
QUANDO CAVALLI E QUANDO ZEBRE, IN MEDICINA LA SOLUZIONE NON SEMPRE E’ LA PIU’ SEMPLICE
Di Johann Rossi Mason
Il dott. Theodore E. Woodward (1914 – 2005), medico e ricercatore statunitense, ripeteva ai suoi studenti una frase ormai celebre: “Se stai camminando per strada e senti un rumore di zoccoli dietro di te, non voltarti aspettandoti di vedere una zebra. Aspettati un cavallo”.
Gli studenti alle prese con un caso clinico erano così invitati a pensare per prime alle patologie più frequenti (e quindi statisticamente più probabili), piuttosto che a quelle più improbabili “esotiche”. Processo che fa parte della cosiddetta diagnosi differenziale, ossia l’analisi dei sintomi per arrivare alla definizone del disturbo. Ovviamente tutto deve essere correlato alla situazione specifica: al Bioparco sarà più probabile che il rumore di zoccoli sia quello delle zebre, mentre nel centro di Roma saranno probabilmente quelli dei cavalli che trainano le carrozze o delle forze dell’ordine.
Guglielmo da Baskerville, il frate “investigatore” protagonista del romanzo Il nome della rosa(1980) di Umberto Eco, interpretato da Sean Connery nell’omonimo film del 1986 di Jean-Jacques Annaud. L’investigatore arriva più velocemente alla verità, vagliando per prime le ipotesi più semplici:
E ancora prima “Pluralitas non est ponenda sine necessitate” (Non considerare la pluralità se non è necessario) era il motto del filosofo inglese Guglielmo di Ockham il cui principio è stato definito il ‘rasoio di Occam’ probabilmente per la logica tagliente e affilata che evoca.
Se tutto fosse così semplice probabilmente i medical drama non avrebbero così successo, perché il plot delle storie spesso ruota attorno alle indagini simile a quelle poliziesche che portano a svelare una patologia, meccanismo che ha determinato il successo del Dottor House e più di recente la serie italiana DOC.
Me siccome le zebre non sono una invenzione ed esistono, non bisogna metterle completamente da parte a meno che non si sia in vacanza in Somalia, Kenia o Etiopia. I simpatici equini a strisce possono essere tenuti in considerazione quando si siano scartati tutti i cavalli. Mi spiego meglio: quando la diagnosi è quella di una malattia rara, ecco che si può prendere in considerazione una ipotesi diagnostica inconsueta. A questo proposito sul sito web del National Organization of Rare Disorders https://rarediseases.org/ appare proprio una zebra che indossa gli occhiali da sole e una con un berretto da infermiera. L’idea è venuta all’artista californiana Heather Gauthier che ha così interpretato la bellezza e la speranza che le persone con malattie rare cercano nelle loro esistenze.
“Partendo dalla mia esperienza e dai contatti col mondo delle malattie rare, spesso avere la diagnosi è un modo per essere “ prese sul serio”( soprattutto per le donne) . Patologie anche gravi vengono trattate come se fossero stress, nervoso, disturbi psicosomatici, la risposta somministrata di default quando il medico non trova una causa organica comune. In questi casi, la diagnosi è un ‘riconoscimento’. E in genere ti permette di individuare una comunità di simili con i/le quali confrontarsi” ha commentato la giornalista scientifica Paola Emilia Cicerone, autrice di Cecità clandestina https://www.amazon.it/Cecit%C3%A0-clandestina-Paola-Emilia-Cicerone/dp/8898019084 che si basa su un evento che le è accaduto personalmente e che l’ha portata ad una estenuante ricerca del nome del disturbo che ha cambiato la sua vita per un certo periodo.
La diagnosi è un elemento fondamentale per il paziente, anche quando non c’è una cura, un disturbo deve avere nome e cognome per essere reale.
Ecco allora cosa ci ha detto Giuseppe Belleri, medico e sostenitore della filosofia Slow Medicine (www.slowmedicine.it)
“Il bisogno di una etichetta diagnostica ha certamente una funzione di rassicurazione e di razionalizzazione rispetto ad un’esperienza estraniante, di incertezza esistenziale e di messa in discussione della propria identità e relazionalità come quella della malattia. L’ “etichetta” si colloca su due livelli: la definizione del problema, che non sempre è immediata e agevole, come primo passo per arrivare alla vera e propria diagnosi clinica codificata dal sapere medico, in termini fisiopatologici e nosografici. Il problema è che non è affatto scontato che si passi dal primo livello, diciamo “fenomenologico”, al secondo nosografico, precondizione per una terapia razionale perché spesso resta indefinita la natura del problema, come ad esempio in caso di ipocondria, depressioni sotto-soglia o somatizzazioni. Nelle malattie rare, ad esempio, servono a volte anni ed iter accidentati per arrivare alla vera diagnosi, scanditi da etichette posticce e di comodo, tanto per dare un nome all’ignoto. Il guaio è che in una percentuale non indifferente di casi proprio non c’è verso di appiccicare una diagnosi e i sintomi restano medicalmente inspiegati. La sigla per questi sintomi orfani di diagnosi è MUS, ovvero non-malattie spesso di natura “funzionale” come si diceva un tempo, che sono rompicapi diagnostici e terapeutici, fonte di frustrazione per medici e assistiti e fanno la gioia di omeopati e alternativi vari che una terapia/placebo la trovano comunque”.
In un mare di cavalli, bisogna guardare bene per scorgere le zebre, ma ci sono. L’invito ai medici è di allenare la propria capacità di osservazione e la curiosità per tutto ciò che è inconsueto e per le persone che hanno bisogno di una diagnosi. Spesso infatti trascorrono anni in pellegrinaggi e visite che li lasciano delusi e frustrati.
Da noi se ne parla poco ma a livello europeo e americano sono state prodotte diverse linee guida sui MUS, che comprendono sintomi vaghi, aspecifici e spesso enigmatici, compresi in questa lista:
- stanchezza cronica e faticabilità eccessiva;
- disturbi del tono dell’umore, stress
- mani e piedi sempre freddi;
- insonnia, ansia e apatia;
- attacchi di panico e depressione;
- fame eccessiva e/o inappetenza
- acidità, senso di pienezza, gonfiore dopo i pasti;
- aumento della frequenza cardiaca e della contrattilità miocardica (palpitazioni);
- sudorazione eccessiva e vasodilatazione;
- diminuzione della libido e del desiderio sessuale;
- calo delle capacità di concentrazione e della memoria;
- stitichezza cronica, colon irritabile (alternanza di stipsi e diarrea).