
Fertilità: per garantirla basta congelare gli ovociti
di Ida Macchi
Una relazione amorosa “tossica” con un partner che, per quasi tre anni, l’ha incatenata in un rapporto fatto di vessazioni , ricatti, accuse, ma che soprattutto le ha negato la realizzazione del sogno di avere un figlio, facendola sentire inadeguata, sbagliata, se non addirittura malata: è la storia di dolore di Bianca Balti , da cui la 38 enne top model si è affrancata decidendo, l’anno scorso, di ricorrere al social freezing e quindi al criocongelamento dei propri ovociti in modo da poter diventare nuovamente mamma ( ha già due bambine), in futuro. “L’indipendenza di cui avevo bisogno era quella riproduttiva”, spiega nella sua rubrica social “A letto con Bianca” , ma raggiungerla “è stato un percorso duro, e non solo fisicamente. Benché fosse la prima cosa che facessi per me stessa da molto tempo, era duro non poterla condividere con un compagno”, aggiunge con una punta di amarezza. Il social freezing le ha però permesso di raggiungere un obiettivo: svincolare il suo sogno di maternità da un uomo, dall’età e da una relazione. Ma quella di Bianca è una scelta isolata, o è condivisa da altre donne? Quale il percorso per realizzarla?
Ne abbiamo parlato con il dottor Andrea Borini, past president e attualmente segretario della Società Italiana di fertilità e sterilità e Medicina della riproduzione (Sifes-Mr)
Quante sono le donne italiane che, come Bianca, sin ad oggi sono ricorse al social freezing?
Poche migliaia e, come Bianca, sono soprattutto donne over 36 , magari reduci come lei da un fallimento sentimentale, ma ancora desiderose di trovare l’uomo giusto con cui coronare il sogno di un figlio. Infatti, sono consce che, dopo i 35 anni, l’orologio della fertilità comincia a perdere i colpi per poi imboccare una curva in rapida discesa che rende gradualmente sempre più difficile la possibilità di rimanere incinta. E allora, decidono di conservare i propri ovociti: per momenti “migliori” sul fronte relazionale.
E’ una scelta condivisa anche da donne più giovani?
Sono poche le under 30 che fanno la stessa scelta, anche se magari ci pensano o lo desiderano. A bloccarle c’è soprattutto lo stigma sociale che pesa ancor oggi su quelle che vogliono procrastinare la maternità, magari perché sono nel pieno della carriera, non hanno una relazione stabile, o non si sentono ancora pronte ad esser madri , ma che nello stesso non vogliono correre rischi: scoprire, magari a 37 anni, che la loro riserva ovarica è ormai ridotta al lumicino e che le possibilità di mettere al mondo un bebè con l’aiuto della medicina è molto bassa, o sentirsi dire a 42-45 anni che per coronare il loro desiderio di maternità non c’è altra strada che la donazione eterologa e quindi l’ovulo donazione. Scegliere di mettere da parte un piccolo patrimonio quando la fertilità è ottimale le fa sentire giustamente al riparo se, al momento del dunque, non riuscissero ad avere una gravidanza spontanea. Dichiararlo o farlo, però, è qualcosa che viene guardato con sospetto perché le scelte riproduttive sono ancor oggi un tabù.
Il social freezing una procedura coperta dal SSN?
Il social freezing è un servizio pubblico, può essere richiesto da qualsiasi donna, anche se single, eseguito nei centri di Procreazione Medicalmente Assistita di secondo e terzo livello autorizzati (l’elenco completo è disponibile sul sito del Registro PMA, curato dal Istituto Superiore di Sanità, www.iss.it/rpma-dati-registro), ma va pagato di tasca propria. E anche questo limita la scelta di quelle under 30 che magari vorrebbero mettere da parte un piccolo capitale procreativo, un limite che non pesa invece sui maschi. Il costo del social freezing, infatti, si aggira sui 3500 euro ,cifra in cui sono compresi il costo degli esami diagnostici preliminari, quello della procedura, il costo dei farmaci per la stimolazione ovarica e quello del mantenimento annuo degli ovociti. Il costo del criocongelamento del liquido seminale , anche se non può essere effettato in un centro pubblico, si aggira invece sui 100 euro.
Ci sono donne che possono accedere gratuitamente alla crioconservazione degli ovociti ?
Si, sono quelle che hanno una patologia che porta ad un esaurimento della riserva ovarica: donne con malattie croniche come la sclerosi multipla, che soffrono di endometriosi e pazienti che hanno un tumore, compresi quelli del sangue: devono sottoporsi a cure come la chemioterapia o la radioterapia che distruggono i follicoli e inducono l’infertilità. Non sono invece coperte dal SSN le donne che, anche se sane, hanno ugualmente una ridotta riserva ovarica e rischiano ugualmente di andare in menopausa precoce, vedendo sfumare qualsiasi possibilità di diventare madri.
Quali sono sono gli step della criocongelazione ?
Il primo è la stimolazione ormonale, effettuata con farmaci che vengono iniettati per via sottocutanea: dura circa due settimane, durante le quali la crescita dei follicoli viene monitorata ecograficamente. Quando sono giunti a maturazione, con un’ecografia trans vaginale il medico provvede ad aspirare gli ovociti dai follicoli con un apposito ago: la procedura dura circa 5-7 minuti e viene effettuata dopo una blanda sedazione. Nei giorni successivi la donna può riprendere la sua vita di sempre e la prima mestruazione compare, senza problemi, dopo circa 10 giorni.
Qual è l’indice di sopravvivenza e la durata delle cellule congelate?
La probabilità di sopravvivenza dell’ovocita è altissima, intorno al 90-95%. Dopo il loro prelievo, le cellule riproduttive vengono immediatamente inserite in cannucce immerse prima in vapori a -180 gradi e poi in azoto liquido, dove possono rimanere potenzialmente per decenni. Insomma, non c’è una data di scadenza e, se una donna che le ha crioconservate riesce poi ad avere una gravidanza spontanea, può tranquillamente decidere di donarle. Per avere un buon successo riproduttivo, però, è necessario aver messo da parte almeno 15 ovociti maturi.
Quante le successive possibilità di una gravidanza?
Stando all’American Society for Riproductive Medicine, la fertilizzazione in vitro con cellule crioconservate garantisce lo stesso indice di successo di quella effettuata con cellule appena prelevate dall’apparto riproduttivo femminile. L’avvio di una gravidanza però è subordinato all’età in cui la donna decide di affidarsi al social freezing: se prima dei 35 anni le possibilità di rimanere incinta sono pari al 70 %, a 35 sono del 50% e a 40 si riducono al 15-20%.