Esposizione a inquinamento atmosferico provoca rischio maggiore di autolesionismo

I bambini maggiormente esposti al particolato atmosferico e in generale alle sostanze inquinanti potrebbero avere fino al 48 per cento di probabilità in più di soffrire di autolesionismo rispetto ai bimbi che vivono in zone meno inquinate. Questa allarmante ipotesi è il risultato di uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Preventive Medicine 1 e condotto dagli scienziati dell’Università di Manchester in Inghilterra e dell’Università di Aarhus. I risultati si vanno ad aggiungere a quelli di precedenti ricerche secondo i quali c’è un legame tra l’inquinamento atmosferico e la comparsa di problemi di salute mentale. In particolare, secondo i ricercatori, l’esposizione giornaliera a una media di 19 microgrammi di particolato per metro cubo (μg/m3) è associata a una probabilità quasi doppia di sperimentare futuri episodi di autolesionismo rispetto a situazioni caratterizzate da una concentrazione media di 13 microgrammi per metro cubo. Per ogni incremento di 5 μg/m3, oltre la soglia dei 19 μg/m3, secondo le stime del lavoro, il rischio di autolesionismo risultava aumentato del 42 per cento. 

Il ruolo del biossido di azoto e di PM2,5

I ricercatori hanno valutato i dati di 1,4 milioni di bambini di età inferiore ai 10 anni e hanno preso in considerazione i livelli di esposizione al biossido di azoto e al particolato atmosferico PM2,5. Gli studiosi hanno poi raccolto le informazioni relative alle tendenze di autolesionismo nella coorte di studio. Dalle indagini del gruppo di ricerca emerge che i bambini maggiormente esposti alle sostanze inquinanti hanno più probabilità di essere protagonisti di episodi di autolesionismo. Il biossido di azoto, spiegano i ricercatori, deriva principalmente dalle automobili, mentre il PM2,5, emesso dalla combustione di diesel e benzina, risulta più frequentemente associato alla navigazione e al riscaldamento. Questi due composti rappresentano i più comuni nella categorizzazione delle sostanze in grado di provocare danni alla salute fisica, e sono stati legati a problemi cardiaci e polmonari, a disturbi relativi al flusso sanguigno e a diversi tipi di infiammazione. “I nostri risultati – sostiene Pearl Mok, ricercatore presso l’Università di Manchester – si aggiungono al crescente volume di evidenze che testimoniano l’impatto negativo dell’esposizione all’inquinamento sulla salute mentale”. Durante il periodo di studio, riportano gli scienziati, 32.984 persone, pari al 2,3 per cento del campione, hanno riportato episodi di autolesionismo. La maggior parte di questi casi riguardava pazienti di genere femminile, soggetti i cui genitori avevano manifestato malattie mentali o individui provenienti da famiglie a basso reddito.

Un fattore di rischio modificabile

L’inquinamento atmosferico rappresenta una problematica molto diffusa – osserva l’autore dello studio – ma allo stesso tempo costituisce un fattore di rischio relativamente modificabile. Speriamo che il nostro lavoro contribuisca a informare e sensibilizzare i responsabili politici e i decisori sull’importanza di agire per limitare questo problema”. Gli scienziati non sono stati in grado di spiegare il meccanismo alla base del legame tra autolesionismo ed esposizione all’inquinamento, ma ipotizzano che le sostanze dannose potrebbero causare infiammazioni nel cervello. “L’infanzia è un momento particolarmente sensibile per lo sviluppo dell’organo cerebrale e delle funzioni mentali – sottolineano gli autori – per cui i giovani potrebbero essere più suscettibili agli effetti negativi delle particelle tossiche nell’aria”. 

 

LINK ALLO STUDIO: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0091743521000864?dgcid=coauthor

https://mohre.it

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