
PERCHE’ NON TUTTI I FUMATORI SI AMMALANO DI TUMORE AL POLMONE
di Ida Macchi
Ormai è un dato certo: il fumo è il maggior fattore di rischio per il tumore al polmone, tanto che l’American Lung Association afferma che circa il 90% di queste neoplasie è dovuto alle sigarette. E le conseguenze in numeri sono da bollettino di guerra: solo in Italia, nel 2021 si sono registrati ben 34 mila decessi per tumore al polmone, cifra ben superiore a quelle legate ad altri big killer, come il tumore del colon retto e quello della mammella per un totale di circa 80mila decessi fumo-correlati ogni anno. Nonostante ciò, solo il 10-20 % dei fumatori ne rimane vittima ed è naturale chiedersi come mai non tutti quelli che fumano si ammalino. La risposta sembra fornirla una recente ricerca dell’ Albert Einstein College of Medicine, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature Genetics: a prevenire o limitare i danni delle bionde, affermano gli studiosi, potrebbero intervenire meccanismi genetici di riparazione del DNA delle cellule polmonari che le proteggono da quelle mutazioni a rischio che possono far da anticamera al tumore.
Due gruppi a confronto
Gli studiosi, attraverso una broncoscopia effettuata per ragioni non legate al fumo, hanno prelevato e sequenziato l’intero genoma di campioni di cellule epiteliali che rivestivano i polmoni di 33 partecipanti: 14 con un’età tra gli 11 e gli 86 anni di età che in vita loro non avevano mai messo una sigaretta in bocca e 19 con un’età compresa tra i 44 e gli 81 che avevano invece il vizio delle bionde. I fumatori sono stati inoltre classificati in base al “pack year”, ovvero al numero di pacchetti di sigarette che fumavano nel corso di un anno, mai inferiore a 116. Risultato: si è visto che le cellule epiteliali dei non fumatori accumulavano mutazione con l’avanzare dell’età, ma le alterazioni legate all’invecchiamento in quelle dei fumatori erano decisamente maggiori e s’innalzavano via via che aumentava il numero di anni di schiavitù dalle bionde. Insomma, una conferma inequivocabile che fumare e farlo per più anni di seguito aumenta l’eventualità di andare incontro ad un tumore polmonare.
Non per tutti
La sorpresa, però, è stato scoprire che in alcuni dei partecipanti la progressione delle mutazioni si interrompeva dopo 23 anni di fumo interrotto e che i fumatori più accaniti con un ‘pack year’ alle stelle non avevano il più alto numero di alterazioni cellulari a rischio, come si poteva ipotizzare. Come mai ? Probabilmente, concludono i ricercatori, per motivi genetici “i fortunati” sono dotati di meccanismi di riparazione che, nonostante il fumo, correggono le alterazioni, impedendo loro di accumularsi. La scoperta perciò, potrebbe aprire la strada alla messa a punto di test genetici per valutare le capacità di ogni individuo di poter contenere o eliminare i danni del DNA delle proprie cellule polmonari e valutare così qual è il rischio personale di andare incontro ad un tumore.
Nessun alibi
Questa scoperta, invece, non è l’alibi per fumare, sperando che madre natura ci abbia dotato di una genetica favorevole. Non solo: le maggiori associazioni oncologiche suggeriscono ai fumatori over 55 e agli ex fumatori che abbiano fumato per almeno 30 anni, di sottoporsi ad uno screening per la diagnosi precoce del tumore del polmone, sottoponendosi ad tac spirale a basso dosaggio senza mezzo di contrasto, capace di identificare eventuali anomalie, sul nascere. Questo carcinoma, infatti, dà segni di sé quando è troppo tardi: tosse stizzosa, sangue nell’espettorato e difficoltà a respirare che possono segnalarlo, compaiono quando il nodulo è già grande. E poi, non va dimenticato che, oltre al polmone, il fumo ha come bersaglio l’apparato cardiovascolare: accelera l’aterosclerosi e quindi aumenta l’eventualità di andare incontro ad infarto e ictus. Non solo: è il principale fattore di rischio per le malattie respiratorie non neoplastiche, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), attacchi di asma e infezioni respiratorie ricorrenti. Insomma, anche se siamo tra quelli con una genetica che gioca a nostro favore, meglio non mettere mai in bocca una prima sigaretta, o farla finita al più presto se siamo già schiavi delle bionde.