
Salute mentale sul posto di lavoro: un under 34 su due lascia per malessere psicologico
La salute psicologica personale è direttamente correlata a quella lavorativa (e viceversa): quasi l’85% delle persone considera il proprio benessere psicologico generale correlato al proprio benessere sul lavoro e viceversa. La quota di persone che dichiara di soffrire di frequenti problemi di ansia e insonnia per motivi legati al lavoro, invece, sfiora il 50%.
In occasione della Giornata Internazionale della Salute Mentale, prevista per il 10 Ottobre, Mindwork, società italiana di consulenza psicologica online interamente specializzata in ambito aziendale, presenta la nuova ricerca realizzata da BVA Doxa sul benessere psicologico delle lavoratrici e dei lavoratori italiani[1]. Obiettivo del report, giunto alla sua seconda edizione[2], quello di fotografare lo stato psicologico dei lavoratori italiani, analizzare le strategie e le soluzioni adottate dalle aziende e infine verificare bisogni, aspettative e desiderata.
“L’80% delle intervistate e degli intervistati ha provato almeno un sintomo correlato al burnout (sensazione di sfinimento, calo dell’efficienza lavorativa, aumento del distacco mentale, cinismo rispetto al lavoro) – spiega Biancamaria Cavallini, Customer Success Manager di Mindwork e Psicologa del Lavoro.
Vissuti psicologici e luogo di lavoro
Una persona su 3 dichiara di essersi assentata a causa di malessere emotivo mentre il 42% del campione intervistato ritiene inefficaci le iniziative promosse dalla propria azienda per incentivare il benessere e ridurre lo stress legato al lavoro.
Il 40% del campione intervistato ha riferito di non sentirsi libero di parlare del proprio malessere emotivo nel suo luogo di lavoro. In continuità con i dati 2020, l’ambiente di lavoro si conferma il luogo meno adatto ad esprimere il proprio disagio, anche tra coloro che si sentono invece tranquilli nel condividere il proprio malessere tra le mura di casa.
La salute psicologica fatica ad essere normalizzata in azienda, sebbene sia una necessità urgente: una persona su tre dichiara di essersi assentata dal lavoro a causa di malessere emotivo, dovuto a eccessivi carichi di stress e ansia, che non riusciva più a sostenere.
Secondo i dati emersi, inoltre, lavoratori e lavoratrici giovani hanno una maggior propensione a lasciare il lavoro a causa di un malessere emotivo ad esso correlato. Il 49% degli under 34, infatti, si è dimesso almeno una volta per preservare la propria salute psicologica. La tendenza è in aumento di 5 punti percentuali rispetto al 2020.
Le iniziative promosse dalle aziende
Il 92% delle lavoratrici e dei lavoratori ritiene importante che l’azienda si occupi attivamente del “benessere psicologico” dei propri dipendenti. Tuttavia, il 42% del campione intervistato ritiene inefficaci le iniziative promosse dalla propria azienda per aumentare il livello di benessere dei lavoratori e delle lavoratrici e/o ridurre lo stress legato al lavoro. Si registra, in questo caso, un aumento di quasi 15 punti percentuali dal 2020.
“È importante sottolineare che in caso di ricerca di una nuova posizione lavorativa, il 73% delle persone dichiara di preferire un’azienda attenta al benessere psicologico delle sue persone – prosegue Biancamaria Cavallini – anche laddove il livello di stress attualmente percepito dalla persona sul proprio lavoro sia basso. Questo dimostra una crescente sensibilità alla necessità di un ambiente di lavoro sano”.
In quelle aziende dove è previsto un servizio di supporto psicologico, il 60% delle persone lo valuta positivamente e ritiene che sia necessario che il servizio continui anche in futuro, quando l’emergenza Covid-19 sarà finita. Laddove non è presente, il 75% delle persone valuterebbe positivamente la messa a disposizione, da parte dell’azienda, di un servizio di supporto psicologico.
Il rientro in azienda dopo il Covid e lo stato emotivo dei lavoratori
Relativamente al ritorno in azienda, circa il 40% si dice preoccupato del rientro a tempo pieno al punto che il 20% cambierebbe lavoro se costretto a rientrare. I principali motivi di tale preoccupazione sono la gestione tempo, i vissuti di stress e infine la gestione familiare.
Appaiono questi i principali motivi per cui il 62% dei lavoratori e delle lavoratrici valuta utile un servizio di supporto psicologico per fronteggiare momenti di stress e disagio legati al rientro in azienda. Quota che, rispetto al 2020, è salita di 8 punti percentuali (dal 54% al 62%).
Il commento della Dr.ssa Giuseppina Massaro Psicologa, Coach certificato e membro del Board Scientifico di MOHRE

Dr.ssa Giuseppina Massaro Psicologa, Coach certificato e membro del Board Scientifico di MOHRE
In occasione della giornata internazionale della salute mentale è stato particolarmente approfondito lo stato del benessere piscologico degli italiani nell’ ambiente di lavoro: un tema sul quale l’attenzione degli esperti è certamente cresciuta in epoca Covid poiché la pandemia ha aggiunto fattori di stress ed ha indotto grandi modifiche sia nella vita sociale che nell’ambito delle stesse modalità lavorative. Nell’85% degli intervistati da BVA DOXA è emersa la convinzione che il proprio benessere psicologico sia correlato allo stato di benessere sul posto di lavoro e viceversa. Nel 50% dei casi si avrebbero stati di ansia ed insonnia collegati proprio al lavoro. Il 40% dei partecipanti al sondaggio ha riferito di non sentirsi libero di esprimere il proprio malessere emotivo sul luogo di lavoro valutandolo come poco adatto ad affrontare il disagio. Sembrerebbe infine che quasi la metà degli under 34 si sia dimessa almeno una volta in conseguenza della propria salute psicologica.
La salute fisica e mentale influiscono positivamente sul lavoro e sono parte integrante del principio di azienda etica: un luogo dove si produce secondo standard di sostenibilità in equilibrio con la società. Capita che lo stesso lavoro possa essere fonte di stress o anche che questioni di stress extra lavorativo (questioni personali di vario genere) vengano scaricate sul posto di lavoro. Gli esperti sono dotati di strumenti professionali per comprendere, affrontare e risolvere queste situazioni.
Lo stile di vita influisce direttamente sullo stato di salute fisico e mentale e può fornire indicazioni su possibili stati di malessere psicologico della persona molto precocemente. Uno stile di vita non salutare può a volte costituire evento sentinella di uno o più disagi e dello stesso stress. Il sovrappeso, l’abuso di alcol, il fumo, la sedentarietà ecc… andrebbero valutati nell’ottica sia della prevenzione che del miglioramento delle performance fisiche e psicologiche. Dai dati del sondaggio sembrano meritevoli di particolare attenzione proprio i più giovani. Emergerebbe poi che il posto di lavoro non sia il luogo giusto in cui affrontare questioni psicologiche ma in realtà la cosa potrebbe dipendere semplicemente dal fatto che non sono state formulate proposte ricevibili per i lavoratori intervistati. A volte basta l’apertura di uno sportello di ascolto per gestire situazioni più delicate. Le aziende hanno interesse ad investire in percorsi di salute sullo stile di vita poiché farlo ha conseguenze benefiche sulla persona e sulla produttività. Ci sono dati che dimostrano come le aziende che erogano servizi sugli stili di vita riscontrino poi un miglioramento del clima aziendale, un minore assenteismo ed una migliore produttività.
Gli stessi stili di vita spesso sono embricati tra loro con forti correlazioni: chi fuma tende a consumare più alcolici, chi è sovrappeso si muove meno rispetto ai 10 mila passi quotidiani suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Lo stress condiziona fortemente il tabagismo, gli eccessi alimentari, l’assunzione esagerata di bevande alcoliche e gli stessi rapporti sociali e professionali possono risentirne.
Dunque è importante, nell’ambito della visione di azienda etica, intervenire sugli stili di vita avvalendosi di percorsi strutturati gestiti da esperti.
La modifica di uno stile di vita richiede alla persona l’abbandono di zone di comfort e l’inizio di un percorso di cambiamento. E’ importante fissare obiettivi definendo con chiarezza cosa si vuole cambiare. Alibi e scuse devono essere affrontati e risolti in modo che all’idea del cambiamento segua una azione appropriata e convinta.
Il coaching applicato allo stile di vita è una ottima guida proprio per accompagnare il cambiamento e si avvale di una fase di stadiazione, superamento delle resistenze, discussione di un piano d’azione concreto caratterizzato da tempi e scelte definite. Tutto ciò aiuta a mettere a fuoco le potenzialità della persona che così impara a meglio sfruttarle al fine di raggiungere traguardi importanti nella vita e nel lavoro. A volte anche risultati parziali o piccoli passi possono essere di grande beneficio per il benessere mentale e fisico e proprio piccoli miglioramenti danno fiducia nei confronti di un percorso virtuoso.