
EDIT-B: un nuovo test per distinguere depressione maggiore e disturbo bipolare
Ida Macchi
Distinguere tra depressione maggiore e disturbo bipolare, in cui le fasi down dell’umore si alternano a fasi maniacali: possibile, grazie ad un nuovo test per la diagnosi differenziale, da poco disponibile in Italia. Si chiama EDIT- B ed è un semplice esame del sangue e vanta il marchio CE -IVD , ovvero quello di dispositivo medico-diagnostico in vitro che, stando a quanto dichiarato dal produttore, rispetta i requisiti dell’Unione Europea in materia di sicurezza. L’esame è stato valutato attraverso due test clinici, dimostrando di essere altamente attendibile. Il primo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Translation Psychiatry, è stato condotto presso il dipartimento di psichiatria dell’ospedale universitario di Montpellier: ha incluso 245 pazienti e ha mostrato una sensibilità del 91,2% e una specificità dell’84,6%. Il secondo studio clinico, i cui risultati sono attualmente in corso di pubblicazione, è stato condotto in collaborazione con le cliniche psichiatriche Les Toises in Svizzera e ha incluso 143 pazienti, mostrando una sensibilità e una specificità superiori all’80%. Un risultato non da poco, visto che, soprattutto per il disturbo bipolare, i tempi necessari per una diagnosi, e quindi per un trattamento su misura, sono spesso di anni. Con tutte le sofferenze che ne conseguono.
Biomarcatori
“Il nuovo test, la cui efficacia dovrà essere confermata via via dalla pratica clinica, è un ulteriore passo verso una psichiatria di precisione ed è in linea con la ricerca in atto da anni di strumenti diagnostici sempre più raffinati, ovvero in grado di identificare biomarcatori fortemente legati ai diversi disturbi dell’umore”, commenta il professor Claudio Mencacci, psichiatra e copresidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia. EDIT- B, infatti, misura nel sangue l’editing dell’RNA di specifici markers legati alle attività cerebrali, identificando se ha subito modificazioni o errori di trascrizione che aprono la strada all’uno o l’altro disturbo dell’umore. Il tutto utilizzando una tecnologia di sequenziamento di nuova generazione (NGS), abbinata ad algoritmi sviluppati attraverso l’intelligenza artificiale. “La ricerca di biomarcatori specifici, per altro, è tra le nuove frontiere della diagnostica in psichiatria e, per quanto riguarda la depressione, ne sono stati già identificati 12”, spiega il professor Mencacci. “Quelli legati alla neuroinfiammazione, per esempio: si tratta di fattori come le interleuchine 1 e 6, il TNF alfa e la proteina C reattiva, (misurabile nel sangue) che, se alti, indicano alterazioni e cambiamenti di alcune connessioni tra le sinapsi e un calo della crescita dei neuroni che facilita la strada ai cali dell’umore. Identici aumenti di questi biomarkers in agguato, anche tra chi soffre di malattie autoimmuni: possono alterare la microglia, la barriera del nostro sistema di difesa che protegge il cervello, permettendo alle interleuchine di interagire direttamente con i recettori sui neuroni e altri tipi di cellule cerebrali, alterando così la trasmissione neurale e quindi l’umore. Attualmente è inoltre allo studio se un aumento di una proteina che lega la vitamina D possa essere un marker del disturbo bipolare”.
Ulteriori dati
Insomma la ricerca avanza, e non solo sul fronte dei biomarcatori, perché negli ultimi anni numerosi studi hanno fornito ulteriori dati che possono orientare la diagnosi differenziale. “L’andamento dei ritmi circadiani e i disturbi del ritmo sonno veglia di un paziente, per esempio: il depresso ha un risveglio lento e difficile mentre di sera il suo umore ha un lieve innalzamento; chi soffre di disturbo bipolare, invece, con l’arrivo del buio si sente un leone”, sottolinea il professor Mencacci. “Anche le reazioni all’alternarsi delle stagioni sono indicativi: con l’arrivo della brutta stagione, chi è depresso, ma ancor più chi soffre di disturbo bipolare, ha una vera e propria debacle perché rimane in preda ad ansia, stanchezza, umore nero e mancanza di energia. D’estate, invece, soprattutto nei depressi,l’ umore torna al top. Analoghi rischi in agguato anche con i cambiamenti climatici, soprattutto quelli legati alle variazioni della temperatura che stanno caratterizzando gli ultimi anni: influiscono sui ritmi sonno e veglia e facilitano i disturbi dell’umore. Per migliorare la diagnosi, la ricerca si sta muovendo anche sul fronte della medicina di genere: le donne sono 2-3 volte più esposte degli uomini alla depressione e alcuni studi stanno cercando di identificare markers specifici coniugati al femminile che permettano una diagnosi sempre più precoce e precisa”.