“Come d’aria” di Ada D’Adamo: la recensione di Mohre

di Anna Benedetto

Un libro che si legge d’un fiato ma pesa come un macigno.

“Come d’aria” di Ada D’Adamo appena uscito è già un caso letterario:  vende subito 25mila copie, che sono diventate 120mila dopo la vittoria del premio Strega, assegnato postumo lo scorso 6 luglio e ritirato dal marito della scrittrice. 

Il libro sta per essere pubblicato in Francia, Germania, Spagna, Brasile, Grecia e Croazia.

Ada D’Adamo muore l’1 aprile 2023: aveva saputo della sua candidatura allo Strega l’ultimo giorno della sua vita. 

La genesi del libro comincia nel lontano 2008, con una lettera scritta dall’autrice a Corrado Augias e pubblicata su Repubblica in una rubrica destinata alle lettere dei lettori, dal titolo “Adoro mia figlia ma avrei scelto l’aborto.

Come nell’incipit del libro, Ada parla di Daria, la sua figlia “d’aria”, in quanto non conoscerà mai la legge di gravità, perchè affetta da oloprosencefalia (HPE): una malformazione cerebrale congenita che, dalla nascita, l’ha resa invalida totale, ipovedente con impossibilità a parlare, muoversi e stare dritta. 

 

Una storia di resilienza e di riflessione

“Come d’aria”, è insieme un testamento ed una “autopsia” psicologica

Quella condizione che Italo Calvino, nella chiusa delle Le Città Invisibili aveva sintetizzato con il «cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio». E attraverso l’aria, appunto, farlo arrivare a tutti coloro che ne hanno e ne avranno bisogno.

Perchè chi ha subito un danno nella vita può decidere di restare all’Inferno oppure di far passare un po’ di luce attraverso le crepe. Si ha bisogno di poter godere delle gioie proprie ed altrui – senza che ad esempio l’amica sparisca nascondendoti la sua gravidanza, perchè fortunatamente procede sana. talvolta si ha anche il diritto di avvalersi di una ironia spietata, persino in ospedale, ribattezzando “omino Michelin” un bimbo con un cancro al cervello,  testa rasata e gonfio di cortisone, che in un reparto di ospedale fa i compiti mansueto aspettando la morte, per non far preoccupare troppo sua mamma “Morticia”.

 

Abbracciando la realtà dei caregiver

Di fronte al dolore si scappa via. D’Adamo le chiama le  «truppe della Grande Fuga», che avevano iniziato già ad ingrossare le fila subito dopo il parto di sua figlia. Ed è qui che inizia l’autopsia.

Si comincia della propria anima, con tagli, squarci e sezioni chirurgiche che portano un genitore, anzi “la mamma”, di un disabile grave a dover fare i conti non solo con il “dopo di noi” ma, fin da subito, con il pensiero che l’aborto terapeutico avrebbe potuto essere una terapia estrema di “prevenzione del dolore”, inflitto ad una intera famiglia e ad una comunità. 

E poi c’è l’altra comunità di medici, parenti ed amici, che alla lunga lascia da soli o addirittura giudica le famiglie di quei “bambini speciali”, abbandonandoli nel loro groviglio di amore e disperazione.

Per non parlare delle figure istituzionalizzate che dovrebbero essere “di sostegno” e che arrivano invece, come docce fredde, al primo giorno delle elementari: «No, signora, io a sua figlia da bere non glielo do, perché se poi l’acqua le va di traverso finisco in galera». Sono quelli i giorni in cui quella che dovrebbe essere l’euforia per un nuovo inizio viene sostituita, nell’agenda del genitore caregiver, da una settimana di fondata ansia anticipatoria.

Chi scrive non nasconde nemmeno la solitudine percepita da parte del proprio stesso marito – Alfredo, «spalle larghe, mani di roccia» – il cui nome pure campeggia nella dedica del libro. 

È il paradosso dei caregiver, affrontato sporadicamente in alcuni approfondimenti giornalistici come nell’intervista di Salvaggia Lucarelli  ad un’altra madre di un bimbo con una malattia rara.

Bene che vada, intorno ad un disabile, quotidianamente gravita un nucleo di persone che non possono invecchiare, né ammalarsi. Se non che – essendo umani – si ammalano, come spesso anche le relazioni che li legano. 

Anche quando la coppia non scoppia e riesce a trovare un nuovo equilibrio, i prezzi individuali possono essere assai salati. 

 

Se il corpo si ammala

Altra protagonista del libro è la malattia (ed il corpo) di Ada

Corpo che originariamente è quello di una ballerina, nata per volteggiare sui palchi e vincere, anche lei a suo modo, la legge di gravità.

Ma basta una ecografia, un controllo saltato, quell’anno in cui Daria è stata sottoposta a più interventi ed ospedalizzazioni del consueto, perché anche il corpo inizi a sabotarsi. 

La diagnosi tardiva è di cancro metastatico alla mammella. Il dramma per Ada non è tanto la diagnosi, quanto l’inizio della scissione del suo corpo di madre da quello della figlia, di cui dalla nascita è sempre stato prolissità. 

Prima attraverso un busto che intorno al suo corpo erige un cancello e l’impossibilità di prendere di nuovo in braccio quello di Daria, così inerme, bisognoso ed assuefatto al contatto fisico. E poi con tutte le distanze imposte dalle terapie, le cure palliative e la progressiva perdita delle funzioni a cui destina una malattia mortale. 

Anche in questo frangente, la D’Adamo non si/ci risparmia, regalandoci un’antologia del suo teatro e degli artisti di riferimento che hanno coraggiosamente messo in scena “corpi anomali”, come quello della performer e attivista Chiara Bersani.  Lei che, in epoca di pandemia, aveva sollevato l’attenzione sulla narrazione tossica della disabilità e sull’occasione mancata che il Covid ci aveva donato per ri-considerare la fragilità (di tutti).

 

L’eredità di Ada

Del resto anche la “lezione non-lezione” di Ada D’Adamo arriva postuma. 

In una toccante intervista rilasciata dal marito Alfredo Favi, egli racconta che le uniche istruzioni per proseguire nella cura di loro figlia, Ada gliele ha fatto trovare sotto forma di 2 file nel computer. Uno aveva il titolo la parola “Vita” e conteneva tutti gli indirizzi e i numeri di telefono delle persone che potevano essere utili per assistere Daria. L’altro si chiamava “Morte” e conteneva solo una poesia.

Al resto del mondo ha consegnato “Come d’aria”. E non è poco.

Grazie, Ada.

https://mohre.it

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