
L’effetto ‘nocebo’ del Covid-19
Di Anna Benedetto
Nonostante degli ampi lobi frontali che regolano le funzioni superiori e il pensiero cognitivo, e una maggiore densità di neuroni proprio in questa area, la nostra razionalità è limitata e di fronte alla paura perdiamo la lucidità. Siamo propensi quindi a farci influenzare piuttosto facilmente. Credere di aver contratto il Covid quindi è legato ad una serie di sintomi più ampia e severi di quelli in cui l’infezione era confermata da un test di laboratorio. I soggetti davvero positivi infatti riferivano in genere solo alterazioni di olfatto e gusto e una anosmia persistente.
La paura quindi funzionerebbe con un ‘effetto nocebo’ che ci fa percepire sintomi della malattia anche in assenza dell’infezione. Lo hanno constatato alcuni scienziati francesi che hanno riferito come quelli che si erano auto-diagnosticati il Covid riferivano anosmia persistente, difficoltà respiratorie, dolore toracico, palpitazioni e affaticamento a fronte di un indagine sierologica che si rivelava negativa.
Il gruppo di Lemogne ha esaminato i dati della coorte di Constances basata sulla popolazione. I partecipanti di età compresa tra 18 e 69 hanno completato un questionario, che includeva le domande: “Da marzo 2020, pensi di essere stato infettato da COVID-19?” e “Da marzo 2020, hai avuto qualcuno dei seguenti sintomi che di solito non avevi prima?”
Complessivamente, 35.852 persone sono state invitate a partecipare e 26.823 hanno completato i dati e sono state incluse nel sondaggio. L’età media dei partecipanti era di 49 anni e il 51% erano donne. Rispetto all’intera coorte di Constances, i partecipanti tendevano ad essere più anziani e uomini, con più istruzione, un reddito più elevato e una migliore salute dichiarata. C’erano 1.091 persone con un test sierologico positivo per SARS-CoV-2.
Nonostante alcuni limiti metodologici della ricerca, è evidente che al minimo sintomo anche lontanamente riconducibile al Covid molti si sono convinti di essersi ammalati e ogni segno fisico che potesse essere anche lontanamente associato ad una grave infezione virale è stato portato a favore della loro ipotesi. Si tratta di un errore ben noto in psicologia cognitiva, un bias che porta le persone a ricondurre segni ad una convinzione. E che durante la pandemia è stato amplificato dalla paura.