
Depressione post partum: più nero soprattutto al mattino
Ida Macchi
Un tunnel nero di cui non si intravede nessuna via d’uscita, un profondo e vorticoso mal di vivere che toglie ogni energia e ogni voglia di fare. Un senso di solitudine e di impotenza che abbatte e paralizza l’umore in una morsa che non allenta la presa. E’ la situazione che vivono, soprattutto al mattino, le donne che soffrono di depressione post partum, malattia probabilmente all’origine della tragedia che ha recentemente spinto una donna di Voghera a strangolare il proprio figlio di un anno. L’aveva voluto, desiderato, ma dopo la sua nascita, era caduta in uno stato di totale malessere psichico che ha fatto da detonatore al suo gesto.
In aumento
La depressione post partum è più frequente di quanto non si immagini: interessa circa il 10-15% delle neo mamme, ma durante la pandemia il rischio di soffrirne è addirittura aumentato. Lo sostiene un’ indagine del Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale (Scic) dell’Istituto Superiore di Sanità , secondo il quale il rischio di depressione coniugato al femminile dal 2019 all’aprile 2022 è addirittura triplicato. Non solo: la ricerca ha confermato che il periodo successivo alla nascita di un figlio può mettere a rischio la salute mentale delle neo mamme più fragili, soprattutto se durante la gravidanza o all’arrivo del bebè si combinano ulteriori fattori che peggiorano il loro stato di benessere psichico come problemi economici, mancanza di sostegno da parte del partner e/o di parenti e amici, mancata partecipazione ai corsi di preparazione al parto.
“Ciò che si sta osservando, in Italia ma anche a livello più globale, è l’assenza di percorsi di sostegno alla salute fisica e mentale materna, a partire dalle primissime fasi della gravidanza, sottovalutando spesso anche il vissuto personale della donna prima che della madre.” Spiega la dottoressa Barbara Hugonin pediatra, neonatologia e membro del board scientifico di MOHRE. “I reparti, gli ambulatori, le strutture del territorio dovrebbero rappresentare un punto di riferimento per una neo mamma, spesso sola o spaventata da quei segnali di malessere, complicati da spiegare ma in grado di travolgere non solo le più fragili.”
Nulla a che vedere con il baby blues
“Questo tipo di depressione, però, non ha nulla a che fare con il baby blues, una condizione più lieve e sfumata di irritabilità ed instabilità emotiva che colpisce il 70-80 % delle donne nei giorni successivi al parto” sottolinea il dottor Enrico Zanalda, presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense. ”Sembra strano che un momento di felicità per l’arrivo di un bebè possa coniugarsi con questa strana melanconia, ma fortunatamente il baby blues è una situazione fisiologica legata ai rapidi processi di adattamento ormonale e psichico che la neo mamma sperimenta dopo il lieto evento. In genere dura una o due settimane e si risolve spontaneamente. Insomma, nulla di patologico. La vera depressione invece non molla la presa: insorge entro 3 mesi dopo il parto e, se non riconosciuta e trattata, nel 50% dei casi può essere ancora presente sei mesi dopo il lieto evento e nel 20/25% a distanza di un anno”. Ma perché riesce ad instaurarsi questo importante calo dell’umore? “Come tutti i grandi cambiamenti, la nascita di un figlio, soprattutto il primo, è un momento di grande transizione e di sfida per la donna”, sottolinea il dottor Zanalda. “Anche la grande gioia può tradursi in un notevole stress e se la neomamma è una persona fragile dal punto di vista emotivo, non sempre riesce a gestirlo. La maternità comporta notevoli cambiamenti fisici, psichici e di ruolo, e può mettere a dura prova la resilienza della donna. Oltre ai cambiamenti fisici e biologici, tra cui le fluttuazioni ormonali (aumento della prolattina, riduzione degli estro progestinici, lo stress associato alla maternità è determinato dalla sfida nell’adattarsi ad un nuovo ruolo, comprese le difficoltà determinate dalla responsabilità della cura del neonato”.
Momento peggiore della giornata: il mattino
Importante, perciò, che chi sta vicino alla neomamma, sappia riconoscere precocemente i segnali di questo profondo malessere: “mancanza di progettazione nel futuro, incapacità di chiedere aiuto, sensi di colpa, depressione del tono dell’umore con i caratteristici sintomi di mancanza di energie e di provare piacere, crisi di pianto, sentimenti di disperazione, ansia e insonnia”, spiega il dottor Zanalda. “Spesso anche il rapporto con il bebè funziona da segnale, perché caratterizzato da un’eccessiva ossessività nella cura del neonato, o più spesso, da un distacco o un disinteresse nei suoi confronti. Insomma, una sorta di rifiuto. Ma soprattutto in caso di depressione tutti i sintomi sono più acuti la mattina, al risveglio: in questo momento della giornata c’è una maggior produzione di cortisolo, l’ormone dello stress che agisce da cofattore perché non gioca a favore del buon umore e può innescare uno stato d’ansia. Ma soprattutto, l’inizio della giornata è sinonimo di sapersi mettere in gioco, di affrontare il quotidiano anche con le energie necessarie. Chi è depresso però non riesce a trovare in sé stesso questa carica perché è convinto nel profondo di essere incapace di vivere una nuova giornata. Il pensiero di non essere in grado di gestire le proprie responsabilità aumenta i sensi di colpa e la convinzione di aver perso il controllo sulla propria vita”. Eppure la via d’uscita c’è: “in questi casi è necessario l’intervento di uno specialista psichiatra che metta a punto una terapia adeguata. Fondamentale anche una presenza affettiva rassicurante (il partner, la madre della neomamma, per esempio) perché aiuta a vincere il senso di inadeguatezza e amplifica i benefici dei farmaci”, conclude il dottor Zanalda.