Danni da social media: l’età fa la differenza

Gli effetti dannosi dei social media sono nuovamente sul banco degli imputati. C’erano finiti appena qualche mese fa quando una ricerca australiana, condotta dalla University of Technology di Sydney e pubblicata sul Journal of Global Information Management, ne aveva identificati quasi 50 di cui erano vittime soprattutto gli adolescenti che facevano overdose di scambi social. Quelli più frequenti: cadute nel rendimento scolastico, danni psicologici, problemi comportamentali, ansia legata a contenuti violenti o addirittura osceni, sino ad un potenziale confronto con il cyber bullismo che può trasformare il web in una vera e propria gogna mediatica. Ora, una recentissima ricerca dell’unità MRC Cognition and Brain Sciences dell’Università di Cambridge, ha identificato anche qual è l’età in cui il rischio di subire danni è più alto, scoprendo che il momento di maggior vulnerabilità alle eccessive navigazioni su Facebook, Twitter, Instagram ,Tik Tok & co non è identico nelle ragazze e nei ragazzi

17.400 giovani sotto la lente d’ingrandimento

Per indagare come un uso intenso di social media influenzi “la soddisfazione per la vita “, e quindi il benessere psichico  in tutte le sue sfaccettature, i ricercatori hanno monitorato 17.400 giovani ,dai 14 ai 21 anni , del Regno Unito. Risultato: l’età a maggior rischio per le teenagers è compresa tra gli 11 e i 13 anni , mentre per i ragazzi quella tra i 14 e i  15. Un ulteriore punto di fragilità si registra a 19 anni, in entrambi i sessi, ed è seguita immancabilmente da un aumento dell’ uso dei social media, quasi fosse una confort zone, dove rifugiarsi. Ma come mai queste differenze di genere? E soprattutto, come proteggere i nostri figli?  Ne abbiamo parlato con il dottor Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, ricercatore  del Dipartimento di Scienze Bio-Mediche dell’Università degli Studi di Milano, autore di “Vietato ai minori di 14 anni: Sai davvero quando dare lo smartphone a tuo figlio ?”, appena pubblicato da De Agostini. 

Perché nelle ragazze l’età critica è tra gli 11 e i 13 anni? 

Perché  questo è il momento della pubertà , una fase in cui le ragazze sperimentano una fisiologica preoccupazione per il loro corpo che sta cambiando. Complici i social, però, la vulnerabilità legata alla nuova immagine di se stesse che devono interiorizzare attraverso il naturale ma non facile processo di mentalizzazione corporea, viene letteralmente amplificata. E’ proprio sul web che postano i loro video e le loro foto , in attesa di un feedback positivo che dia loro quelle conferme che un tempo ricercavano soprattutto guardandosi allo specchio. E se i like non arrivano, o non sono quelli sperati, ecco farsi strada interrogativi sul cosa cambiare di se stesse per poter piacere a tutti. Questo genera ansia perché in questa fase il corpo assume maggiori significati (estetici, sessuali , seduttivi )che trovano la mente di una preadolescente “ancora maldestra”, ma che vengono fortemente messi in gioco nei social.  

Perché i danni nei maschi si registrano più tardi ?

Perché il loro utilizzo delle tecnologie in preadolescenza è soprattutto associato ai videogiochi. L’interesse per i processi di socializzazione e di inclusione nel gruppo attraverso video e foto dei social, e i danni che ne possono derivare, nei maschi scattano invece più tardi: appunto all’inizio della scuola superiore. 

Perché una nuova punta di effetti dannosi, per entrambi i sessi,  intorno ai 19  anni?

Perché è il momento in cui maschi e femmine “diventano adulti “: entrano nel mondo del lavoro, o iniziano l’università, e passano da uno spazio più protetto, che è quello della loro famiglia e della loro casa, ad uno spazio meno accudente che è quello del mondo dei “grandi” che li mette davanti a più responsabilità e a maggiori competenze. La dimensione virtuale non li ha però preparati a dovere e quindi pagano lo scotto di uno scontro con una realtà che non ha le stesse tinte rosee della vita raccontata sul web. Tristezza, delusione e insoddisfazione ne sono le conseguenze a cui questi giovani tentano spesso di far fronte rifugiandosi nuovamente nel mondo dei social, meno impegnativo.

C’è un antidoto per proteggere i nostri figli da questi effetti ?

Si, preparali alla vita reale, sfruttando le relazioni con i gruppi dei pari, il più grande fattore di protezione sia per i maschi che per le femmine. Per questo , sin dalle scuole elementari , ok a tutte le attività con i coetanei come partecipare a gruppi scout, a sport o attività fisica di gruppo, alla vita della parrocchia, a laboratori di espressività teatrale o ad un coro. Questo non significa riempire il loro tempo , ma immergerli  in una serie di esperienze che diventano un vero e proprio allenamento alla vita , cosa che non succede se stanno incollati , in solitudine, al pc , al tablet o allo smartphone. 

Come regolarsi invece nei confronti dei digital devices ?

Come dico anche nel mio libro, proibirli sino ai 14  anni, e metterli in mano ai nostri figli alla fine della scuola media. Così si dà tempo alla loro muscolatura sociale e alle loro competenze relazionali di svilupparsi e di  crescere, senza “interferenze”. Questo non significa però che gli under 14 non debbano avere accesso alle tecnologie: basta avere un pc connesso in un luogo centrale della casa a disposizione di tutti i componenti della famiglia, o uno smartphone famigliare a cui hanno accesso anche i genitori e in cui i ragazzi possono avere i loro gruppi whatsApp. Importante, invece, che il cellulare non sia un oggetto personale: averlo in tasca diventa un elemento che induce ad usarlo sempre di più, l’avventurarsi nei territori dei social una naturale conseguenza e la vita rischia di essere solo quella on line.      

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