
POSSIBILE “SMETTERE PER CASO”? L’ECIG COME STRUMENTO STRATEGICO DI CESSAZIONE
di Anna Benedetto
L’uso della sigaretta elettronica pare possa spingere anche dei fumatori di lungo corso, inizialmente non motivati a smettere, a diventare fumatori intermittenti o addirittura a prendere in considerazione l’idea di smettere di fumare del tutto le sigarette tradizionali.
Ad attestarlo lo studio americano Population Assessment of Tobacco and Health (PATH) Study, finanziato dal NIH, condotto dal 2014 al 2019 su un campione di 1600 fumatori. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Jama Network Open lo scorso fine dicembre.
I risultati dello studio
Nel complesso il 28% di coloro che hanno iniziato l’uso quotidiano di sigarette elettroniche ha poi interrotto le sigarette regolari, rispetto a un tasso di abbandono del 5,8% per coloro che non hanno mai usato prodotti di vaping con nicotina.
A conferma di questi dati, circa il 46% di coloro che hanno usato le sigarette elettroniche diventano fumatori intermittenti (cioè hanno smesso di fumare sigarette tradizionali quotidianamente), contro il 10% dei fumatori che hanno evitato l’uso di sigarette elettroniche durante il follow-up.
Tuttavia solo il 2,4% dei partecipanti allo studio ha deciso di iniziare a usare le sigarette elettroniche quotidianamente dopo aver aderito. Un altro 6,2% le ha usate in modo irregolare, e questo gruppo non ha mostrato tassi significativamente più alti di interruzione completa del fumo o di fumo non quotidiano rispetto a coloro che non hanno usato prodotti di svapo.
Concludendo, lo studio dimostra che le sigarette elettroniche sono un valido strumento di cessazione dal fumo ma è al tempo stesso anche la riprova che la stragrande maggioranza dei fumatori che dicono di avere intenzione di continuare a fumare fanno esattamente questo.
Questi dati avvalorano la linea “morbida” sempre più sostenuta da comunità scientifica, ex fumatori ed addetti ai lavori che una strategia di riduzione dei danni correlati al fumo da sigaretta sia alla lunga più producente della linea “dura” del divieto assoluto.
In questa nuova ottica la prassi raccomandabile per uscire da una dipendenza più dannosa sarebbe proporre l’uso dei nuovi dispositivi alternativi alle sigarette tradizionali.
Anche secondo l’Airc, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, la sigaretta elettronica può essere utile per controllare la dipendenza da nicotina dei fumatori, perché permette di evitare il catrame e i molti gas tossici contenuti nel fumo di pipa, sigari e sigarette, esponendo a rischi più limitati. L’uso dei vaporizzatori personali in alternativa al fumo di sigaretta consente di salvare ogni anno dalla morte 83.000 persone in Italia, 700.000 in Europa, 6.000.000 nel mondo (OMS).
Il passo avanti della Sanità Inglese
La Sanità inglese ha recepito già da tempo questo messaggio promuovendo campagne antifumo che veicolano l’uso della sigaretta elettronica: qui i medici di base consigliano la sigaretta elettronica ai propri pazienti per smettere di fumare, i centri antifumo forniscono informazioni puntuali ai loro sportelli ed alcuni ospedali ospitano dei vaping shop al loro interno (General Hospital di Sandwell e il City Hospital di Birmingham).
Coerentemente il Regno Unito sta per diventare il primo paese al mondo a prevedere da parte del sistema sanitario nazionale la prescrizione delle sigarette elettroniche come “presidio medico” per aiutare i fumatori a smettere. Si attende solo l’approvazione ufficiale del National Institute for Health and Care Excellence (NICE).
Secondo Matt Ridley, parlamentare inglese, biologo e autore scientifico, sarebbe merito di questa strategia se “La Gran Bretagna ha il tasso di fumatori pro capite più basso tra tutti i Paesi del G7 grazi ai prodotti a rischio ridotto e all’approccio adottato dal governo Cameron con una regolamentazione più flessibile”.
Prosegue Ridley: «Pensiamo ai vaccini, che comportano alcuni rischi che sono tuttavia nettamente inferiori rispetto a quelli del Covid: lo stesso discorso si può applicare al vaping, che rappresenta una soluzione meno dannosa rispetto alle attuali alternative, ma che molte autorità sanitarie hanno deciso comunque di vietare». Secondo il parlamentare inglese le innovazioni come quella rappresentata dalla sigaretta elettronica sono spesso oggetto di stigma da parte dalla popolazione (ma anche di importanti stakeholders del settore). Alla radice di questo atteggiamento ci sarebbero, secondo Ridley, tre fattori: una componente precauzionale contro rischi che non si conoscono bene, un “odio generalizzato” verso tutto ciò che viene associato alla nicotina e un approccio “sbagliato” che porta a considerare i problemi come “paure da stroncare, e non come nodi da risolvere. Sembrerebbero avvalorare questo ragionamento gli esiti della Conferenza delle Parti della Convenzione quadro dell’OMS per il controllo del tabacco (FCTC), svoltasi a porte chiuse lo scorso novembre 2021 a Ginevra. La FCTC ha deciso infatti di negare alle organizzazioni di consumatori di prodotti a rischio ridotto lo status di osservatori ed ha rimandato alla prossima Conferenza delle parti la discussione sui “nuovi ed emergenti prodotti”, nonostante la lettera aperta che cento esperti indipendenti in scienza e politica del tabacco e della nicotina avevano inviato ai capi delegazione dei Paesi della Cop9 per sensibilizzarli sulla “harm reduction” e sollecitarli a fare pressioni sull’Oms.