
Occhio alla pressione
Ida Macchi
Pressione sanguigna alle stelle, mal di testa martellante, nausea e visione offuscata: è così che si manifesta la preeclampsia, un disturbo della gravidanza che coinvolge circa l’1% delle future mamme, dalla ventesima settimana in poi. Anche tra quelle che sino a quel momento hanno avuto un’attesa senza problemi e senza segni che facessero presagire complicanze. Proprio per questo, è importante tenere alta la guardia e seguire semplici regole preventive: riducono i rischi che la malattia si manifesti e, se nonostante tutto si fa strada, la identificano sul nascere, evitando che procuri problemi alla salute materna e a quella del piccolo in arrivo. E’ quanto suggerisce anche un piano strategico appena pubblicato di recente sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology che indica quali sono i passi da seguire.
NON SOLO IPERTENSIONE
“Di solito, in gravidanza la pressione arteriosa si abbassa lievemente perché la circolazione del sangue diventa più ampia, così da “coprire” anche i vasi della placenta che nutrono e ossigenano il piccolo”, spiega la professoressa Stefania Piloni, ginecologa e docente di fitoterapia all’Università di Milano. “A volte però può innalzarsi: minima al di sopra dei 90 e massima oltre i 140, prima spia di un’ipertensione che può evolvere ulteriormente nella preeclampsia. In questo caso, nelle urine della futura mamma si accumulano anche proteine (in quantità superiori ai 300 milligrammi nella pipì delle 24 ore), segno che la funzionalità dei reni è alterata. No solo: è facile che piedi e caviglie si gonfino e che l’edema non si riduca con una notte di riposo. Le cause della preeclampsia non sono ancor oggi note, ma la malattia è più frequente in quelle donne che hanno vasi sanguigni predisposti a restringersi in una sorta di spasmo: questa contrazione aumenta la resistenza delle pareti di tutte le arterie al passaggio del sangue e la pressione è destinata ad innalzarsi e, se non controllata e riportata a valori normali, rappresenta un rischio. In agguato per la donna: distacco di placenta, insufficienza renale, cardiomiopatia o addirittura arresto cardiaco. Per il piccolo, invece, ritardo o arresto di crescita, parto pretermine con un cesareo, oppure una grave sofferenza fetale che può essere addirittura fatale”.
PIU CONTROLLI PER LA PREVENZIONE
Per ridurre questi rischi, perciò, oltre ai controlli della pressione previsti di routine durante le visite ginecologiche, è bene intensificare il monitoraggio anche con quelli a domicilio: “una volta al mese nel primi 4 mesi di gestazione, con scadenza bisettimanale o addirittura settimanale dalla venticinquesima settimana in poi”, suggerisce la professoressa Piloni. “E poi, è importante effettuare un esame delle urine ogni mese: permette di identificare la cosiddetta proteinuria, ovvero la presenza di proteine nella pipì, tra i primi campanelli d’allarme della malattia. In questo caso, può essere prescritta anche una flussimetria, un controllo ecografico delle arterie che irrorano l’utero che permette di verificare sin dalla ventesima settimana se la placenta è poco vascolarizzata, dato che conferma ulteriormente la malattia”. Il piano suggerito dagli specialisti americani prevede anche l’assunzione di salicilati a basso dosaggio per quelle donne che mostrano un iniziale squilibrio della pressione arteriosa e una proteinuria, mentre suggeriscono a quelle che già prima della gravidanza sono in cura per il diabete o l’ipertensione di non interrompere le terapie: le due malattie aumentano il rischio di soffrire di preeclampsia. “Può essere utile anche ricorrere alla somministrazione di calcio e magnesio: i due sali minerali prevengono eventuali spasmi delle arterie che facilitano gli innalzamenti pressori”, aggiunge la professoressa Piloni. “Per tutte, ovviamente, la prevenzione è affidata anche ad un corretto stile di vita: no al fumo, sì ad una dieta mediterranea perché è povera di proteine animali e non mette sotto carico i reni, sì all’ esercizio fisico ( 20 minuti al giorno di camminata) primo antidoto per tenere a bada la pressione e ad un sonno di almeno 7 ore a notte che evita innalzamenti del cortisolo, ormone che a sua volta facilita aumenti pressori”.
RELAX e NIENTE STRESS
Se la malattia si manifesta, però, è importante che la futura mamma si astenga dal lavoro: “la gravidanza è a rischio e per legge è previsto che le sia concesso un congedo, in modo che possa affrontare i mesi che la separano dal lieto evento con un monitoraggio più serrato e, soprattutto, senza inutili stress, fisici e psicologici”, sottolinea la ginecologa.” Non esistono cure specifiche per la preeclampsia e, se la gestazione ha già raggiunto le 34 settimane, “la cura” più adeguata è quella di far nascere il piccolo: è sufficientemente maturo per affrontare la vita al di fuori dell’utero, dove il suo benessere non è più garantito. Se le condizioni di salute della mamma e del piccolo sono buone, il parto avviene per via naturale. Dopo il lieto evento, la preeclampsia scompare da sola e la salute della donna non corre più alcun rischio. In genere i valori della pressione tornano normali al massimo nel giro di 6 settimane. Se questo non succede, significa che la neomamma soffriva di ipertensione ancor prima di rimanere incinta, senza saperlo”.