
Lo screening del genoma neonatale per potenziare e migliorare la diagnosi delle malattie rare: il futuro è oggi
di Barbara Hugonin
Le malattie rare rappresentano una delle sfide più complesse della medicina negli ultimi decenni, ed i metodi di indagine più avanzati vanno considerati come un valore aggiunto, nel ridurre i tempi di attesa e nel definire con precisione una diagnosi certa. Negli ultimi anni lo screening metabolico neonatale è diventato un vero e proprio esame salvavita, in molti Paesi del mondo, e l’Italia rappresenta un punto di riferimento, avendo esteso lo screening a tutti i nati sul territorio nazionale, per oltre 40 malattie metaboliche rare, e sostenendo diversi progetti pilota in alcune regioni (ad esempio la Toscana per la leucodistrofia metacromatica, il Lazio per la SMA). Lo screening metabolico neonatale (SNE) tuttavia non garantisce il rilevamento di alcune malattie rare, anche gravi, di cui si conosce però la mutazione genetica corrispondente.
Alcuni gruppi di ricerca internazionali¹ hanno iniziato a lavorare sulla possibilità di analizzare la sequenza del genoma neonatale, con la prospettiva di rilevare mutazioni genetiche note associate a malattie rare, alcune delle quali non manifestano i sintomi nei primi anni di vita del bambino ma un po’ più tardi, cosa che non rende sempre rapida la diagnosi e l’interpretazione dei sintomi.
Sulla rivista Pediatrics ³ è stato pubblicato uno studio originale condotto da diversi specialisti dei principali Centri di ricerca, dedicati alle malattie rare metaboliche e non, del Massachusetts e dove sono stati coinvolti 386 esperti, dei quali 238 hanno effettivamente partecipato, esponendo la loro opinione in merito alla possibilità di avvalersi della sequenza del genoma neonatale (NBSeq). La maggioranza degli esperti ha accolto positivamente l’idea di affiancare allo screening neonatale metabolico ( che misura la concentrazione nel sangue di alcune sostanze dette metaboliti) la sequenza del genoma neonatale, soprattutto per quelle malattie rare monogeniche di cui sono note le mutazioni e per alcune malattie metaboliche rare, che non sono inserite nel pannello dello screening metabolico ma di cui sono note le caratteristiche. Questa combinazione potrebbe migliorare non solo i tempi di diagnosi ma anche la qualità della vita del bambino nel corso degli anni, e l’efficacia di trattamenti sia per i sintomi ma anche per possibili cure definitive (pensiamo solo alla terapia genica e alle sue enormi potenzialità o alle terapie personalizzate).
Ovviamente questo tema ha sollevato molti confronti di tipo etico⁴ e anche pratico, ma pensiamo per un attimo a quanto sia stato rivoluzionario, a livello di salute pubblica, l’impatto dello screening metabolico neonatale, salvando e migliorando la vita di migliaia di bambini, nati con una malattia rara. Uno screening del genoma neonatale sarebbe in grado di potenziare ancor di più la diagnosi precoce, particolarmente per quelle malattie con esordio nei primi 5 anni di vita, migliorandone di gran lunga la prognosi. Nel Regno Unito è stato promosso questo screening (WGS) gratuito per circa 100mila nati su tutto il territorio, con l’idea di individuare alterazioni patologiche che si potrebbero trattare e che non possono essere diagnosticate precocemente in altro modo. Lo scopo non è quello di confliggere con test diagnostici fondamentali alla nascita, né di sostituirsi ad essi ma di elevarne la capacità e di avere come unico scopo il miglioramento delle prospettive di vita, di chiunque nasca con una malattia rara.
¹ https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9326745/
² https://www.genome.gov/Funded-Programs-Projects/Newborn-Sequencing-in-Genomic-Medicine- and-Public-Health-NSIGHT
³ Perspectives of Rare Disease Experts on Newborn Genome Sequencing
Nina B. Gold, MD1,2; Sophia M. Adelson, BA3,4; Nidhi Shah, MD5,6,7; et al., JAMA Netw Open. 2023;6(5):e2312231. doi:10.1001/jamanetworkopen.2023.12231
⁴https://www.nuffieldbioethics.org/blog/whole-genome-sequencing-in-newborns-benefits-and-risks