
Lanaterapia: quel “gomitolo” che aiuta a trovare un’uscita dal labirinto della malattia
di Anna Benedetto
Se per Arianna servì a trovare la strada per uscire dal labirinto e sconfiggere il minotauro, per Penelope fu invece lo stratagemma per non piegarsi ad un destino avverso.
Nel primo caso un gomitolo di lana, nel secondo un telaio furono gli “strumenti di emancipazione” per queste donne mitologiche.
Adesso la scienza conferma che “sferruzzare” è anche una porta per uscire (almeno temporaneamente) dalla malattia. E non solo.
Lo scorso 14 novembre presso l’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano l’associazione Gomitolorosa ha reso noti i risultati della ricerca “I correlati neurologici del lavoro a maglia“, che dimostra in modo scientifico i benefici del “knitting” (lavoro a maglia e uncinetto) sul cervello e in particolare sull’attenzione. La scienza finalmente conferma quanto già noto al mito (ed alle nostre nonne).
Qui la diretta streaming della conferenza stampa
I risultati dello studio
Lo studio, disponibile per ora in versione preprint disponibile in versione preprint, è stato commissionato da Gomitolorosa ad una equipe di Neurofisiologia del Besta, che per circa due anni ha arruolato 40 volontarie e volontari esperti di knitting – di età compresa tra i 27 e i 63 anni – e registrato la loro attività cerebrale prima e dopo l’attività ai ferri, tramite la combinazione di magneto-encefalo-grafia e test attentivi.
Dal punto di vista comportamentale migliora i parametri dell’attenzione (soprattutto per le fasi di allerta e orientamento), potenzia la fluidità e la connettività tra diverse aree del cervello (comunicazione più fluida, veloce ed efficace). Oltre a rendere le pazienti più rilassate e alleggerirne l’ansia, le rende anche più concentrate, consapevoli e informate durante il colloquio con gli oncologi. In futuro si potrebbe pensare di usarlo anche nella terapia occupazionale (per potenziare l’apprendimento motorio).
Nel cervello di chi lavora a maglia si registra un aumento della produzione di endorfina e serotonina, i cosiddetti ormoni “del benessere”, e la riduzione di quelli “dello stress”, come il cortisolo, l’epinefrina e la norepinefrina.
Le conseguenze? Diminuzione di stress, ansia, depressione e disturbi dell’umore.
Elettroencafolagrammi, praticati prima e dopo la lanoterapia, hanno dimostrato che si aprono dei circuiti cerebrali, localizzati a livello frontale (la zona dell’ideazione, dell’arte e della creatività) che provoca un immenso benessere alle pazienti. Lo stato raggiunto durante queste attività è simile alla meditazione. I risultati suggeriscono infatti la possibilità di utilizzare le arti tessili, come l’uncinetto, nella neuroriabilitazione, eventualmente in combinazione con la meditazione (o la mindfulness), per promuovere effetti complementari sulle reti attentive.
Le testimonianze delle pazienti
Durante la conferenza stampa, in mezzo ad una platea di donne alle prese con ferri e gomitoli, non sono mancati gli interventi delle protagoniste dello studio. Come la signora Giusy Marelli (https://www.facebook.com/groups/1560957557422844/user/100045178186816/), 75 anni, che negli anni si è ammalata prima di melanoma, di tumore all’ intestino e poi di cancro al seno. «Io lavoravo a maglia mentre facevo la chemio, volevo portare lì quello che facevo nella vita di tutti i giorni. Lavorare a maglia mi dava un senso di gioia, prima di tutto perché regalavo i lavori che facevo ai miei “angeli custodi” (infermieri e medici) e poi perché io non avevo disturbi alle mani e quindi usavo questa abilità. Era inoltre un modo di tenere sempre acceso e vigile il cervello. Mi sentivo bene nonostante fossi in un posto dove c’erano tante altre persone che, come me, stavano vivendo un problema di salute importante».
L’intuizione del senologo Alberto Costa
Operativa già da 11 anni nelle corsie di 30 ospedali italiani, l’associazione Gomitolorosa nasce dall’intuizione del Dottor Alberto Costa, senologo di fama internazionale e biellese di origine, come la sua associazione.
La mission della sua onlus è duplice: quella di promuovere la pratica del lavoro a maglia negli ospedali come strumento per ridurre l’ansia in pazienti, utilizzando gomitoli prodotti con lana italiana in sovrapproduzione. Biella, anche nota come “città della lana, è un importante distretto tessile e l’associazione gode dell’aiuto a titolo gratuito degli industriali del settore per produrre e colorare i loro gomitoli.
I primi a raccogliere l’idea del Dottor Costa di far lavorare i pazienti a maglia sono stati i medici della Clinica Mangiagalli, centro di riferimento per lo screening mammografico e per la salute della donna.
Spesso nella sala di attesa le donne si tramandano leggende metropolitane orrorifiche collegate all’ansia di sottoporsi ad una mammografia e alla paura di ricevere una brutta notizia. Ecco che portare il lavoro a maglia fin dalla sala di aspetto, prima di uno screening mammografico, ha la funzione di distrattore dal pensiero ansiogeno che inevitabilmente si accompagna all’attesa di questo esame diagnostico ed è funzionale anche all’esame stesso, in quanto le pazienti che poi vi si sottopongono hanno una parete muscolare più rilassata e sono più collaboranti con i tecnici di radiologia. Anche la percezione del dolore relativo alla compressione mammaria, durante la mammografia, risulta molto ridotta, poiché anche quella amplificata all’ansia della paziente.
La lanaterapia è stata portata anche in fase di chemioterapia e post operatoria al letto delle pazienti, usando i ferri circolari per evitare lo sfregamento ascellare, al fine di riportare le donne sul “qui ed ora”.
Il risultato finale di questo esperimento è stata la realizzazione di “prodotto corale”: una copertina, della quale ogni esagono è stato realizzato da una paziente diversa in attesa di fare la mammografia.
«Come oncologo – rivela il Dottor Costa – io avevo l’intuizione che lavorare a maglia avesse effetti benefici sull’umore. Ora, con questo studio, ho ottenuto la risposta sul perchè le pazienti che lavoravano a maglia capiva meglio quello che io, da oncologo, gli stavo dicendo. Questo effetto benefico è fondamentale poiché in oncologia ci sono tantissime zone grigie, zone in cui un medico non può decidere da solo cosa fare. Queste decisioni sono sì decisioni mediche, ma vanno assolutamente condivise col paziente e spesso con le loro famiglie.
La medicina partecipata – prosegue Costa – ha assoluto bisogno della consapevolezza del paziente. Il tempo del “io sono il dottore, questa è la cura o la ricetta, vada a casa” è finito. I medici non possono più decidere dall’alto, ci vuole partecipazione. Spesso invece il paziente riferiva “lei mi spiegava, ma da lì in avanti mi è scesa un nebbia, non ho più sentito nè compreso quello che mi stava dicendo…”. Questo perché, in relazione a certe notizie, subentra la paura, l’ansia. La paziente che lavora a maglia è più attenta e decodifica meglio le parole del medico. Pertanto aderisce e risponde meglio alle terapie».
“Sferruzzatori” illustri da Hollywood alle Olimpiadi
Sono tante le star appassionate del lavoro a maglia come Julia Roberts, Sarah Jessica Parker, Uma Thurman, Catherine Zeta Jones e Cara Delevigne. Beccati a sferruzzare anche sex symbol maschili del calibro di Ryan Gosling o Russell Crowe, l’insospettabile interprete de Il Gladiatore, che in una intervista taglia corto «Lo faccio, è roba da uomini». Sulla stessa lunghezza d’onda, Daryl Hannah per la quale «lavorare a maglia è come stare sul lettino dello psicoanalista» e Hilary Swank, che ne loda «l’effetto relax che rimpiazza lo yoga». Il celebre direttore d’orchestra Colin Davies ammette di ritrovare la concentrazione, tra un concerto e l’altro, proprio «lavorando molto a maglia». Non ultimo, il crochet è arrivato anche al Parlamento Europeo, grazie alla svedese Ylva Johansson, commissario agli affari interni, immortalata a lavorare all’uncinetto mentre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen pronuncia il discorso sullo stato dell’Unione.

Ylva Johansson durante una sessione dal Parlamento Europeo
A conferma di quanto il lavoro ai ferri sia una palestra per il cervello, è diventata iconica l’immagine del tuffatore olimpionico britannico Tom Daley che ha portato il lavoro a maglia a bordo piscina, durante le olimpiadi di Tokyo. Il suo gesto, oltre ad essere una presa di posizione contro gli stereotipi di genere, aveva senza dubbio anche la funzione di aumentare il “focus” sulla prestazione prima di una competizione importante. L’atleta ha addirittura registrato un marchio dei capi fatti a mano, sponsorizzati e pubblicizzati attraverso il suo profilo Instagram @madewithlovebytomdaley.

Tom Dailey alle Olimpiadi di Tokyo
Un aiuto anche per i malati di Alzheimer e per i caregiver
Come dimostrato da questi esempi e dalle conclusioni dei neurofisiologi del Besta, le arti manuali hanno benefici molteplici sul benessere psico-fisico e le loro applicazioni sono molteplici. La stesso Gomitolorosa nasce dal confronto del Dottor Costa con la fisioterapista inglese Betsan Corkill, tra i primi medici ad includere e teorizzare il lavoro a maglia nella pratica terapeutica su più fronti. Il knitting, nella fattispecie, è una pratica che si sta rivelando molto utile sia per le persone affette da Parkinson e demenze, che per i loro caregiver.

Twiddle muff per persona con alzheimer
Un oggetto che ne coniuga gli effetti è ad esempio in “twiddle muff”, un manicotto realizzato con la lana, che ha un potere terapeutico non solo nella fase di realizzazione (ai ferri o all’uncinetto) ma anche nel suo utilizzo, attraverso l’esplorazione tattile e visiva. Spesso usati negli ospedali o RSA in Inghilterra, le sue possibili varietà di forme, colori e texture offrono ai pazienti anziani un’occupazione rilassante, tenendoli felicemente distratti dall’ansia di un ricovero ospedaliero. In taluni casi – conferma il Dottor Costa – «ha un effetto calmante, che spesso fa evitare l’intevento farmacologico (la classica iniezione di valium in emergenza).