Due is meglio che one, almeno nella depressione maggiore

Redazione

 

AbbVie ha ottenuto la nuova approvazione da parte dell’FDA Statunitense per la cariprazina (con il nome commerciale di Vraylar), già approvata per la schizofrenia e gli episodi maniacali e depressivi nel disturbo bipolare. Ora potrà essere usata anche per il trattamento della depressione maggiore.

Si tratta di una molecola agonista parziale della dopamina e della serotonina indicato come terapia aggiuntiva per la depressione, che risponde ai bisogni dei pazienti che non rispondono alle terapie di prima linea. Per alcuni decenni la terapia disponibile si basava sugli SSRi’s e sui triciclici, attuali ed efficaci per molti, ma non per tutti.

Le nuove molecole hanno come target altri neurotrasmettitori e presentano il vantaggio di una  più rapida velocità di azione rispetto alle due, tre settimane necessarie per avere i primi effetti delle molecole più agèè. Il che pone alcuni pazienti a rischio che in attesa dei miglioramenti possano farsi del male. Aggiungere cariprazina alle molecole più ‘lente’ proteggerebbe in maniera efficace alcuni gruppi di pazienti. 

L’approvazione dell’ente regolatorio si basa su studi (RGH-MD-75 e 3111-301-001) che hanno mostrato un cambiamento clinicamente e statisticamente significativo rispetto al basale sui punteggi della Montgomery-Åsberg Depression Rating Scale (MADRS) rispetto al placebo – entro poche settimane – quando una dose una volta al giorno di Vraylar è stata aggiunta alla terapia di base.

Ma non è stato in grado di migliorare i sintomi depressivi dal basale alla sesta settimana nel punteggio totale del test MADRS rispetto al placebo in un altro studio in fase avanzata (3111-302-001). Nel frattempo, nello studio 3111-301-001, Vraylar ha esercitato il suo beneficio a una dose più bassa (1,5 mg/die) ma non a una dose più alta (3,0 mg/kg).

La decisione della FDA, quindi, arriva nonostante i risultati contrastanti negli studi clinici del farmaco come trattamento aggiuntivo per la depressione anche a seguito di un report che ne ha rilevato un diffuso uso ‘off label’. 

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