
Fumo: quando il medico dà il buon esempio
di Anna Benedetto
Negli ultimi anni la diffusione del fumo tra i professionisti della Sanità registra finalmente una inversione di tendenza rispetto al trend nazionale.
A confermarlo uno studio condotto dal sistema di sorveglianza PASSI sui comportamenti a rischio pubblicato a giugno 2021 sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell’articolo “Smoking prevalence among healthcare workers in Italy, PASSI surveillance system data, 2014-2018”.
Il report si riferisce al quinquennio 2014-2018 su un campione di 1.253 medici, 4.840 operatori sanitari di diversa professionalità (infermieri, ausiliari, tecnici, biologi, chimici) e 87.749 lavoratori di altri settori.
La percentuale di fumatori dell’ambito sanitario è risultata essere pari al 23%, ma con una sostanziale differenza tra il 16% per quanto riguarda i medici (nel 2014 erano circa il 20%) ed il 25% per gli altri operatori non medici (infermieri, personale ausiliario, tecnici, assistenti, biologi e chimici) che, nel secondo caso, va quasi ad allinearsi al 28,6% della media nazionale.
Le statistiche e i dati demografici in Italia
Secondo i dati ISTAT, in Italia i fumatori (tra la popolazione dai 14 anni in sù) sono poco meno di 10 milioni. La media è scesa per la prima volta poco meno sotto il 19% della popolazione nazionale. Il fumo è più diffuso nella fascia di età che va tra i 20 e i 44 anni e registra un preoccupante aumento tra le donne. Un discorso a parte meriterebbe l’analisi condotta sulla diffusione del fumo sui minori.
Statisticamente, analizzando le diverse categorie di fumatori nelle professioni sanitarie (medici, non medici e non sanitari) è emerso che sono più propensi al fumo coloro che riferiscono di avere difficoltà economiche, possiedono un livello di istruzione più basso e vivono al Sud.
Si stima che siano attribuibili al fumo di tabacco oltre 93 mila morti l’anno nel nostro Paese e più del 25% di questi decessi è compreso tra i 35 ed i 65 anni di età. Per quanto riguarda il carcinoma polmonare – una delle principali patologie fumo correlate – nel nostro Paese la mortalità e l’incidenza sono in calo tra gli uomini ma in aumento tra le donne, per le quali questa patologia ha superato il tumore allo stomaco, divenendo la terza causa di morte per neoplasia, dopo il tumore al seno e al colon-retto.
L’importanza della prevenzione in corsia e del coinvolgimento dei medici
Tra i medici si registrano alcune variazioni a livello demografico: le donne fumano meno degli uomini, i medici ultra 50enni fumano meno dei più giovani, i medici del Nord fumano meno di quelli del Sud Italia.
Tra gli operatori sanitari – dove la percentuale dei fumatori sale 25,3% – non si registrano variazioni per genere ed età, incidono invece le variabili socio economiche: una migliore condizione economica ed un miglior livello di istruzione sono fattori protettivi.
Bisogna tuttavia evidenziare che questo campione è più variabile dal punto di vista socio economico, perché include infermieri, operatori socio sanitari e anche i tecnici tra i quali chimici, biologi e fisici.
Concludendo tra le professioni sanitarie i medici, rispetto agli anni passati, fumano di meno ma la percentuale di coloro che fumano è più alta fra i giovani, al di sotto dei 34 anni.
Abbiamo chiesto un commento in merito a questi dati da parte del Dottor Fabio Beatrice, Direttore del Board Scientifico di MOHRE e del Centro Antifumo San Giovanni Bosco di Torino: << L’osservazione che finalmente si cominci a fumare meno tra medici e professionisti sanitari è una buona notizia sebbene le percentuali dei fumatori restino comunque elevate soprattutto al sud Italia.

Dottor Fabio Beatrice, Direttore del Board Scientifico di MOHRE e del Centro Antifumo San Giovanni Bosco di Torino
La questione è delicata visto il ruolo di medici, infermieri e di quanti accostino il paziente. Chi lavora a qualsiasi titolo con i malati ha in qualche modo il ruolo di modello. Le amministrazioni sanitarie, analogamente ad altre organizzazioni del lavoro, si sono date regole identificando spazi per i fumatori ma forse non si fa ancora abbastanza su questo punto. Esistono infatti aziende private che non consentono di fumare nelle ore di lavoro e stupisce che organizzazioni sanitarie pubbliche dedicate alla cura dei cittadini facciano meno dei privati.
Alcune aziende sanitarie hanno fornito ai dipendenti momenti di formazione ed anche percorsi di aiuto in orario di lavoro per sostenere la cessazione. Le esperienze pratiche dicono che ci sono forti resistenze e che spesso il fumare viene considerato un diritto e come tale rimane difficile negarlo>>.
Occorre ribadire che, se l’istruzione è un fattore determinante per proteggere dall’abitudine al fumo, i programmi di formazione nelle aziende sanitarie dovrebbero concentrarsi maggiormente su questo tema, puntando al coinvolgimento dei medici più giovani statisticamente più coinvolti dal problema.
Inoltre il disincentivo al fumo tra i sanitari costituirebbe un modello virtuoso da trasferire direttamente ai propri pazienti perché è plausibile che un medico fumatore possa considerare meno importante sensibilizzare il proprio assistito rispetto ai danni fumo correlati, dalla prevenzione a tutte le fasi della malattia, alla risposta terapeutica, del pre e del post operatorio.
Perché la promozione della salute e di stili di vita più sani ha una ricaduta positiva e strategica non solo sul singolo che può beneficiarne ma anche sulla spesa pubblica e sulla qualità del servizio offerto dal sistema sanitario nazionale.
Continua Beatrice: << Probabilmente necessita ancora un percorso di crescita collettiva che rafforzi anche tra i professionisti della salute il convincimento che fumare fa malissimo e che un camice bianco con la sigaretta accesa o con la puzza di sigaretta addosso, sia pure involontariamente, sdogana in qualche modo il fumo combusto. “Se fuma anche il dottore e l’infermiere allora vuol dire che non fa così male!”. Questo è portato a pensare un paziente fumatore dinanzi ad un camice bianco sorpreso a fumare e questo è l’alibi che non va in qualche modo suggerito>>.
Il Telefono Verde contro il Fumo 800 554088, presente dal 2016 (D.L.vo n. 6 del 2016) sui pacchetti di sigarette, è un servizio nazionale, anonimo e gratuito, promosso dall’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga (OssFAD) dell’Istituto Superiore di sanità. Talvolta il primo passo verso la soluzione è sotto gli occhi ma si preferisce ignorarlo.