Obesità: viaggio ai confini della malattia

di Anna Benedetto

Parliamo di obesità, ma cambiamo le prospettive” (Changing Perspectives: Let’s Talk About Obesity): è questo il messaggio scelto per celebrare oggi 4 marzo il #WorldObesityDay 2023 (giornata mondiale dell’obesità).

Se attualmente nel mondo 1 miliardo di persone (1 persona su 7) convive con l’obesità, il rischio è che nel 2035 la percentuale salga a 1 su 4, coinvolgendo fino a 2 miliardi di persone. Si tratta della più grave “epidemia non infettivadel terzo millennio, le cui proporzioni hanno portato nel 2000 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a coniare il termine “Globesity”. 

 

In Italia da qualche anno è in corso su più fronti una vera e propria battaglia per ridefinire, insieme a quello socio-culturale, anche i confini e l’approccio medico e terapeutico di questa patologia, per troppo tempo derubricata a “problema estetico” ed affidato esclusivamente alla “buona (o cattiva) volontà” di chi ne fosse affetto. 

A condurla qui in Italia è l’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, insieme a World Obesity Federation, SIO – Società Italiana dell’Obesità, Io Net – Italian Obesity Network, Open Italy, Obesity Policy Engagment Network, Amici Obesi, ADI – Associazione di Dietetica e Nutrizione Clinica, AMD – Associazione Medici Diabetologi, AME – Associazione Medici Endocrinologi, IBDO Foundation, SICOB – Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità, SID – Società Italiana di Diabetologia, SIE – Società Italiana di Endocrinologia, SIEDP – Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, SIMG –  Società Italiana di Medicina Generale.

«Quando parliamo di obesità – ha dichiarato il ministro della Salute, Orazio Schillaci – la prevenzione è la chiave di volta: investire di più per incoraggiare l’adozione di stili di vita salutari a partire da una corretta e sana alimentazione e dal contrasto alla sedentarietà. Iniziamo dalle scuole per diffondere la cultura della prevenzione».

Ma cosa deve fare chi ne è già affetto?

 

“Colpevole di obesità”

«Io ho 56 anni appena compiuti e ho vissuto tutta la mia vita colpevolizzandomi. Io per prima. Ho fatto un po’ di pace con me stessa solo da quando negli ultimi anni  anche la categoria medica si è resa conto che l’obesità è una malattia cronica».

A parlare è Iris Zani, Presidente di Amici Obesi Onlus, l’unica Associazione di pazienti che partecipa ai tavoli di lavoro dell’Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”.  

« L’ ho visto sulla mia pelle perché in questi vent’anni – prosegue – epoca in cui è nata  anche l’ Associazione, ero reduce da un intervento di chirurgia bariatrica, avevo avuto delle difficoltà, cercavo delle informazioni e non trovavo niente. In questi 20 anni di attività, in cui appunto la visione dell’obesità è cambiata , io ho continuamente perso e messo peso, perso e rimesso peso, sentendomi sempre una fallita. Fino a quando mi è stato spiegato che purtroppo, essendo una malattia cronica recidivante, è un percorso che noi faremo sempre. Nel senso che purtroppo possiamo avere dei buoni momenti, ma il nostro corpo non è fatto per rimanere magro. E quindi la consapevolezza che è una malattia è avvenuta quando ho fatto pace con me stessa e quando mi è stato detto “Guarda che dovrai lottare sempre”».

Iris Zani, Presidente Amici Obesi Onlus

«Il problema – conferma il Prof. Marco Antonio Zappa, Presidente della Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche (SICOB) – è che ancora oggi, anche dal medico di famiglia (MMG) e nella percezione della popolazione, l’obesità viene interpretata come un problema estetico. Non come una malattia. Quello che andiamo a curare è invece una malattia, con delle comorbidità associate importantissime, come il diabete, i problemi cardiovascolari, ortopedici e fisiatrici, respiratori. Un’altra cosa che non sottolineeremo mai abbastanza è il rapporto obesità-cancro. La frazione attribuibile alla popolazione (PAF) è di circa l’11% negli uomini e il 13%,5 nelle donne. Che tradotto significa che, se non ci fosse l’obesità, avremo l’11% in meno e il 13%,5 in meno di tumori, rispettivamente nella popolazione maschile e femminile. Il rischio di cancro all’endometrio nella persona obesa sale addirittura del 35%».

Prof. Marco Antonio Zappa, Presidente SICOB

Obesità: una malattia troppo “fraintesa” 

I Greci furono i primi a definire l’obesità una malattia ma, sebbene già Ippocrate avesse scritto che «la corpulenza non è solo una malattia in sé, ma il presagio di altre», essa resta tra le patologie più fraintese e sottostimate della storia.

L’obesità entra ufficialmente nella DNA del mondo Occidentale con la rivoluzione industriale. Fu inclusa per la prima volta nella Classificazione Internazionale delle Malattie (International Classification of Diseases – ICD) nel 1948.

Una notizia per troppo tempo ignorata, dai mass media e dalla maggior parte degli addetti ai lavori. Per decenni l’obesità è stata considerata una diretta conseguenza della scarsa volontà, legata esclusivamente a responsabilità, cattive abitudini e stili di vita dei singoli, lungi dall’essere considerata una malattia con molteplici aspetti fisiopatologici, quale realmente è. 

Nell’arco degli ultimi decenni c’è stato un impulso crescente verso il riconoscimento che l’obesità non costituisca solo fattore di rischio per altre malattie – come il diabete di tipo 2 – ma una malattia cronica a sé stante, spesso causa di altre comorbidità.

Se occorre attendere il 1997 perchè l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconosca l’obesità come una malattia cronica, in Italia questo riconoscimento arriva con l’approvazione unanime della mozione presentata in Parlamento soltanto il 13 novembre 2019.

Il 4 marzo 2021, in occasione dell’Obesity Day, la Commissione Europea ha emanato una direttiva in cui classifica l’obesità come una malattia cronica non trasmissibile recidivante ( non communicable disease – NCD), influenzata da fattori fattori genetici (in una percentuale variabile fra il 40 e il 70%), epigenetici, comportamentali, fisiologici, psicologici e sociali e a sua volta foriera di altre malattie non trasmissibili (come il diabete, le malattie cardiovascolari e il cancro). 

«Spesso – aggiunge Zani – c’è un marasma nella assegnazione e nel riconoscimento anche delle figure che devono prendere in carico il paziente. Mancano, ad esempio, figure come gli endocrinologi e diabetologi infantili. C’è bisogno che ci siano dei percorsi di cura molto più mirati, che informino il paziente. Spesso, soprattutto il paziente con obesità di I e II grado, non sa  bene a chi rivolgersi e vaga un po’ nel vuoto: non sa se andare da un biologo, un nutrizionista o un internista… La prima cosa da fare è chiarirgli questo, altrimenti un paziente difficilmente inizia un percorso di cura o – peggio – rischia di smarrirsi tra i vari tentativi».

 

Il paradosso delle cure

In che modo il retaggio di decenni di misunderstandings (involontari e non) su questa malattia, hanno influito sulle cure e sugli approcci terapeutici?

Lo stigma del “te la sei cercata” è così duro a morire anche in ambito medico-scientifico, tanto che al momento ricade anche sui costi e la rimborsabilità delle cure. 

Il paziente spesso affronta da solo un percorso di cura molto tortuoso ma anche oneroso. Lo stesso farmaco prescritto a costo zero per il paziente diabeteico, il liraglutide, per gli obesi è a pagamento. Il costo annuale del trattamento, a seconda dei dosaggi prescritti, varia da 1.777 euro a 2.666 euro. E attualmente l’unico Fondo Sanitario a rimborsarlo è il FAST (Fondo Assistenza Sanitaria Turismo).

Conferma Iris Zani: «È l’assurdità del Sistema Sanitario Italiano, che cura le comorbidità e non cura la causa. L’obesità provoca malattie cardiocircolatorie, il diabete ed altre patologie e, mentre le cure per queste sono gratuite, però l’obesità no. Ancora una volta è come se ti dicessero “Te la sei cercata tu e tu te la paghi!”. Anche per chi segue il  percorso bariatrico – spiega la Presidente di Amici Obesi Onlus –  solo l’intervento e la degenza sono gratis. Tutto il resto è a carico del paziente, compresi gli integratori che dovrà assumere a vita».

 

I “costi” sanitari del problema

Nonostante convivere con l’obesità risulti costoso per il paziente, i costi per il SSN di questa malattia sono ingenti anche se spesso calcolati per difetto, poichè spesso imputati ad altre comorbidità correlate. 

Oltre ai costi sanitari diretti (per ricoveri, farmaci e cure), devono essere valutati i costi indiretti dovuti alla ridotta produttività, comprese le giornate lavorative perse, invalidità e l’impossibilità di svolgere determinate mansioni, nonché l’aumento degli infortuni sul lavoro e del prepensionamento. Il costo sociale è quindi immenso e in alcuni paesi europei ammonta addirittura all’1% del PIL e al 6% della spesa di tipo sanitario.

 

Quando accedere alla chirurgia bariatrica

Le linee guida per la candidabilità di un soggetto alla chirurgia bariatrica vanno dai 18 i 65 anni di età con un BMI (indice di massa corporea) che deve essere  maggiore di 40,  oppure di 35 in caso di comorbidità con altre patologie che, presumibilmente, possono migliorare o guarire a seguito della notevole e persistente perdita di peso ottenuta con l’intervento (malattie del metabolismo, patologie cardiorespiratorie, gravi malattie articolari, gravi problemi psicologici, ecc.). Per essere candidati all’intervento i pazienti devono avere nella loro storia clinica un fallimento di un corretto trattamento medico (mancato o insufficiente calo ponderale; scarso o mancato mantenimento a lungo termine del calo di peso). In alcuni casi è possibile operare soggetti fino ai 73 anni. 

Da parte della SICOB è attualmente in corso una revisione delle linee guida, con l’intento di abbassare – solo in determinate condizioni – l’età in cui affrontare l’intervento chirurgico, per contrastare i casi di obesità più severi tra gli adolescenti. 

Per un paziente, approdare in un centro certificato SICOB per le cure dell’obesità signifca la garanzia di determinati standard come un’équipe interdisciplinare dedicata (chirurgo bariatrico, nutrizionista/dietista, psichiatra/psicologo, anestesista, endoscopista, chirurgo plastico, cardiologo, pneumologo, fisiatra, ecc.), che realizza per il paziente “un vestito su misura” per la sua patologia. E non sempre si tratta di soluzioni chirurgiche. 

Il successo con l’approccio chirurgico ha chiaramente decorsi ed obiettivi variabili, in relazione alle tecniche usate ed alla storia clinica di ogni paziente. Tendenzialmente viene determinato dalla perdita del 50% del peso in eccesso (ma in alcuni casi si arriva al 70%).

Anche sul brevissimo termine: molti pazienti entrano in ospedale che prendono l’insulina ed escono dopo 10 gg senza doverla più assumere.

«Il successo – aggiunge Zappa – non è solo vedere dopo 1 anno che il paziente ha perso peso, ma che ha perso peso ed è felice».

L’approccio interdisciplinare è la garanzia per un buon esito, anche secondo l’esperienza della Presidente di Amici Obesi, unitamente alla condivisione di esperienze tra i pazienti attraverso i gruppi di autoaiuto.

Secondo Zappa, che opera sia come chirurgo oncologico che bariatrico, esiste inoltre uno stigma anche tra gli addetti ai lavori che trattano questa categoria di pazienti: «Spesso operare un tumore dello stomaco su un paziente normopeso è molto più facile che fare un bypass gastrico in un paziente obeso. Ciononostante la chirurgia bariatrica è considerata di media complessità mentre quella oncologica viene considerata di alta complessità, benché il rischio operatorio su questa classe di pazienti sia spesso nettamente più alto, anche a causa di una serie di comorbidità strettamente legate all’aumento ponderale».

 

Il disegno di legge

L’auspicio di Amici Obesi, SICOB e degli altri stakeholders seduti al tavolo parlamentare, è quello di salutare il prossimo Obesity day, il 4 marzo 2024, con il riconoscimento effettivo della malattia e l’inserimento nei livelli essenziali di assistenza (Lea) e realizzare una rete organizzata di strutture pubbliche di centri di riferimento con un team multidisciplinare che possa trattare l’obesità da un punto di vista psicologico, nutrizionale, internistico, fisioterapico e chirurgico; in grado di seguire il paziente sul lungo termine.

Dal lato SICOB fondamentale, oltre a questi obiettivi, sarà inserire la chirurgia bariatrica nel PNE (Programma Nazionale Esiti che monitora gli interventi chirurgici) di Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Nazionali) ed il riconoscimento dell’alta complessità agli interventi di chirurgia bariatrica. Un riconoscimento fondamentale anche a livello medico-legale. 

 

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