
L’inquinamento atmosferico aumenta il rischio di mortalità per Covid-19
di Valentina Arcovio
La qualità dell’aria può influire significativamente sulla prognosi dei pazienti ricoverati per Covid-19. Infatti, uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Science and Pollution Research mostra, per la prima volta in maniera diretta e con un approccio di epidemiologia clinica, che il rischio di mortalità in pazienti ospedalizzati per Covid-19 è associato a esposizione a inquinamento atmosferico da biossido di azoto (NO2), inquinante prevalentemente prodotto dal traffico veicolare e dal riscaldamento domestico alimentato da fonti fossili.
Lo smog causa alterazioni del sistema immunitario
L’esposizione a questo inquinante nelle settimane precedenti il ricovero è in grado di generare alterazioni del sistema immunitario, rendere più fragili le persone e di aumentare il rischio di mortalità in pazienti con polmonite Covid-19, in maniera indipendente dall’età. Lo studio è stato condotto dall’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e ha coinvolto un totale di 147 persone nel periodo antecedente la campagna vaccinale. “La ricerca – spiega il primo autore dello studio, Agostino Di Ciaula, presidente del Comitato Scientifico dell’International Society of Doctors for Environment (ISDE Italia) – dimostra che l’inquinamento atmosferico al quale si è esposti prima di contrarre l’infezione virale da SARS-COV-2 ha un ruolo di rilievo nel produrre alterazioni immunitarie che possono favorire l’infezione virale e condizionare il rischio di morte in pazienti successivamente ospedalizzati, soprattutto se fragili”.
La qualità dell’ambiente urbano influenza la gravità dell’infezione Covid-19
I risultati ottenuti direttamente dalla valutazione clinica di pazienti affetti da Covid-19 rafforzano ipotesi già formulate da studi precedenti di tipo epidemiologico e suggeriscono che l’inquinamento atmosferico può favorire l’infezione virale e condizionare un’evoluzione sfavorevole della malattia in pazienti costretti al ricovero. “Questa pubblicazione – precisa Piero Portincasa, docente dell’Università di Bari e Direttore della Clinica Medica A. Murri del Policlinico di Bari – conferma direttamente sui pazienti quello che in precedenza numerosi studi di tipo ecologico avevano indirettamente suggerito, cioè che la qualità dell’ambiente urbano è in grado di influenzare la malattia da Covid-19 e che misure di prevenzione primaria potrebbero significativamente ridurre la gravità dell’infezione, soprattutto in soggetti a rischio”. Infine, lo studio pugliese suggerisce che misure di prevenzione primaria finalizzate a ridurre l’inquinamento atmosferico, specie in ambito urbano, potrebbero significativamente ridurre la vulnerabilità individuale e la gravità dell’infezione, soprattutto in soggetti a rischio.