
Crioconservazione: la banca della fertilità futura
Ida Macchi
Arrivare a 30-35 anni, desiderare una famiglia, ma non aver ancora trovato il compagno giusto per mettere al mondo un bebè e temere che l’orologio biologico della fertilità possa “perdere i colpi” proprio quando finalmente si deciderà di diventare mamme. La soluzione c’è ed è il “social freezing”, ovvero il congelamento a scopo precauzionale dei propri ovociti. Questa procedura, dapprima aperta alle donne con malattie oncologiche, prima di iniziare chemioterapie, oppure sottoposte a cure farmacologiche che interferiscono negativamente sulla salute dell’ovaio, oggi è a disposizione anche di quelle che, in coppia o single, desiderano preservare la propria fertilità per una gravidanza futura.
I vantaggi di questa scelta? Mettere da parte un piccolo patrimonio da utilizzare se, superati i 36 anni, quando la propria riserva ovarica subisce un ineluttabile declino, il concepimento sia per via naturale che con l’aiuto della fecondazione assistita diventa difficile. Oppure se, per realizzare il proprio desiderio di diventare mamma, non c’è che la chance della donazione eterologa di ovociti.
Per saperne di più ne abbiamo parlato con il dottor Marcello Amodei, endocrinologo esperto in fisiopatologia riproduttiva al Centro di Sterilità Alma Res di Roma.
ACCERTAMENTI PRELIMINARI
Quali sono i passaggi di questa procedura? “Prima di tutto, un’ecografia transvaginale da effettuare durante la fase mestruale e il dosaggio nel sangue dell’ormone antimulleriano” spiega il clinico “Serve a valutare la propria riserva ovarica perché, se scarsa, il social freezing rischia di tradursi in un insuccesso. Seguono esami del sangue per dosare alcuni ormoni (prolattina, tiroidei e gonadotropine) che possono segnalare disfunzioni in grado di interagire negativamente con la reattività delle ovaie alla procedura, altri che identificano eventuali malattie infettive a rischio (epatite B, C ed AIDS ) e quelli che segnalano se ci sono difetti della coagulazione che rendono controindicata la stimolazione ormonale. Sotto la lente degli accertamenti anche malattie genetiche misconosciute che potrebbero essere trasmesse alle cellule riproduttive: mutazioni identificabili nel sangue che depongono per una fibrosi cistica ed eventuali anomalie del patrimonio cromosomico, rilevabili con lo studio del proprio cariotipo. Infine, è previsto un pap test e un’ecografia del seno: per valutare se i farmaci ormonali utilizzati per il social freezing potrebbero metterne a rischio la salute. Come per qualsiasi altro tipo di intervento, vanno messi in nota anche un elettrocardiogramma ed esami del sangue di routine”.
STIMOLAZIONE ORMONALE
Se è tutto ok, si passa alla fase della stimolazione, utilizzando ormoni che inducono la crescita e la maturazione degli ovuli: se ne devono mettere da parte almeno 7-8 per avere un buon successo riproduttivo. I farmaci vanno iniettati per via sottocutanea (lo può fare anche la donna da sola), a dosaggi personalizzati, per circa 11-14 giorni. In questo arco di tempo la crescita e la maturazione delle cellule riproduttive viene monitorata dal ginecologo con una serie di ecografie e dosaggi ormonali. Quando i follicoli sono maturi, gli ovociti contenuti al loro interno vengono aspirati con un apposito ago, inserito per via vaginale e manovrato dal ginecologo sotto stretto controllo ecografico. La procedura dura circa 15-20 minuti e viene effettuata con una lieve sedazione. Nei giorni successivi la donna può riprendere la sua vita di sempre e la prima mestruazione compare, senza problemi, dopo circa 14 giorni.
SUBITO CONGELATI
Una volta aspirati, gli ovociti vengono valutati e sottoposti immediatamente ad un processo di ‘vitrificazione’, ovvero ad un congelamento rapido: inseriti in particolari dispositivi che vengono poi immersi in azoto liquido a -196°, dove possono rimanere anche per decenni. Insomma, non hanno una scadenza e, se utilizzati per la fertilizzazione in vitro, garantiscono un indice di successo di poco inferiore a quello garantito da ovociti “freschi”, appena prelevati da un’aspirante mamma. Il tutto è però subordinato all’età in cui la donna decide di effettuare il social freezing : se gli ovociti sono raccolti prima dei 35 anni, le possibilità di rimanere incinta sono pari al 50 %, percentuale che si riduce progressivamente se vi si ricorre più avanti negli anni. E’ comunque importante ricordare che crioconservare i propri ovociti non vuol dire che si utilizeranno necessariamente quelle cellule per diventare mamma: se la donna rimane incinta per via naturale, può decidere di donare gratuitamente il piccolo patrimonio riproduttivo che ha messo da parte.
DOVE E QUANTO COSTA
Il social freezing può essere effettuato nei centri di Procreazione Medicalmente Assistita di secondo e terzo livello autorizzati, ma privati (l’elenco completo è disponibile sul sito del Registro PMA, curato dal Istituto Superiore di Sanità, www.iss.it/rpma-dati-registro). Non si sono giuridicamente limiti di età per potervi accedere, ma prima lo si fa, maggiori sono le percentuali di successo per una successiva fertilizzazione in vitro. Il procedimento non è a carico del SSN e il suo costo si aggira sui 4000 euro a cui aggiungere le quote annuali di conservazione degli ovociti all’interno della banca.