
Il ‘furto’ del recettore dell’acetilcolina alla base della dipendenza da fumo
Di Dr. Lorenzo Zamboni, Psicologo, Dipartimento di Medicina delle Dipendenze
La nicotina è quella sostanza che ci lega a “doppia mandata” alle sigarette (pur sapendo i rischi a cui andiamo incontro). Mentre è meno conosciuto il ruolo dell’acetilcolina, un neurotrasmettitore.
I neurotrasmettitori sono sostanze utili a favorire le connessioni tra le varie terminazioni nervose (sinapsi), inviano segnali specifici al cervello, attivando determinate aree e causando specifiche reazioni.
Tanto per fare un esempio serotonina e dopamina sono neurotrasmettitori ma l’acetilcolina non ha niente di meno rispetto ai suoi ‘colleghi’ più famosi. E’ altrettanto fondamentale perché ricopre diverse funzioni importanti: la regolazione delle contrazioni cardiache e della pressione sanguigna, la peristalsi intestinale, la secrezione ghiandolare, ecc. Solitamente, ha una funzione eccitatoria: le fibre nervose colinergiche – quelle che liberano acetilcolina alle loro terminazioni – è diffuso sia nel sistema nervoso centrale sia in quello periferico. E qui arriva il ruolo con il tabagismo, i suoi recettori si dividono in due tipi: i nicotinici e i muscarinici e la nicotina si lega ai primi (nome omen).
Ma qual è il suo ruolo nella dipendenza da fumo? Ebbene la acetilcolina regola la produzione di molte sostanze tra cui la dopamina, che è alla base della motivazione (reward), del piacere e quindi delle dipendenze, tra cui quelle da fumo.
Queste funzioni utili alla sopravvivenza e non, provengono da una zona del cervello che si chiama ‘circuito mesolimbico’ , la cui attività é mediata dalla corteccia prefrontale, che ha il compito di stabilire la priorità dei bisogni e, se necessario, posporli, riorganizzandoli qualora non fossero soddisfabili nell’immediato.
Il fumo di sigaretta va ad agire su questo complesso sistema, portando di fatto a una predominanza del circuito mesolimbico (istinti primari) su quello prefrontale (controllo). Il fumatore quindi sente una necessità impellente e “vitale” nel fumare.
Giacchè chimicamente l’acetilcolina è molto simile alla nicotina contenuta nelle sigarette, quest’ultima va a legarsi con i recettori colinergici sostituendosi all’acetilcolina e causando un rilascio anomalo di dopamina, che scatena una gratificazione e quindi il senso di piacere e appagamento.
La memoria del piacere si fissa subito nella nostra corteccia prefrontale, rendendo di fatto possibile la reiterazione di un comportamento nocivo, ma che per il nostro cervello è inteso come necessario. Ecco quindi la dipendenza.
Il “piacere” dura generalmente poco, è una ricompensa breve ma intensa che il nostro cervello ci concede quando facciamo qualcosa di utile alla nostra vita.
Quando la nicotina va a “scassinare” questo sofisticato meccanismo, il rilascio di dopamina è più intenso, ma soprattutto più duraturo del normale, facendo esperire al fumatore livelli di piacere anomali, artificiali. I recettori della dopamina vengono dunque sovra stimolati, questi ultimi si “difendono” da questa variazione allostatica, divenendo meno sensibili. Di conseguenza il fumatore aumenta l’assunzione di nicotina per aumentare la liberazione di dopamina e risentire nuovamente quel piacere intenso (ecco come si spiega il fenomeno della tolleranza).
Quando una persona smette di fumare e la nicotina in circolo viene smaltita, l’acetilcolina torna a ricoprire a pieno il suo ruolo. Nonostante ciò, il cervello dell’ex fumatore sarà più sensibile alla nicotina rispetto al cervello di una persona che non ha mai avuto una dipendenza tabagica.