L’elisir della giovinezza scorre nel sangue

di Valentina Di Paola

Trasfusioni di sangue da donatori più giovani potrebbero contrastare gli effetti dell’invecchiamento nelle persone sane. Almeno questo è quanto suggerisce una corposa mole di studi pubblicati negli ultimi 15 anni. Tra questi, uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università della California a San Francisco, guidato dal neurobiologo Saul Villeda, si è concentrato sui meccanismi alla base di questo fenomeno, utilizzando modelli murini. In particolare, gli studiosi hanno provato a verificare le reazioni dei topi più anziani alle trasfusioni di sangue prelevato da esemplari più giovani. Stando a quanto scoperto finora, questa terapia porta a un’inversione della maggior parte degli indicatori dell’invecchiamento, ad esempio correggendo i segni dell’insufficienza cardiaca, migliorando la guarigione delle ossa, provocando una ricrescita delle cellule pancreatiche e accelerando la ricostituzione del midollo spinale. “Questa è una delle branche di ricerca più provocatorie degli ultimi decenni – afferma Villeda – il nostro lavoro mostra che l’invecchiamento, almeno per quanto riguarda le sue manifestazioni biologiche, non è inevitabile”.

Gli effetti dell’invecchiamento 

Raggiungere una veneranda età, osservano gli studiosi, sta diventando sempre più comune, specialmente nelle nazioni caratterizzate da redditi medi più elevati. Antibiotici, vaccini, misure di sanità pubblica e approvvigionamento alimentare costante stanno contribuendo ad aumentare l’aspettativa di vita. Il gruppo di ricerca spiega che le trasfusioni di sangue non rappresentano attualmente un’opzione percorribile per guadagnare preziosi anni di vita, ma i risultati ottenuti finora suggeriscono che alcuni fattori contenuti nel sangue potrebbero giocare un ruolo fondamentale nell’invertire l’invecchiamento. L’avanzare del tempo, in effetti, provoca conseguenze che interessano la maggior parte dei sistemi e degli organi, e l’idea di utilizzare il sangue per guarire determinate patologie è piuttosto antica: già nella Roma del I secolo Plinio il Vecchio descrive una pratica per cui alcuni malati affetti da epilessia assumevano il sangue dei gladiatori feriti. “Con il tempo – osserva Tony Wyss-Coray, docente di neurologia presso l’Università di Stanford – abbiamo iniziato a capire che il corpo umano non è un semplice assemblaggio di singole molecole, ma una macchina fisiologica incredibilmente complessa”. 

La fusione di due sistemi circolatori 

Villeda ha eseguito esperimenti per tre anni, raccogliendo prove sugli effetti derivanti dalla fusione di due topi tramite parabiosi eterocronica, una procedura chirurgica che consiste nell’unire i sistemi circolatori di due animali geneticamente molto simili. Nel 2011, il ricercatore ha pubblicato un articolo sulla rivista Nature https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3170097/ per descrivere i risultati del proprio lavoro. Dal documento emerge che l’intervento può portare a una serie di benefici, compresa la crescita da due a tre volte più efficace di nuove cellule neurali nel cervello dei topi più anziani, con una frequenza paragonabile a quella degli esemplari più giovani. Nel 2014, Villeda ha pubblicato un altro studio sulla rivista Nature Medicine https://www.nature.com/articles/nm.3569, dimostrando che il sangue degli esemplari più giovani poteva rimodellare le vecchie cellule nervose, migliorando significativamente l’apprendimento e la memoria dei topi anziani. Un team guidato da Amy Wagers, dell’Università di Harvard, ha riportato risultati simili sulla rivista Science. Altri centri di ricerca hanno avvalorato l’idea che la parabiosi potrebbe migliorare la funzione del cuore, delle ossa e di altri tessuti. “Credo ci siano molte informazioni nel sangue – sostiene Villeda – dobbiamo lavorare per decifrare il codice e comprendere quali fattori possano comportare questi effetti benefici”. 

Il rovescio della medaglia 

Nonostante la scarsità di prove a favore del fatto che la parabiosi eterocronica rappresenti un modo per estendere l’aspettativa di vita, molti enti e molte aziende hanno accolto con entusiasmo questa prospettiva. Il miliardario Peter Thiel, fondatore di PayPal, si è interessato attivamente alla possibilità di ricevere il sangue di donatori giovani per ritardare l’invecchiamento, mentre alcune imprese hanno iniziato a vendere plasma giovane. La Food and Drugs Administration ha provveduto a frenare tali annunci commerciali eccessivamente fuorvianti. “Tutti riconoscono che il sangue svolge un ruolo fondamentale – sottolinea Eric Verdin, CEO del Buck Institute for Research on Aging, che segue la parabiosi da vicino – ma dobbiamo ancora comprendere quali fattori siano coinvolti nell’invecchiamento. In questo modo si potrebbe ragionare su come sviluppare un farmaco adeguato”. 

Le prospettive future 

Il team di Villeda, nel frattempo, ha scoperto che una proteina chiamata CCL11, presente nei topi e negli esseri umani in tarda età, potrebbe essere correlata agli effetti benefici di una trasfusione di sangue giovane. Scrivendo sulla rivista Aging, Michael and Irina Conboy https://www.aging-us.com/article/103418, dell’Università della California a Berkeley, hanno eseguito degli esperimenti sostituendo metà del sangue di topi anziani con una miscela di acqua salata e albumina purificata, la proteina principale presente nel plasma, il che sembra aver portato a un ringiovanimento del cuore, del fegato e del cervello. Il prossimo passo contempla la possibilità di studi clinici sull’uomo. Nel 2020, Alana Horowitz, del laboratorio di Villeda, ha pubblicato un articolo sulla rivista Science https://www.science.org/lookup/doi/10.1126/science.aaw2622, descrivendo un esperimento in cui il plasma di topi più giovani è stato trasfuso in esemplari più anziani. La scienziata riporta miglioramenti nel cervello, nel fegato e nella produzione di alcuni enzimi, come GPLD1, presente anche nell’organismo umano. Risultati simili sono apparsi sulla rivista Nature Metabolism https://www.nature.com/articles/s42255-020-0190-0?proof=t%2529, in cui Thomas Rando dell’Università di Stanford insieme al collega Tony Wyss-Coray, ha scoperto che il siero prelevato da topi anziani che svolgevano attività fisica poteva contribuire a migliorare i sistemi responsabili della riparazione muscolare. Il team di Rando sta valutando gli effetti di un regime alimentare ricco di grassi e povero di carboidrati, mentre altri gruppi di ricerca sono interessati agli effetti dello stress fisico a breve termine. “L’idea di cercare nel sangue l’elisir della giovinezza – commenta Villeda – sembra quasi pseudoscienza, ma è un settore di ricerca davvero affascinante”. 

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