Il 118 punta in alto….anzi ai cieli grazie ai “droni salva-vita”

di Anna Benedetto

Costruiti originariamente per scopi militari, i droni sono nati per uccidere: piccoli velivoli pilotati da remoto, utilizzati per finalità belliche di strategia e bombardamento. Nel corso di decenni le loro applicazioni, in ambito civile, sono state molteplici fino a trovare una vocazione opposta a quella originaria nella telemedicina: ovvero salvare vite umane.

Emergenza, urgenza e tempismo sono termini ricorrenti in Medicina e anche lo scenario operativo più consueto per la Società italiana Sistema 118 (Sis118), che lo scorso ottobre ha firmato a Roma l’accordo con partner istituzionali e tecnici del progetto di “urban air mobility” denominato SEUAM (Sanitary Emergency  Urban Air Mobility per l’invio di droni da soccorso tra sue le unità operative. 

Mentre il Politecnico di Torino e Unicusano nel Lazio lavorano alle applicazioni per ridurre i tempi ed i costi relativi al trapianto di organi.

I droni del Pronto Soccorso

  Ogni anno le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte e le persone vittime di infarto sono più di sei milioni. In Italia sono circa 120 mila le persone vittime d’infarto ogni anno: di queste, circa 25 mila muoiono prima di arrivare in ospedale. Secondo uno studio svedese, superati i trenta minuti dal manifestarsi dell’arresto cardiaco, le chance di salvare una vita umana sono pari a zero, mente ricevere soccorso entro i primi 10 minuti è la soglia di tempo entro i quali possono rivelarsi efficaci. 

Lo scorso 9 dicembre 2021 un settantenne svedese è stato salvato da un infarto grazie all’intervento di un defibrillatore a bordo di un drone arrivato entro 3 minuti dalla chiamata al numero di emergenza: questo ha consentito al medico che ha soccorso l’uomo, che aveva avuto un malore in strada, di salvargli la vita.

Il progetto italiano SEUAM è stato ideato dal Dottor Mario Balzanelli, presidente nazionale della SIS118. L’intuizione arriva circa 4 anni fa, osservando il volo delle rondini: «Il cielo può essere la via più breve per salvare chi sta per morire» – afferma Balzanelli – e dunque «Il drone può fare la differenza, in emergenza sanitaria, quindi tra la vita e la morte in vari modi».

Mario Balzanelli, presidente nazionale della Società italiana sistema 118

Dopo un’analisi dei progressi nel settore in ambito internazionale come quello svedese, è stato messo a punto questo sistema di soccorso a pazienti in imminente pericolo di vita con l’invio di droni iperveloci, teleguidati dalle Centrali Operative 118, in grado di trasportare in pochissimi minuti defibrillatori automatici, emoderivati, farmaci, antidoti, materiale sanitario necessario nelle grandi emergenze.

L’uso del drone può anche avere un impiego strategico per individuare persone ferite in ambienti impervi da raggiungere dai mezzi di soccorso del 118 e può fare la differenza quando si renda necessario trasportare in tempi rapidi materiale sanitario in zone improvvisamente isolate, come nel caso di calamità naturali ed incendi.

Il primo semestre del 2022 sarà dedicato a test per verificare l’efficacia del sistema che – una volta rivelatosi efficace – aprirebbe a nuovi percorsi formativi per l’infermiere operatore di Centrale, con la possibilità per gli operatori di acquisire il brevetto di pilota del drone, ma anche dell’impiego di piloti di droni come figure  professionali aggiuntive negli organici delle centrali operative del 118.

Il partner tecnico di SEUAM è il Consorzio Aerospaziale Caltec. I partner istituzionali sono, al momento, i comuni di Taranto, Altomonte, Santa Lucia di Serino, Massa di Somma, l’Università Campus Biomedico di Roma, il Politecnico di Milano, la Facoltà di Medicina dell’Università LUM “Giuseppe Degennaro”, Federconsumatori Nazionale, CONI Campania, Federsanità ANCI Campania, la ASL di Taranto.

Anche la Croce Rossa si avvale di droni delivery ed è il primo ente in Italia che già so avvale di una propria scuola di volo per standardizzare l’addestramento del personale da utilizzare in situazioni di emergenza per ricerca, soccorso e attività nell’ambito del Sistema di Protezione Civile. 

I droni per trasportare materiale sanitario ed organi da trapiantare

Nel 2019 è stato effettuato con successo il primo trapianto di un organo trasportato da un drone al Medical Center dell’Università del Maryland, in America. Il rene, trasportato per circa 5 km, era riposto in un contenitore ad alta tecnologia appositamente progettato per il mantenimento ed il monitoraggio di un organo umano vital. Il drone era equipaggiato con videocamere, sensori Gps e sistemi di sicurezza volti ad evitare possibili incidenti. Aveva anche un paracadute da utilizzare in caso di emergenza.

In Italia è il Piemonte a frasi pioniere del trasporto di organi destinati ai trapianti e il sangue dei donatori. Il progetto, che partirà col trasporto di un rene, è frutto della collaborazione tra Centro Regionale Trapianti, Fondazione D.O.T., Città della Salute, Politecnico di Torino, Università di Torino ed Enac. L’obiettivo è avviare sperimentazioni per l’utilizzo di droni nella medicina di trapianti, ovvero per il trasporto di materiale biologico e degli organi, finalizzato a rendere più veloce il trasferimento tra strutture ospedaliere piemontesi, preservando la conservazione dei materiali e riducendo tempi e costi di trasporto.

Nel Lazio sono stati conclusi positivamente, da parte di Unicusano ed Eurolink System, i test sui droni “salvavita” che, viaggiando a una velocità di oltre 100 Km/h con autonomia di 50 km, potranno raggiungere ospedali in pochissimi minuti portando farmaci, sacche di sangue per le trasfusioni. Con un grandissimo vantaggio: evitare ingorghi e imprevisti del traffico cittadini.

Per il prototipo Beluga il team guidato dal professor Tiziano Pagliarioli, responsabile del DroneLab di Unicusano, ha messo a punto le eliche. «Eliche silenziose – precisa il docente – perché il trasporto deve avvenire in città, nelle aree urbane. La silenziosità dei droni è uno dei modi per far accettare alla popolazione che questi droni vengano a popolare i nostri cieli senza esserne infastiditi».

Il passo successivo è nell’organizzazione delle piste di decollo e atterraggio sulle terrazze degli ospedali o comunque in prossimità. «L’aspetto positivo – conclude Pagliaroli – è che questi quadricotteri non necessitano di un’area molto grande per le manovre di decollo e atterraggio».

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