Emicrania: nuove frontiere di cura

Ida Macchi 

Il 16 novembre scorso, l’emicrania è stata al centro di un tavolo organizzato da Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) a cui hanno partecipato istituzioni, comunità scientifica e associazioni di pazienti. Obiettivo: mettere a punto proposte per una miglior presa in carico di chi ne soffre e far sì che l’emicrania sia di fatto considerata come malattia sociale invalidante, concretizzando così il decreto legge approvato nel luglio 2020 che la riconosce come tale. Infatti, ancor oggi è una patologia “invisibile”, anche se è la terza più frequente e la seconda più disabilitante al mondo. Fortunatamente sono però appena arrivati sul mercato nuovi farmaci che promettono di farle terra bruciata. 

UNA MENINGITE ELETTRICA

“Ed è una grossa rivoluzione, perché l’emicrania è sicuramente una delle cefalee peggiori da sperimentare”, conferma Piero Barbanti, professore di neurologia all’ IRCCS- Università San Raffaele Roma e presidente dell’Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee. Attanaglia le sue vittime, anche per 72 ore di fila, in un doloroso “copione”: metà o tutta la testa (soprattutto le tempie e la fronte) che batte e pulsa, una tensione che si irradia al collo e che può far erroneamente pensare ad una cefalea tensiva, insofferenza nei confronti della luce e dei rumori, un dolore che spesso aumenta se solo si tenta di muoversi o di passarsi le mani tra i capelli o sul viso, e magari anche senso di nausea, o crisi di vomito. “L’attacco è causato da una maggior ipereccitabilità dei neuroni e da un’insufficiente capacità da parte dei mitocondri (i piccoli organi che dovrebbero dar loro energia) di assicurar “la benzina” di cui hanno bisogno per funzionare bene”, spiega il professor Barbanti. “Il tutto innesca una meningite elettrica, ovvero un’accensione innaturale del meccanismo di difesa che protegge il cervello, ovvero delle terminazioni meningee: vanno “in fiamme” anche se non c’è alcun nemico (virus o batteri per esempio) da affrontare e distruggere. Insomma, uno stato infiammatorio che si ritorce contro il benessere cerebrale e che come tale giustifica la violenza del dolore”. 

DONNE NEL MIRINO

Vittime dell’emicrania sono soprattutto le donne (in età fertile il rapporto con i maschi è di 3-4 a 1), anche perché questo tipo di mal di testa spesso ha uno stretto rapporto con il calo degli estrogeni che si registra alla vigilia della mestruazione. “ Il loro crollo altera l’equilibrio di alcuni neurotrasmettitori (adrenalina, glutammato e serotonina) che controllano la corretta regolazione dei vasi sanguigni del cervello e la trasmissione del dolore, mandandoli in tilt”, spiega il nostro esperto. Nonostante la sua diffusione nel gentil sesso, però, spesso passano parecchi anni dal primo attacco prima di arrivare ad una diagnosi corretta. Infatti, l’IRRCS San Raffaele ha istituito un Registro Italiano dell’emicrania, un big data che ha permesso  di scoprire l’identikit del candidato tipico di questo tipo i mal di testa: “è donna, ha 45 anni, ha frequentato almeno una scuola superiore, è sposata, lavora ed ha almeno un figlio, non pratica sport e ha disturbi del sonno”, sottolinea il professor Barbanti. “Presenta in media 9,6 giorni al mese di emicrania disabilitante, ha avuto il primo esordio emicranico a 17 anni e ha consultato per la prima volta un Centro Cefalee a 37.  Non solo: oltre il 40 % dei quasi 800 pazienti sin ora registrati sul big data del San Raffaele ha effettuato almeno 4 visite specialistiche, ma nel 60% dei casi inappropriate, con relativi costi “a vuoto” per il Servizio Sanitario Nazionale. Effettuati a vuoto, nella quasi totalità dei casi, anche alcuni esami diagnostici, come per esempio una risonanza magnetica cervicale, perché inutili per identificare l’emicrania. Il paziente tipo non trae inoltre benefici dalle cure tradizionali, efficaci invece nel 40% dei casi”.

ULTIME FRONTIERE  

Nonostante ciò, per le emicranie indebellabili ci sono grandi novità. “Sono legate alla scoperta del ruolo di una proteina (la CGRP) nello scatenare l’attacco e alla messa a punto di anticorpi monoclonali specifici che la bloccano, evitando così sia l’infiammazione che la trasmissione del dolore”, sottolinea il professor Barbanti. “Queste molecole sono straordinarie nel prevenire anche le emicranie più resistenti e sono indicate per quei pazienti che hanno almeno 8 attacchi al mese e che in passato hanno fallito oltre 3 trattamenti preventivi standard, ovvero con betabloccanti, antidepressivi e antiepilettici. Somministrate per via sottocutanea una volta al mese per 12 mesi, sono efficaci  anche in presenza di precedenti abusi di analgesici, o in chi soffre di ansia o di depressione. I trials effettuati in Italia e nel mondo dimostrano che funzionano in almeno l’80% dei casi, il più delle volte già dalla prima somministrazione, e che non hanno effetti collaterali”. C’è però un ulteriore novità per gli emicranici. E’ la recentissima messa in commercio in Italia del primo farmaco per l’ attacco d’emicrania occasionale (Rimegepant): “si tratta di una compressa da sciogliere in bocca alle prime avvisaglie di dolore che, bloccando il recettore del CGRP, stronca la crisi sul nascere. Il tutto senza indurre effetti di vasocostrizione come succede con i triptani, sino ad oggi leader per la cura degli attacchi episodici di emicrania, tanto da poter essere utilizzata anche dagli over 65. Non solo: oltre a bloccare l’attacco al suo esordio, se usato a giorni alterni, indipendentemente dagli attacchi, il nuovo farmaco si trasforma in uno strumento preventivo, capace di evitare nuove crisi”.     

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