Maledetta colica, ma che cosa è davvero?

di Ida Macchi  

Scatta all’improvviso e avvolge in una morsa dolorosa l’addome, in preda a veri e propri spasmi che in un crescendo, alternato a brevi attimi di pausa che fanno sperare in una rapida risoluzione, in realtà non demordono:  è così che si manifesta una colica. Le colpe ? Eccessi o intolleranze alimentari, un colon troppo reattivo, o la presenza di calcoli, veri e propri sassolini che attraverso la colica l’organismo cerca, non sempre con successo, di eliminare. Ecco come riconoscere l’origine di questa crisi dolorosa e come intervenire, seguendo i consigli del professor Silvio Danese ,responsabile della Gastroenterologia e l’ Endoscopia digestiva dell’ospedale San Raffaele di  Milano  e della dottoressa Federica Furfaro , gastroenterologa dell’ospedale San Raffaele di  Milano.

Colica renale. 

E’ in agguato soprattutto tra i forti consumatori  di carne, latticini  arachidi, cioccolato, spinaci e sedano, alimenti particolarmente ricchi di calcio e acido ossalico. Questi sali minerali, se in eccesso, fanno virare il grado di acidità delle urine e, invece di essere escreti con la pipì, precipitano sotto forma di cristalli, aggregandosi e favorendo la formazione di calcoli. Rischi analoghi anche se si beve poco: l’organismo ha a disposizione pochi liquidi e il rene produce urine molto concentrate che facilitano l’aggregazione dei cristalli e la formazione di calcoli. La colica, caratterizzata da un dolore al basso addome che spesso si irradia alla schiena  (all’altezza dei reni) e ai genitali esterni , si manifesta proprio quando i calcoli imboccano l’uretere, il condotto che mette in comunicazione rene e vescica, nel tentativo di essere espulsi , cosa che può verificarsi se il sassolino è molto piccolo. Durante la colica, per alleviare il dolore si può ricorrere ai farmaci antispastici, ma successivamente è necessario essere certi che il colpevole sia stato effettivamente espulso con un’ecografia. Se non è così, in casi selezionati, se il calcolo è costituito da acido urico si può tentare di scioglierlo usando farmaci a base di allopurinolo; se invece ha dimensioni inferiori ai 3 centimetri (si tratta dei casi più frequenti) lo si può bombardare con onde d’urto emanate da un apparecchio specifico. Ridotto in frammenti, il calcolo viene poi eliminato spontaneamente dall’organismo attraverso le vie urinarie. Per evitare invece che i calcoli si riformino sì ad almeno un litro e mezzo di acqua al giorno e alla riduzione di alimenti troppo ricchi di calcio, acido ossalico e acido urico.

Colica biliare

E’ più frequente tra le buone forchette, in chi è in sovrappeso, ma anche in chi ha una predisposizione alla formazione dei calcoli della colecisti, la piccola sacca localizzata sotto al fegato in cui si raccoglie la bile, necessaria per la digestione dei grassi. I calcoli in questo caso sono costituiti da colesterolo, calcio e sali biliari che si cristallizzano e si compattano e attraverso la colica l’organismo cerca, senza successo, di liberarsene. Di solito la crisi scatta nel pieno della notte, o alle prime ore dell’alba: è caratterizzata da un intenso dolore sul lato destro dell’addome, o nella parte bassa dello sterno, da dove può irradiarsi alla schiena, raggiungendo addirittura scapola e spalla destra. Spesso si associano anche nausea e vomito e in alcuni casi, se l’ostruzione provocata dal calcolo si protrae a lungo, pelle e occhi possono diventare giallastri: questo avviene più frequentemente quando il calcolo è entrato nel coledoco, il tubicino che porta la bile nel duodeno. Al momento, per ridurre il dolore si possono usare antidolorifici come gli anti-infiammatori non steroidei (FANS) o un antispastico, ma poi per far chiarezza occorre eseguire un’ecografia dell’addome superiore, associata ad esami del sangue specifici per valutare gli indici infiammatori e quelli di funzionalità del fegato. Se il calcolo è unico, con un diametro inferiore al centimetro, non ancora calcificato e la colecisti è ben funzionante, si può  tentare di “scioglierlo” con farmaci da prendere per bocca a base di acido ursodesossicolico: vanno assunti per periodi molto prolungati (anche un anno), ma la percentuale di successo varia dal 40 al 60%. In tutti gli altri casi , invece, è necessario ricorrere all’asportazione chirurgica della colecisti . Contrariamente a quanto molti credono, non si rimuovono soltanto i calcoli lasciando il sacchetto che li contiene: ormai è un organo che non funziona più bene e inoltre è impossibile inciderlo e poi suturarlo per ridargli la sua naturale anatomia. Nei centri d’eccellenza l’intervento viene effettuato per via laparoscopica nella quasi totalità dei casi, in day surgery (o a volte con la degenza di 1 o 2 notti) e dura dai 30 ai 90 minuti.

Colica addominale 

Un’intolleranza al glutine o al latte vaccino è sufficiente per innescare una colica addominale che di solito si manifestano un paio d’ore dopo aver assunto gli alimenti che l’organismo non tollera. Per ridurre il dolore è possibile utilizzare degli anti-spastici, ma per risolvere il problema alla radice è necessario mettere in nota alcuni esami. Il ‘breath test’ è quello indicato per identificare l’intolleranza al lattosio, il principale zucchero del latte, e consiste nel dosaggio dell’idrogeno espirato prima e dopo l’assunzione di una tazza del bianco alimento. Se il test è positivo, poi occorre ridurre dalla dieta latte e formaggi, soprattutto freschi; quelli stagionati, come grana, pecorino, provolone e parmigiano , invece, hanno un contenuto di lattosio quasi nullo e possono essere tollerati. Nessun problema anche con lo yogurt,  meglio se al naturale, perché contiene batteri che digeriscono parzialmente il lattosio.  Per lo stesso motivo, ok anche ai prodotti caseari con il Lactobacillus acidophilus. Se c’è il sospetto di un’intolleranza al glutine, invece, occorre eseguire un esame del sangue per la ricerca di anticorpi specifici (antitransglutaminasi) e dosare le immunoglobuline A totali: se il test è negativo si tratta di sensibilità al glutine che nulla ha a che fare con la celiachia. Infatti, la riduzione dei cibi ricchi di glutine (il frumento, il farro, il kamut, l’orzo, la segale e l’avena) sono sufficienti per evitare la colica, mentre nella celiachia è consigliata una dieta gluten free. 

Stress, ansia , freddo & co

Anche stress, ansia, emozioni, ingestione di alcuni cibi o colpi di freddo possono portare a spasmi e dolori colici diffusi a tutta la pancia, ma soprattutto intorno all’ombelico. Sono i sintomi di una colica intestinale, più frequente tra chi soffre di colon irritabile, disturbo legato ad un’ alterazione dell’intestino che si muove in modo troppo lento o troppo accelerato, mandando così in tilt anche il normale equilibrio della  flora batterica. Risultato: coliche, ma anche la pancia gonfia come un palloncino e gli appuntamenti con il bagno disertati per colpa della stipsi, o velocizzati da inspiegabili attacchi di diarrea. La cura? Adottare ritmi di vita meno frenetici e riscoprire il piacere della lentezza. Soprattutto, mangiare con calma e masticare a lungo. No ai colpi di freddo alla pancia, sì a una regolare attività fisica  (bastano 20-30 minuti di camminata al giorno) e ad almeno un paio di litri di acqua al giorno: per ridare il giusto ritmo all’ intestino. Per risolvere in modo definitivo i disturbi , però, il medico può consigliare di testare, sotto il suo controllo, la sensibilità ai FODMAPS, per poi mettere a punto una dieta su misura. Si tratta di carboidrati che vengono assorbiti poco nell’intestino e che ne alterano la contrattilità e sono contenuti nel grano, nel latte e nei derivati, in molti frutti (pere, mele, cocomero, ciliege) e verdure (carciofi, cavolfiore, asparagi, cipolla, aglio, legumi) e nei dolci (miele, succhi di frutta, alcuni dolcificanti artificiali). La dieta, infatti, prevede una prima fase durante la quale per un paio di settimane si devono bandire da tavola i cibi più ricchi dei carboidrati “incriminati”, come piselli, ceci, soia, lenticchie, fagioli, fruttosio ,miele, grano, orzo e segale, per esempio. Poi, vanno reintrodotti una alla volta, compilando ogni giorno un diario alimentare, dove indicare i sintomi riscontrati: in questo modo, il medico può capire quali vanno ridotti dal menù per mettere definitivamente alle corde il colon irritabile e i suoi sintomi.   

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