
Retatrutide: una nuova promessa contro l’obesità
Ida Macchi
Ottenere gli stessi risultati garantiti dalla chirurgia bariatrica con i farmaci: è l’ultima frontiera per trattare l’obesità, un problema ormai dilagante in tutto il mondo. Liraglutide e semaglutide hanno aperto questa nuova strada, ma ora a dare un’ulteriore speranza a chi lotta contro un peso corporeo eccessivo e ad alto rischio per la salute si affianca un nuovo principio attivo: è la retatrutide, che promette di contrastare in modo ancor più efficace l’obesità. Lo dimostra uno studio di Fase 2, condotto da ricercatori dell’Università di Yale e della Harvard Medical School, che ne ha valutato efficacia e scurezza. I risultati, presentati all’ultimo congresso dell’American Diabetes Association e pubblicati sul New England Journal of Medicine, sono effettivamente più che incoraggianti.
Calo ponderale sino al 24, 2%
“Il farmaco è stato testato su 338 adulti con un indice di massa corporea superiore a 30 kg/m2 ( obesità almeno di primo grado) o compreso tra 27 e 30 kg/m2 (purché in presenza di una complicanza legata all’obesità) che sono stati poi suddivisi in diversi gruppi per valutare le variazioni nelle risposte a differenti dosaggi del farmaco (da 1 a 12 milligrammi), somministrato una volta alla settimana attraverso un’iniezione sottocutanea”, spiega Caterina Conte, professore associato di medicina interna all’Università San Raffaele di Roma. “Gli effetti sulla perdita di peso sono poi stati valutati dopo 24 e 48 settimane di cura. Al primo step di valutazione, il calo ponderale è risultato compreso tra il 7,2 % (con 1 milligrammo di retatrutide alla settimana) e il 17,5% (12 milligrammi), percentuali superiori al 5%, soglia indicata per definire efficace o meno un farmaco per il trattamento dell’obesità. L’effetto è poi cresciuto nel tempo, e dopo meno di un anno di terapia le persone sono arrivate a perdere dall’8,7 % (dato medio relativo al gruppo trattato con 1 milligrammo di farmaco) al 24,2 % (con 12 milligrammi) del peso di partenza. Gli effetti collaterali sono stati registrati soprattutto a carico dell’apparato gastrointestinale (nausea, diarrea, vomito e costipazione), ma aumentando gradualmente la dose possono essere mitigati, come succede per gli altri farmaci della stessa classe”.
Triplice azione
Ma come funzione la nuova molecola? “Agisce su 3 fronti: la retatrutide appartiene ad una classe di farmaci, le incretine, in grado di imitare l’azione dell’ormone GLP-1, una sostanza normalmente prodotta dall’organismo che favorisce la perdita di peso perché rallenta lo svuotamento gastrico, aumenta il senso di sazietà e riduce l’appetito”, spiega la professoressa Conte. “Interagisce però anche con i recettori del glucagone, un ormone secreto dal pancreas in grado di aumentare il dispendio energetico e quindi il consumo di calorie, e del polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente (GIP), ormone prodotto da cellule del tratto gastrointestinale che ha un’azione simile a quella del GLP-1: agendo anche sui centri di regolazione della fame del sistema nervoso centrale potenzia così l’azione anti-obesità”.
Non solo peso
Ulteriori studi hanno però dimostrato che la retatrutide non agisce solo sulla riduzione del peso:”è in grado di offrire effetti benefici anche nel trattamento del diabete di tipo 2, con riduzione dell’emoglobina glicata sino a 2 punti percentuali, consentendo un miglior controllo di questa malattia metabolica che spesso complica l’obesità” spiega la professoressa Conte. “I dati a disposizione indicano che potrebbe agire positivamente anche sulla steatosi epatica non alcolica, il cosiddetto fegato grasso, ulteriore possibile complicanza legata all’eccesso di peso: il tessuto adiposo non riesce più a stivare il grasso come dovrebbe e in circolo aumentano gli acidi grassi che si depositano in organi dove normalmente non dovrebbero essere presenti, fegato in prima linea. La funzionalità epatica, perciò, viene messa sotto stress: la steatosi può innescare uno stato infiammatorio che nel tempo può degenerare in cirrosi e addirittura in tumore”.
Un ‘arma in più
“Non bisogna dimenticare che l’obesità è una malattia complessa, cronica e recidivante che fa da porta d’ingresso ad una serie di alterazione cardio –metaboliche, dal diabete di tipo 2 alle malattie cardiovascolari. Avere la retatrutide come ulteriore strumento per trattare l’obesità, ma anche le complicanze ad essa associate, sarebbe quindi un grosso passo avanti” sottolinea la professoressa Conte “L’obiettivo non è però immediato: la nuova molecola entrerà a breve nella Fase III della sperimentazione che ne indagherà ulteriormente efficacia e sicurezza. Se i risultati sin qui ottenuti saranno confermati, solo dopo l’approvazione delle agenzie regolatorie come l’ Agenzia Europea per i Medicinali ( EMA), potrà entrare nel mercato ed essere a disposizione per il trattamento dell’eccesso di peso. Tempo necessario: almeno 2-3 anni”.