, ictus e una serie di conseguenze negative per la salute, come ad esempio l’atrofia muscolare, o perdita di muscolo scheletrico. In questo senso, commentano gli autori, l’esercizio fisico, volto a ridurre il rischio di difficoltà muscolari e circolatorie, potrebbe contribuire a limitare anche la possibilità di problemi neurocognitivi. “I nostri risultati hanno importanti implicazioni clinicheconcludono gli scienziati – abbiamo scoperto che l’ipotensione ortostatica precoce può essere considerato un semplice calo della pressione sanguigna senza conseguenze, ma lo stesso disturbo prolungato o ritardato nel tempo potrebbe invece suggerire problemi neurodegenerativi. In questo caso potrebbe quindi essere necessario un test per valutare la salute cerebrale. Saranno necessari ulteriori approfondimenti per valutare se l’ipotensione ortostatica possa essere un indicatore di rischio per la demenza. Se studi futuri confermeranno le nostre ipotesi, potremmo sviluppare trattamenti mirati alla cura dell’ipotensione ortostatica come approccio per prevenire la demenza”. 

LINK A STUDIO: https://content.iospress.com/articles/journal-of-alzheimers-disease/jad190402 

https://mohre.it

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