
E-cig soddisfano anche il bisogno di gestualità del fumatore
di Valentina Di Paola
L’astinenza da nicotina non è l’unico ostacolo che un fumatore deve superare per poter abbandonare il vizio delle “bionde”. La difficoltà a smettere di fumare sta anche nel dover rinunciare all’abitudine del “colpo in gola” e, in generale, alla gestualità associata alla sigaretta. Le esperienze sensoriali sono infatti molto più importanti di quello che si pensi e ricorrere all’uso della sigaretta elettronica potrebbe essere di grande aiuto. Almeno questo è quanto ha dimostrato un gruppo di scienziati dell’Hunter Bellevue School of Nursing di New York, dell’Università di Catania e del Weill Cornell Medicine, in uno studio pubblicato sull’Harm Reduction Journal. In particolare, i ricercatori si sono focalizzati sulle sensazioni legate all’uso delle sigarette elettroniche, coinvolgendo nello studio 156 partecipanti reclutati negli Stati Uniti attraverso la pagina Facebook della Consumer Advocates for Smoke Free Alternatives Association. I volontari, ex fumatori che sono riusciti a smettere solo tramite sigarette elettroniche, hanno risposto a un sondaggio online riguardante appunto le esperienze sensoriali associate all’uso di questi dispositivi. Ebbene, i risultati suggeriscono che le e-cig possono rappresentare un ottimo sostituto della sigaretta tradizionale, anche dal punto di vista della gestualità.
In Italia ci sono circa 10 milioni di fumatori
Questo studio aggiunge nuove evidenze a favore della sigaretta elettronica come strumento per smettere di fumare e a beneficiarne potrebbero essere moltissime persone .Secondo i dati ISTAT, in Italia si contano poco meno di 10 milioni di fumatori tra i maggiori di 14 anni, mentre a livello globale le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) calcolano un totale di circa un miliardo di fumatori, l’80 per cento dei quali vive in Paesi a basso e medio reddito. Il rapporto dell’Oms sui rischi associati all’uso di tabacco indica inoltre che il fumo di sigarette sia associato al decesso di 6 milioni di persone ogni anno, che si traducono in una morte ogni sei secondi. Da qui la decisione degli studiosi di indagare meglio sulle alternative al fumo. Il gruppo di ricerca ha quindi cercato di comprendere le percezioni degli ex fumatori in relazione all’uso delle sigarette elettroniche nell’ottica del superamento del vizio del fumo.
Le sigarette elettroniche compensano il desiderio legato alla gestualità
I ricercatori hanno utilizzato diversi test per valutare l’associazione tra le caratteristiche del campione e le esperienze sensoriali. Stando ai risultati, l’uso delle sigarette elettroniche è legato alla percezione del fumo in gola, nel naso, nei polmoni e sulla lingua, ed è associato a una riduzione del desiderio di nicotina. I partecipanti hanno riportato inoltre di provare una sensazione di godimento dovuta alla possibilità di toccare il dispositivo e vedere il fumo prodotto dall’esalazione. “Nelle donne abbiamo osservato un calo maggiore nel bisogno di nicotina – scrivono gli autori – e coloro che avevano iniziato a fumare prima dei 14 anni provavano maggiore soddisfazione rispetto a chi aveva preso il vizio del fumo a 16-17 anni”. Gli esperti hanno riscontrato un’associazione complessiva significativa tra il numero di anni trascorsi con il vizio del fumo e il piacere sensoriale derivato dalla sigaretta elettronica. “I partecipanti di età compresa tra 18 e 34 anni – commentano ancora gli scienziati – consideravano le sigarette elettroniche più piacevoli rispetto alle persone di età pari o superiore ai 45 anni”. L’84 per cento dei partecipanti ha riferito che la sensazione associata alle sigarette elettroniche potrebbe essere utile per smettere di fumare, e il 91 per cento del campione ha affermato che nella loro esperienza personale l’uso delle sigarette elettroniche aveva contribuito al superamento del vizio del fumo. “Per coloro che non sono riusciti a smettere di fumare tramite altri metodi – concludono i ricercatori – le esperienze sensoriali derivanti dall’uso di sigarette elettroniche potrebbero rivelarsi utili”.
LINK A STUDIO: https://harmreductionjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12954-020-00420-0#Tab4
Il commento del Dottor Lorenzo Zamboni
La dipendenza da nicotina è un fenomeno complesso che coinvolge diversi piani della persona.
Molto probabilmente se guardiamo tra le nostre conoscenze, ci saranno fumatori e/o ex-fumatori e, indagando un minimo la loro storia tabagica, è probabile trovare vari tentativi di cessazione del fumo di sigaretta con altrettante ricadute.
Per affrontare il tema “tabagismo” è bene farlo su tre piani: funzionamento biologico della dipendenza, aspetti gestuali e valore psicologico.
La nicotina va a simulare un altro recettore presente nel nostro cervello, l’acetilcolina. Questa somiglianza è tra i fondamenti che spiegano il perché smettere di fumare sia così difficile. Semplificando, l’acetilcolina viene sostituita dalla nicotina presente nelle sigarette, prendendo anche possesso della gestione del rilascio di dopamina. Andando ad attivare i neuroni responsabili del rilascio di questo recettore, ogni qual volta facciamo un tiro di sigaretta sentiamo un immediato effetto di piacere. La dopamina infatti è il neurotrasmettitore del piacere, fondamentale nel nostro funzionamento. Il piacere, ci porta a ripetere azioni e comportamenti che sono per noi utili e necessari alla nostra sopravvivenza (es. nutrizione, rapporti sessuali ecc.). La dipendenza non è di per sé negativa, in quanto meccanismo fondamentale per lo sviluppo dell’individuo (es. dipendenza del neonato verso la madre). La nicotina va a “scassinare” questo delicato equilibrio. Il cervello dipendente percepisce quindi la sigaretta come necessaria alla sopravvivenza, portando la persona a fumarne ugualmente anche se nocive e, senza di esse ne soffre le conseguenze psicofisiche date dall’astinenza.
Quello che vediamo rappresentato (semplificato) nell’immagine sottostante è il circuito della ricompensa
In verde vediamo il sistema mesolimbico il quale governa gli istinti primari e fondamentali, utili a preservare la vita. Questo è del tutto fuori dalla nostra volontà, non possiamo dominarlo o influenzarlo in alcun modo. In azzurro vediamo la corteccia prefrontale dedita al controllo comportamentale ed emotivo, la pianificazione, le decisioni e le scelte. In questa sono presenti numerosi neuroni sensibili alla dopamina. Nella dipendenza patologica vi è una dominanza funzionale del sistema mesolimbio rispetto al prefrontale (freccia grigia).
La polarizzazione appena citata si esprime come priorità delle esigenze presenti nel qui e ora. Come se si trattasse di un continuo braccio di ferro tra le strutture neurali della corteccia prefrontale e il mesolimbico, ma la debolezza del sistema prefrontrale (in soggetti dipendenti) rispetto al mesolimbico, rappresenta una pericolosa situazione di dominanza funzionale, perchè aumenta la propensione alle gratificazioni immediate e quindi all’impulsività (Brickel et al,2018). Ecco quindi che il fumatore farà molta fatica a posporre le proprie esigenze rispetto all’esercitare la propria dipendenza.
La carenza di nicotina di fatto porta a una carenza di dopamina, facendo vivere al fumatore una forte sensazione di disagio psicofisico. Altro aspetto da considerare è il craving ovvero quella spinta e desiderio viscerale che porta il soggetto a ricercare la sostanza, spesso causa di ricadute.
Dal punto di vista neurofisiologico assistiamo quindi a un’alterazione dei livelli del piacere, con una sovrastimolazione dopaminergica. Il nostro cervello si difende da quest’ultimo evento rendendo i neuroni recettori meno sensibili alla medesima quantità di dopamina, ecco quindi che si necessita di un aumento del dosaggio, assistiamo al fenomeno della tolleranza (ovvero un aumento del numero di sigarette fumate al giorno per ottenere lo stesso effetto).
Arriviamo ora al secondo punto: la gestualità. Aspetto spesso trascurato, eppure nella pratica clinica e anche in ambito scientifico è un tema dibattuto. Nei pazienti fumatori o che vogliono smettere di fumare, la sigaretta non è solo un “distributore” di nicotina. Portarla alla bocca, sentirla tra le dita, tra le labbra, tirare una boccata di fumo caldo ha un valore che va oltre alla dipendenza chimica. Non a caso, capita non di rado che chi smetta di fumare, sente la mancanza della gestualità e della ritualità legata alla sigaretta. Questa mancanza può innescare il craving ed esporre la persona a una ricaduta nel tabagismo. Una buona terapia per smettere di fumare non può non considerare la gestualità, per questo è importante chiedere (per noi curanti) e chiedersi (per chi invece fuma), il peso del fattore gestuale nella dipendenza tabagica. Nei soggetti in cui questa componente sia elevata, può essere molto utile avvalersi di dispositivi che sostengano temporaneamente il soggetto nel processo di cessazione della dipendenza tabagica. Si possono usare sigarette elettroniche, sigarette finte (senza combustione), sigarette alle erbe (senza tabacco). Tutti dispositivi che ricordano la vecchia sigaretta, l’obiettivo è quello via via di dissociare la gestualità dal piacere.
Terzo aspetto è il valore psicologico che la sigaretta può assumere nel fumatore. Quest’ultima diventa una “compagna” importante, una modulatrice emotiva. Spesso chi fuma lo fa in diverse situazioni emozionali: quando è triste, gioioso, in ansia, arrabbiato ecc. Ecco quindi che la sigaretta diviene il “farmaco” perfetto per affrontare qualsiasi situazione di vita e che la persona può assumere al bisogno e a dosaggi variabili. Diviene quindi più difficile smettere di fumare, perché il significato simbolico dell’oggetto “sigaretta” non è assolutamente da sottovalutare. In questi casi è importante offrire una terapia integrata (medico-psicologica), perché quando si toglie qualcosa (sigaretta) è importante compensare con qualcosa d’altro che abbia caratteristiche di appagamento simili ma che non sia nocivo. Per questo motivo alcuni fumatori necessitano di un percorso psicologico, per elaborare la separazione e il cambio di vita radicale che comporta lo smettere di fumare. A questo si aggiunge il valore del contesto, ovvero chi e cosa ci sta attorno. Se ci sono molti fumatori o viviamo in un ambiente dove la sigaretta è un elemento aggregante (socialmente parlando) sarà più difficile smettere, in quanto ci si troverà ad affrontare delle situazioni in cui gli stimoli fumo correlati (sigarette, posacenere, bicchieri di alcolici ecc.) saranno molto forti, con conseguente rischio di ricaduta.
In conclusione smettere di fumare è un fenomeno complesso che coinvolge l’essere umano su diversi livelli. Non è sufficiente buttare via il pacchetto per smettere, come non è sufficiente non fumare per non essere dei fumatori. È importante affrontare il problema su tutti i piani rilevanti per la persona (approccio cucito su misura al paziente), ricordandoci che ci sono circa 1,3 miliardi di fumatori nel mondo (OMS, 2018) e 1,3 miliardi di modi di fumare e vivere una dipendenza tabagica, la quale ancora oggi rimane la prima causa di morte evitabile nel mondo occidentale.
Dott. Lorenzo Zamboni
Medicina delle Dipendenze A.O.U.I. Verona