
A Milano il primo festival del ciclo mestruale del mondo occidentale
Di Anna Benedetto
Riguarda più del 50% della popolazione mondiale, occupa in media una settimana al mese per 40 anni di vita di un essere umano, comporta una spesa di circa 16mila euro pro capite e – a quanto pare – nessuno prima d’ora aveva pensato di dedicargli un evento a tema.
Debutta a Milano, dal 17 al 19 giugno, il primo festival del ciclo mestruale (in Italia e nel mondo occidentale), organizzato dalle autrici del podcast sul tema “Eva in Rosso“, insieme alle associazioni Promise, Errante e allo studio di graphic design But Maybe.
La manifestazione è sostenuta economicamente da una campagna di raccolta fondi lanciata da Produzioni dal Basso, con il supporto di Lovable. Una parte dei proventi della campagna sarà inoltre dedicata all’acquisto di confezioni di assorbenti da spedire al confine con l’Ucraina.

Il logo del festival del ciclo mestruale
Si parlerà di endometriosi, sindrome premestruale (SPM), disturbo disforico premestruale, tampon tax, menarca, transfobia, salute e igiene mestruale, impatto ambientale, discriminazione di genere e conflitti. Ma, soprattutto, sarà una tre giorni di musica, arte, talk, umorismo, performance ed espressione libera di tabù ed emozioni. E magari anche un rito collettivo di ricongiungimento al potere inclusivo del matriarcato.
La kermesse dedicata alle mestruazioni nasce con l’intento di accendere i riflettori su un tema fondamentale per la salute e la parità di genere, ma viene inaspettatamente accolta (qui in Italia) da un coro di indignazioni e polemiche (in un articolo si parla di “progressismo trash”).
Perché c’è (ancora) bisogno di parlare di mestruazioni?
È questa probabilmente la principale domanda (retorica) che si fanno i detrattori della manifestazione. L’obiezione in realtà dimostra quanto sia lunga l’onda dell’”oscurantismo mestruale”, ovvero il disagio ed i tabù legati a questo evento, che accompagna ciclicamente la vita di una donna in ogni epoca e a tutte le latitudini.
Per trovare una iniziativa similare nel mondo occorre andare molto lontano, precisamente in India, l’unico continente dove esistono ben 4 festival dedicati al ciclo mestruale: si chiamano Odisha, Tamil Nadu, Karnataka e Maasika Mahotsav.
In questo continente lo stigma e i falsi miti collegati a quel periodo del mese per una donna sono davvero molteplici e, in alcuni villaggi, possono avere delle ricadute importanti sul benessere dei soggetti coinvolti: dall’essere invitati a mangiare in un vaso diverso o a dormire separatamente, non cucinare o toccare cibo, non visitare luoghi religiosi, non mangiare sottaceti e piante acquatiche, fino a veicolare pratiche antigieniche e vietare l’uso di assorbenti interni per le donne vergini. L’elenco delle usanze secolari infondate è ancora troppo lungo.
In Italia, secondo il rapporto Essity 2019 – che ha coinvolto1633 italiani (uomini e donne) tra i 15 e i 65 anni – il ciclo mestruale è un evento naturale e fisiologico in una donna che si trova in età fertile ma solo la metà delle donne (51,3%) associano a questo evento un sentimento di normalità. Ancora molte (26,5%) provano disagio ed imbarazzo e il 25,7% lo considerano una limitazione o una condizione invalidante. Il rapporto rileva come una buona fetta sia di uomini che di donne abbia ancora le idee confuse e incorra in falsi miti sul tema, similari a quelli indiani.
Ma qui da noi è diverso?! Fino a un certo punto…
Dal paracadutismo alla “ruota”, ci ricordiamo tutte le mirabolanti imprese a cui si sottoponeva la protagonista della pubblicità di una nota marca di assorbenti quando aveva “le sue cose”. Si chiama “passing” – spiegano le ideatrici del podcast dedicato al ciclo mestruale “Eva in rosso” Valentina Lucia Fontana, Alessandra Giglio e Sonia Castelli – lo spacciarsi per non mestruanti – ovvero far finta di non avere le mestruazioni.
Si arriva fino a non nominarle o trovare nomi alternativi, spesso fantasiosi, e socialmente più rassicuranti pur di omettere la condizione che ancora suscita disagio (“le regole, “la zia”, “il marchese”, “Pippo”, “il barone rosso”, “Il mar rosso”, ecc…).

Da sinistra le creatrici e organizzatrici del festival Alessandra Giglio, Valentina Lucia Fontana, Sonia Castelli e Vania Cuppari
Ma il resto del mondo non è meno creativo: le australiane dicono di avere “gli imbianchini in casa”, mentre gli americani tirano in ballo “zia Martha” o “zia Rosie”. Nella tradizione ceca viene chiamato “fenomeno delle fragole”, mentre i finlandesi chiamano questo momento del mese “le giornate del mirtillo rosso”.
Anche la fiaba, da sempre ricettacolo di archetipi, ha riservato a questo tema episodi leggendari. Erich Fromm, nel “Linguaggio dimenticato” interpreta quella di Cappuccetto rosso come il passaggio verso la maturità sessuale femminile, dove la mantella rossa rappresenta le mestruazioni e l’ingresso nella pubertà, che conduce la bambina nella “profonda e oscura foresta” della femminilità; il lupo rappresenta invece l’uomo visto come predatore sessuale da cui guardarsi.

Liberté di Hazel Terry

Illustrazione tratta dai social del festival
In maniera similare, per la Bella Addormentata, che si punge col fuso e si addormenta, vi è la “maledizione” dell’arrivo del menarca e l’inizio del “ciclo” che la porterà verso l’età matura, fino al “risveglio” alla vita rappresentato dalla riproduzione.
Tra Tampon Tax e povertà mestruale
Ad oggi in Europa sono 16 i Paesi che hanno ridotto la tampon tax ovvero l’aliquota sull’acquisto di assorbenti e prodotti mestruali.
Tra questi vi è l’Italia, che finalmente ad ottobre 2021 ha abbassato l’aliquota dal 22 al 10% (e non al 4% come per un bene essenziale come, ad esempio, gli occhiali da vista) su assorbenti e tamponi per l’igiene mestruale non compostabili (mentre i compostabili erano già al 5%).
In molti paesi del mondo le imposte per gli assorbenti sono state ridotte a zero, mentre la Scozia da novembre 2020 è il primo Paese al mondo a garantire la fornitura gratuita e universale alle donne degli assorbenti e di tutti i prodotti di base necessari nel periodo delle mestruazioni.
Nei paesi in via di sviluppo si parla a tutti gli effetti di “period poverty” (povertà mestruale): nell’Africa Subsahariana 1 ragazza su 10 salta la scuola nel periodo mestruale, non potendo sostenere il costo degli assorbenti. In alcuni casi questo costo è addirittura motivo di abbandono scolare.
Questo problema riguarda in realtà anche i paesi ricchi: in USA i 1 donna su 4 fatica finanziariamente a decidere tra l’acquisto di prodotti mestruali e pasti.
In Gran Bretagna, secondo il Plan International UK del 2016, su 100 ragazze tra i 14 e i 21 anni, il 15% ha dichiarato di non riuscire ad acquistare gli assorbenti, il 14% ha ammesso di averli chiesti alle amiche perché troppo cari, 1 su 10 di far ricorso ad “assorbenti fai da te” e 1 su 5 ha preferito prodotti sanitari di scarsa qualità, ma più economici. Il 48%, inoltre, ha rivelato di imbarazzarsi per le proprie mestruazioni, così come il 71% di vergognarsi di comprare prodotti igienici.
In Italia non ci sono dati demografici a fotografare la situazione: è possibile solo desumere dai dati ISTAT 2021 che ci sono quasi 3 milioni di donne (il 9,4% della popolazione globale femminile) che vivono in povertà assoluta, in una condizione che quindi non permette di acquistare neanche una coppetta mestruale.
Endometriosi, disturbo disforico e congedo mestruale
Endometriosi: questa sconosciuta. Si tratta di una malattia ginecologica cronica che in Italia colpisce il 10-15% delle donne in età fertile (fonte Ministero della Salute). Consiste nell’insediamento e nella crescita fuori sede di tessuto endometriale, ossia la mucosa che riveste la parete interna dell’utero e che si sfalda durante il ciclo mestruale.
Si tratta di una situazione cronica e invalidante, che può portare anche infertilità, ma l’idea che il dolore durante il ciclo mestruale sia una condizione “normale”, porta spesso a una diagnosi tardiva di questa malattia con conseguenze disastrose sul corpo e sulla psiche di chi ne è affetta.
Il forte dolore percepito durante il ciclo mestruale prende il nome di dismenorrea ed è il sintomo principale dell’endometriosi (in questi casi si parla più precisamente di dismenorrea secondaria).
Non meno severe possono essere le conseguenze della sindrome premestruale. La risposta individuale (sia fisica che psico-comportamentali) alle fluttuazioni ormonali imposte dal ciclo possono essere molto variabili.
Nelle sue forme più leggere si può intervenire sullo stile di vita per alleviarne i sintomi: è consigliabile la pratica di una attività fisica regolare, una dieta adeguata, l’assunzione di vitamina B e magnesio pidolato e talvolta una terapia cognitivo-comportamentale.
Nelle sue forme più severe si parla di disturbo disforico premestruale che è la forma più severa di sindrome premestruale e si manifesta con una costellazione di sintomi sia fisicamente che emotivamente invalidanti, tra cui depressione, ansia, irritabilità, labilità emotiva pronunciate, ipersonnia o insonnia. Possono essere presenti pensieri suicidi e per contrastarlo, nelle sue forme più gravi, si può ricorrere all’induzione di una menopausa precoce, fino all’asportazione di utero e ovaie.
La Spagna è il primo paese europeo a varare un progetto di legge, al quale il consiglio dei ministri ha dato il via libera, sui diritti sessuali e riproduttivi ha introdotto il congedo mestruale di tre giorni al mese per le donne con un ciclo particolarmente “doloroso e invalidante”, naturalmente a fronte di una certificazione medica.
Mentre in Italia ci si interroga sull’effetto boomerang che una iniziativa simile avrebbe per le donne lavoratrici, l’iniziativa spagnola rientra in un più organico disegno di legge dal nome “Legge Organica per la Tutela dei Diritti Sessuali e Riproduttivi e la Garanzia dell’Interruzione Volontaria della Gravidanza”, che introduce anche altre novità in materia di salute sessuale: da una garanzia più estesa del diritto all’interruzione di gravidanza, al finanziamento tramite il sistema pubblico di contraccettivi e della cosiddetta “pillola del giorno dopo”.

Il logo del podcast sul ciclo mestruale “Eva in rosso”
Il ciclo nella storia. Cosa si usava prima degli assorbenti?
Nell’antico Egitto le donne facevano un impasto di terra e miele, lo spalmavano su bende di lino e lo inserivano in vagina, come una sorta di tampone.
Le donne dell’Antica Roma privilegiavano una sorta di assorbenti esterni, realizzati con pezze di cotone e lana che agganciavano alla cintura.
Risale al Medioevo il primo tampone 100% bio, realizzato con uno speciale muschio palustre – lo Sphagnum – dalla forte azione assorbente, che infatti veniva utilizzato anche per fermare le emorragie.
Va detto che l’appuntamento col ciclo mestruale, nella storia, è stato molto diverso rispetto a quello delle donne contemporanee: l’alimentazione molto povera e le difficili condizioni di vita, facevano in modo che le donne avessero un ciclo molto irregolare, che si presentava ben più sporadicamente, e che andassero in menopausa prima rispetto agli standard odierni, anche per via di una aspettativa di vita molto ridotta. In età fertile si affrontavano anche numerose gravidanze. Le mestruazioni erano quindi una presenza episodica e difficilmente prevedibile nella vita di una donna e la loro gestione per questo molto meno pressante.
Basti pensare che le donne hanno oggi 450-480 cicli nell’arco della vita, contro i 140-150 delle nostre bisnonne, nel 1920. In cento anni la vita media è virata dai 48 anni del 1920 agli 85 attuali.
Le mestruazioni sono rimaste tabù anche in epoca moderna, in cui le donne hanno continuato a usare pezzi di cotone o lana, ma anche spugne, muschi e perfino pelli animali. Solo le donne di ceto più agiato potevano usare scampoli di tessuto. A rendere ancora più complicata l’igiene femminile, tra il Seicento e il Settecento, ci si mette anche la convinzione che lavare la biancheria fosse una pratica da evitare perché favoriva la circolazione di malattie. Inoltre, per le donne, toccare i propri genitali era considerato disdicevole. Per far fronte a odori corporei poco gradevoli, ai più abbienti non restava altro che l’uso massivo di profumi: infatti all’epoca si faceva largo uso di fragranze dalle note forti e decise.
I primi assorbenti usa-e-getta hanno fatto la loro prima comparsa con l’era industriale, alla fine dell’Ottocento in Germania e negli Stati Uniti, ma non è stato subito un successo. Le donne provavano imbarazzo nell’acquistarli preferendo quelli home-made, inoltre l’idea dell’usa e getta – ovvero di acquistare un prodotto pensato per essere gettato poche ore dopo l’uso – all’epoca era più che pionieristica per essere accolta da un qualsivoglia consumatore.
Non solo una cosa “da donne”
Abbiamo visto che il ciclo rientra nel dibattito del gender equality e le sue declinazioni sono variabili. Per completare questa ricognizione, occorre ricordare che anche gli uomini trans e le persone non binarie hanno il ciclo, così come esistono donne in età fertile in cui – a causa di molteplici patologie – il ciclo è assente (amenorrea).
Anche gli uomini (cisgender) hanno il ciclo?
La risposta è sì, se per ciclo si intendono le fluttuazioni ormonali. Nel caso dell’uomo si tratta dell’ormone maschile, il testosterone, e le variazioni non sono mensili, ma diurne. I suoi livelli sono massimi nelle prime ore del mattino (da qui le erezioni mattutine e gli alti livelli di vitalità ed energia) per calare progressivamente durante il giorno, e arrivare ai minimi alla sera.
Questo ormone, come l’estrogeno ed il progesterone nelle donne, è in grado di influire non poco sul comportamento dell’individuo, determinando anche sbalzi di umore.
Alla base degli sbalzi ormonali di testosterone sono individuabili varie cause. Se da una parte i rapporti sessuali e l’attività fisica possono causare temporanee impennate dell’ormone, è pur vero che dall’altra, lo stress e le malattie (cancro e diabete in primis) portano invece a cali significatividurante il giorno. In tutti questi casi appena citati, l’organismo dell’uomo deve conservare energie non utilizzabili al momento per la produzione di spermatozoi.
Secondo alcuni studi scientifici sul ciclo maschile, anche i cambi di stagione influirebbero sugli sbalzi ormonali. Nei Paesi del Nord come Danimarca e Norvegia, caratterizzati da lunghi periodi di luce o di buio, i livelli di testosterone di solito sono molto bassi in estate, mentre raggiungono il picco massimo alla fine dell’autunno.
Infine, esistono una serie di altre condizioni strettamente collegate a bassi livelli di testosterone, come sonno irregolare, dieta non equilibrata, avanzare dell’età ed alcune patologie.