Guerra in Ucraina, paura in Italia. Come ridimensionare ansia e panico?

di Andrea Lupoli

Dopo pochi giorni di guerra in Ucraina si contano già centinaia di morti. Inoltre le dure dichiarazioni del Presidente Russo Vladimir Putin “Un attacco diretto alla Russia porterebbe alla sconfitta, a conseguenze terribili per qualsiasi potenziale aggressore” hanno generato un pesante stato di tensione sul mondo intero.

Com’è percepita la guerra dagli Italiani? E soprattutto bambini ed adolescenti, che ancora portano i segni psicologici della pandemia, in quali meccanismi di tensione emotiva rischiano di cadere? Ne ha parlato la Dott.ssa Adelia Lucattini, psichiatra e psicoanalista. “Dopo due anni di pandemia le persone sono già fortemente in tensione. La crisi economica determinata dal Covid-19 si fa sentire e gli annunciati rincari creano uno stato di forte ansia e preoccupazione. La guerra in Ucraina è percepita come una guerra molto vicina, c’è un senso di solidarietà ed identificazione in virtù di diversi fattori. Gli Ucraini sono infatti presenti da tanto tempo nel nostro paese, sono 240mila quelli in Italia, principalmente donne che si occupano di assistenza degli anziani come badanti, ben integrate nelle famiglie italiane. C’è quindi la percezione di un attacco a ‘persone conosciute’. Questo porta ad una grande solidarietà verso persone che incontriamo quotidianamente – prosegue la psichiatra – le guerre fanno però emergere anche conflitti interni, inconsci.” 

 Ed è probabilmente sul piano interiore che si gioca la partita più complessa. “Nella mia pratica clinica –sostiene ancora la Dott.ssa Lucattini- trovo persone che temono la guerra in Ucraina ma perché evoca in realtà situazioni interiori irrisolte o difficoltà familiari che avevano messo da parte. I conflitti esterni diventano quindi uno specchio di quelli interni. Bisogna dunque distinguere con chiarezza quello che è personale, interiore, da quello che è fuori da sé. Ci sono poi traumi transgenerazionali che non sono stati completamente elaborati e di cui le persone non sono totalmente coscienti ma che agiscono a livello collettivo. Si assiste dunque – conclude su questo la psichiatra- una riattivazione di angosce antiche che non sono del tutto scomparse”.

Ma se l’adulto può applicare gli strumenti forniti dall’esperienza e dalla razionalità, cosa succede nei bambini e negli adolescenti? Ancora una volta la Dott.ssa Lucattini spiega che: “Gli adolescenti che hanno tate e badanti delle nonne stanno dimostrando una grande solidarietà nei confronti degli Ucraini, ma temono che la guerra possa coinvolgere l’Italia. C’è una mancanza di percezione delle distanze, del tempo e dello spazio oltre che della geopolitica che ovviamente i più piccoli non possono conoscere. 

I bambini che prima chiedevano ai genitori: ‘Ma tu non muori di Covid vero? Non ti ammali vero?’ adesso chiedono: ‘Ma non ci sarà la guerra qui vero? Tu non andrai in guerra vero?’ Le angosce si sono spostate, alimentate da un sistema di informazione che satura. 

Quali strategie e comportamenti adottare per evitare che gli adulti prima, e i più giovani poi, possano finire in preda al panico e al malessere emotivo? “Per gli adulti come detto – consiglia l’esperta- il controllare gli aspetti affettivi e il fare appello alla razionalità sono fondamentali, così come il tenere conto di alcuni punti importanti. In primo luogo considerare, per esempio, che nel Medio Oriente c’è sempre stata qualche guerra locale, si pensi a quando la  Russia ha invaso l’Afghanistan e ci sono stati un milione di morti, solo che noi conosciamo meno Afgani che Ucraini. In Ucraina e nei paesi dell’ex Unione sovietica la situazione politica è instabile da parecchi anni. Questa è una guerra che è già iniziata nel 2014 nel Donbass e che paradossalmente potrebbe concludersi presto.

Per aiutare invece i propri figli c’è bisogno di dare un giusto inquadramento e chiedere di che cosa hanno paura. Che cosa significa la guerra per loro? Di quale confitto parlano? Hanno paura per il loro futuro, che sogni, progetti, aspettative, investimenti non si possano realizzare?  Soprattutto se adolescenti, la psichiatra consiglia di “dare loro queste informazioni (sopra dette) in modo che possano inquadrare il conflitto in modo più ampio e lo possano anche collocare geograficamente in un’area molto precisa. Ad esempio spiegare che i razzi russi non hanno una gittata tale da poter arrivare fino da noi e che l’Europa ha insieme alla Nato degli strumenti per proteggerci da aggressioni esterne. Favorire inoltre una spinta ideale pacifista e di respiro internazionale, poiché l’adolescenza si nutre proprio di ideali. Quindi spiegare la negatività e gli orrori della guerra, quanto benessere esista da noi anche grazie al welfare, lo stato sociale, facendo degli esempi concreti (la naspi, la cassa integrazione, i sussidi per le persone più povere, il sostegno all’azienda, la pensione di anzianità, eccetera) che aiutano a transitare attraverso le crisi economiche. Invitare poi i figli a non guardare troppo la televisione ma anche loro di informarsi da fonti attendibili, parlare agli insegnanti chiedendo loro che possano per esempio fare un inquadramento storico della situazione, all’interno del programma scolastico in modo che possano distendere la loro emotività. Esiste infine la possibilità, se le preoccupazioni sono troppo forti e i genitori si rendono conto che vanno oltre la realtà, di pensare di fare un colloquio psicoterapeutico familiare per capire se questa situazione è solo la punta dell’iceberg che fa scompensare un disturbo depressivo preesistente.” 

 C’è poi il tema del suicidio, solitamente si registrano meno casi di suicidio durante una guerra per semplice spirito di sopravvivenza. E’ veramente così? Riguardo il tema suicidario – dice la Dott.ssa Lucattini – c’è un drammatico nuovo fenomeno dei suicidi dei bambini nei campi profughi durante le guerre recenti. Il suicidio dei bambini è un evento rarissimo normalmente, in Siria un suicida su cinque è un bambino. Nel nord-ovest della Siria stanno aumentando i casi di suicidio o i tentativi di suicidio e in un caso su 5 si tratta di minori. Solo negli ultimi 3 mesi del 2020 si sono registrati 246 suicidi compiuti e 1748 tentativi portando un incremento dell’86% rispetto al primo trimestre dello stesso anno. Sul totale delle persone che hanno tentato di togliersi la vita, almeno 42 hanno 15 anni o meno, mentre il 18% sono adolescenti e giovani di età compresa tra 16 e 20 anni. Un altro dato: I medici di Madaya riferiscono di bambini e adolescenti che tentano di togliersi la vita, nel gesto disperato di porre fine a una sofferenza che perdura da molto tempo. Davvero troppo per essere sopportata e in qualche maniera metabolizzata per vincerne la minaccia di morte in essa racchiusa.”

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