Epatite Delta: un’insidia per il fegato

Ida Macchi

Meno nota della A ,B e C, l’epatite D (Delta o HDV) è la forma  più grave di epatite virale, curiosamente  causata da un virus ‘imperfetto’ o forse solo molto scaltro, che si appoggia al  virus dell’epatite B (HBV) per infettare il fegato umano  ed ammalarlo, spesso  in modo irreversibile. “Nelle infezioni acute, l’epatite D segue il destino dell’epatite B: tende a cronicizzare soprattutto nei bambini, meno nell’adulto sano”, spiega il professor Massimo Colombo, direttore del Liver Center dell’Ospedale San Raffaele di Milano.” Quando invece colpisce un portatore cronico di epatite B – 250 milioni nel mondo, 300mila in Italia – il virus D  causa un rapido peggioramento della malattia epatica ed accelera la evoluzione verso la cirrosi. Globalmente, il 10-20% di tutti i portatori di epatite B sono sovra infettati da Delta. Fondamentale, perciò proteggersi. “Il maggior serbatoio di infezione è in Estremo Oriente e in Africa. Nelle nostre aree geografiche , la maggior circolazione di epatite D  è nell’Europa Orientale”, aggiunge ancora il nostro esperto. ”In Italia, fortunatamente, il tasso di infezione cronica con epatite B è invece sceso allo 0,6% e il segreto di questa contenuta incidenza è nel successo della campagna di vaccinazione obbligatoria  anti-epatite B di tutti i nuovi nati iniziata nel 1991. Poiché la campagna vaccinale  è stata erogata per 12 anni anche agli adolescenti di dodici anni, oggi gli italiani d’età compresa tra 1 e 40 anni sono  al riparo sia dall’epatite B che dalla famigerata D”

 Collaborazione in tilt

“Il vaccino, infatti, annulla la complicità tra il virus dell’epatite B (HBV) e il D (HDV), impedendo a quest’ultimo di sfruttare il rivestimento della B per poter infettare le cellule epatiche e danneggiare il fegato, e poi teoricamente infettare persone suscettibili”, spiega il professor Colombo. “Il virus D, infatti, non è dotato di enzimi di replicazione propri (polimerasi), ma una volta penetrato nelle cellule del fegato grazie al suo alleato, sfrutta l’apparato enzimatico della cellula epatica per replicarsi e questo spiega l’inefficacia anti HDV dei farmaci dotati di attività antivirale diretta. Il virus D si associa sempre ad una malattia significativa del fegato, ma le malattie epatiche  più gravi sono  quelle  causate dalla sovra infezione D dei  pazienti con epatite B, situazione che era frequente in Italia nell’era pre-vaccinale , complice l’uso di droga e quindi di aghi contaminati con sangue infetto e sesso non protetto. La sovra infezione Delta in passato ha determinato numerosi decessi per scompenso cirrotico, tumore del fegato ed epatite fulminante, con il trapianto di fegato come unico ed estremo rimedio salvavita”.

Per il malato di epatite cronica Delta, un tempo non curabile, oggi si sono però aperte nuove speranze. “Sono affidate ad un recente farmaco, la bulivertide, costituito da frammenti di proteine analoghe a quelle del rivestimento del virus dell’epatite B, costruite in laboratorio con tecniche di  ricombinazione genetica”, spiega il nostro esperto. “La loro azione terapeutica è di competere con l’epatite D nel processo di infezione della  cellula epatica, ingolfando il  recettore cellulare per il virus dell’epatite B. Insomma, pur non annientando Delta, giorno dopo giorno, il nuovo farmaco promette di rallentare il processo di infezione cronica. Al momento, però, l’effetto di questo farmaco sull’evoluzione della malattia è ancora tutto da scoprire”.

Prevenzione prima di tutto

Fortunatamente, la popolazione italiana compresa tra 1 e 40 anni , grazie alla pregressa vaccinazione anti epatite B, è assolutamente protetta: “Nel nostro territorio tuttavia ci sono ancora numerose persone suscettibili ad entrambe le infezioni   e numerose persone che veicolano epatite B ed epatite delta, soprattutto provenienti da aree geografiche a minor sviluppo economico, dove le epatiti B e D sono endemiche e la vaccinazione anti epatite B dei neonati è iniziata da pochi anni”, sottolinea il professor Colombo. “Anche in questo caso, proteggersi non è difficile: no all’uso promiscuo di forbicine e aghi che possono essere venuti a contatto con sangue infetto, evitare tatuaggi e piercing, si al profilattico se si hanno rapporti sessuali occasionali o con più partner e, soprattutto, vaccinarsi contro l’epatite B. Quest’ultima scelta è fondamentale per tutelarsi nei viaggi verso aree endemiche per epatite: il vaccino antiepatite B può essere effettuato tranquillamente da adulti con tre somministrazioni subito, dopo 1 e dopo 6 mesi”.

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