Fatigue: un aiuto dall’agopuntura

Ida Macchi

Agopuntura in prima linea per aiutare a ridurre la fatigue da cancro: l’antica medicina cinese è stata appena inserita nelle Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità come trattamento non farmacologico per quello che è uno dei sintomi più debilitanti legati alla malattia oncologica e alle cure usate per combatterla. Il riconoscimento dei suoi effetti è di tutto rispetto, perché è frutto del lavoro di ricerca di importanti società scientifiche italiane: l’Associazione infermieri di Area Oncologica, l’Associazione di Oncologia Medica, la Società di Psico-Oncologia e la Società di Medicina Generale e delle cure primarie. Forte di questa legittimazione, viene perciò ad aumentare a pieno diritto il ventaglio di interventi non farmacologici che, stando alle indicazioni del National Comprehensive Cancer Network  e quelle dell’European Society for Medical Oncology,  dovrebbero essere la prima opzione  per controllare la fatigue.

Stanchezza a 360°

“Questo sintomo colpisce circa il 65% dei pazienti, diventando più intenso durate i trattamenti con i chemioterapici o con la radioterapia”, spiega il dottor Roberto GattoPresidente della Società Italiana di Agopuntura e del Centro Studi So Wen. “Purtroppo è in agguato anche per il 12-37% dei pazienti che si sottopongono a terapie ormonali, immunoterapie e terapia biologica o a bersaglio molecolare. Nel 25-30% dei casi persiste fino a cinque anni dal trattamento e in alcuni casi anche per periodi più lunghi. Soprattutto, è altamente debilitante: svolgere qualsiasi attività diventa un’impresa, ci si sente completamente a terra, privi di forze, con la testa svuotata, incapaci di prendere decisioni e abbattuti anche sul fronte dell’umore. Difficile dormire perché spesso l’insonnia la fa da padrona. Una vera e propria sofferenza fisica e psichica e un malessere a 360° che non c’è farmaco che riesca a far sfumare”.

Reazioni benefiche  

L’agopuntura riesce però ad attenuarla, agendo su più fronti. “Secondo l’antica medicina cinese, il segreto dei suoi effetti è legato alla sua capacità di far circolare nuovamente l’energia lungo i meridiani, sul cui percorso sono proprio distribuiti i punti su cui vengono infissi gli aghi, rimuovendo quei blocchi che sono all’origine delle malattie”, spiega il dottor Roberto Gatto. “Dopo la sua diffusione nei paesi occidentali, la ricerca ha però identificato che la stimolazione dei punti chiave innesca precise reazioni nell’organismo: aumenta la sintesi di ATP, il principale trasportatore di energia chimica delle cellule, ha un’azione antinfiammatoria e antidolorifica e rilassa la muscolatura”, sottolinea il dottor Gatto. “Induce anche la liberazione di numerosi mediatori chimici: endorfine che riducono lo stress egenerano una sensazione di benessere, ormone della crescita, ACTH e cortisolo che permettono di reagire alla fatica. La stimolazione degli aghi fa liberare anche serotonina, neurotrasmettitore del buonumore, e melatonina, l’ormone che favorisce un sonno ristoratore. Stimola inoltre la plasticità neuronale, equilibra il sistema nervoso autonomo che controlla le funzioni degli organi interni  e sostiene la connettività cerebrale, favorendo lo scambio di informazioni tra diverse aree della nostra materia grigia. Soprattutto, interviene sul sistema limbico, regolatore della vita psicoaffettiva e delle manifestazioni di ansia, rabbia e paura che, quando prendono il sopravvento, si traducono in “fatica di vivere”. Il tutto senza indurre squilibri, ma garantendo un mix che sostiene le capacità  fisiologiche dell’organismo, dando modo al malato oncologico di affrontare la vita con rinnovate energie”.

In punta d’ago e non solo

Oltre all’agopuntura, la medicina tradizionale cinese utilizza da tempo ulteriori rimedi che possono concorrere a ridurre la fatigue : il panax quinquefolius, o ginseng americano, il Qi Gong e il Tai Chi. “La prima è una pianta a cui sono attribuite proprietà adattogene, ovvero in grado  di indurre una risposta biologica che rende più resistenti agli sforzi e alla fatica, anche mentale. Nello stesso tempo contrasta ansia e stress, conciliando, a differenza del ginseng cinese, il sonno”, spiega il dottor Gatto. Lo dimostra anche uno studio multicentrico pilota, effettuato da alcunicancer center statunitensi tra cui la Mayo Clinic di Rochester (in Minnesota): i ricercatori hanno valutato la riduzione della fatigue indotta dalla pianta in 290 pazienti oncologici, utilizzando una scala chiamata Multidimensional Fatigue Symptom Inventory–Short Form. Nello stesso tempo, lo studio ha testato anche eventuali eventi avversi legati all’uso della pianta. Risultato: 1000-2000 mg della radice polverizzata al giorno, hanno dimostrato di migliorare l’abilità di resistenza del corpo. Tali dosaggi vengono ridotti con l’impiego di estratti secchi titolati. In tutta sicurezza e senza effetti collaterali indesiderati. “Qi Gong e Tai Chi, invece, sono discipline terapeutiche che, attraverso una serie di movimenti fisici, esercizi di respirazione e concentrazione mentale, restituiscono uno stato di equilibrio che aumenta l’energia vitale, rafforza il corpo, calma la mente e filtra le emozioni”, sottolinea il dottor Gatto. Anche queste discipline, infatti, sono state inserite nelle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità come trattamenti non farmacologici della fatigue: sia quella che si manifesta durante le cure che quella che permane nel tempo.

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