
Stitichezza: i ‘rimedi’ spiegati dal proctologo
di Anna Benedetto
Stitichezza, una Cassandra per lo più inascoltata.
In Italia 13 milioni di persone (l’80% sono donne) soffrono di stipsi. Solo il 10 % ha svolto una visita specialistica. E solo il 40 % si è almeno rivolto al medico di base.
Ci si ‘cura’ da soli, senza una diagnosi, per sentito dire coi consigli del vicino di ombrellone, vergognandosi anche un po’ in fila in farmacia a chiedere il nuovo prodotto da banco.
«Stiamo parlando – ci spiega il Professor Silvestro Lucchese, chirurgo proctologo ed autore del libro “Stitichezza: 100 risposte scientifiche per correggere le abitudini dannose e ritrovare il benessere” – del restante 50 % che si si cura da sola, senza alcuna diagnosi, gestendo autonomamente i propri sintomi, etichettati solo come “colite”. Rischiando così che “qualche cosa di brutto” proceda inesorabilmente e in modo subdolo».

Professor Silvestro Lucchese, chirurgo proctologo
Intestino: secondo cervello
Per l’esattezza – spiega il Professor Lucchese – «nella parete del colon esiste un “secondo cervello” autonomo che, con una complessa rete nervosa composta da più di cento milioni di neuroni, gestisce le attività intestinali in collegamento diretto e sinergico con il cervello cranico tramite il sistema nervoso vegetativo. Inoltre il 70% del sistema immunitario è dentro al colon e dipende dal suo contenuto».
Lo stress e le emozioni passano sempre per il nostro apparato digerente condizionandolo e facendogli pagare il prezzo, con mal di pancia, colite, gastrite, stitichezza, diarrea, mancanza di forze, svenimento, fino ulcera gastro-duodenale da stress, eccetera. Allo stesso modo ogni disfunzione del nostro apparato digerente, dell’intestino in particolare, produce effetti sul cervello cranico e disagi che si riflettono sulle funzioni di altri organi ed apparati.
«La serotonina – anche detto “ormone della felicità” che regola umore, sonno, appetito ed emozioni – viene sintetizzata per il 95% nelle cellule dalle cellule della parete gastrointestinale e per il 5% nel cervello dai neuroni serotoninergici.
La colite o una infiammazione intestinale, in genere, produce una eccessiva distruzione della serotonina nel sangue, producendo un rallentamento dei movimenti peristaltici sino a fermarli del tutto. Nella stitichezza si produce di conseguenza una sofferenza fisica e dell’umore, sino alla depressione, che spesso si associa a queste patologie».
L’importanza di un approccio olistico
Questo spiega perchè l’approccio a queste problematiche non può che essere ‘olistico’, psicosomatico, analizzando i fattori psicologici e socio-comportamentali per comprendere in che modo la nostra ‘pancia o secondo cervello’ stia reagendo agli stimoli interni e dell’ambiente esterno.
Molti pazienti, trattati per ansia e depressione, una volta che è stata trovata una malattia intestinale e che questa è stata curata, vedono scomparire l’ansia e la depressione. Viceversa queste aumentano se il decorso diagnostico è accidentato e frustrante per il paziente, che non si sente compreso e viene trattato solo per gli effetti della malattia sulla sua psiche.
Il paziente necessita di una precisa diagnosi e delle cure con risultati certi e costanti nel tempo, seguiti e corretti metodicamente dallo specialista proctologo. Per queste patologie l’inquadramento scientifico non può prescindere da un approccio ‘olistico’ che, oltre alla patologia da curare, indaghi e tenga conto delle condizioni cliniche globali e delle relazioni corpo-mente-emozioni-personalità. Spesso ‘la cura’, oltre alla somministrazione di farmaci (o della chirurgia) prevede un rinnovamento funzionale e dello stile di vita del paziente.
Microbiota intestinale e sistema immunitario
Una corretta attività intestinale è una garanzia di salute ed un viatico per prevenire virus, batteri e malattie importanti, fino a quelle oncologiche. Come abbiamo detto, infatti, il 70% del nostro sistema immunitario si sviluppa nel nostro intestino (per l’esattezza nel colon).
Col termine ‘microbiota intestinale’ si designano i diversi miliardi di microrganismi presenti nel tubo digerente, principalmente nel colon. Essi sono circa 500 specie: in particolare batteri, ma anche virus, funghi e protozoi.
Questa colonia di batteri che vive nel nostro intestino ci protegge contro i batteri patogeni ingeriti, ci aiuta ad assimilare il cibo e ci protegge dalle malattie. La disbiosi intestinale è uno squilibrio microbico causata da una crescita eccessiva di batteri ‘cattivi’ nell’intestino, che ne provocano l’irritazione. Inoltre situazioni di stress, stanchezza ed altri fattori psicosomatici provocano depressione immunitaria.
Quando c’è una infiammazione dell’intestino abbiamo inoltre una una eccessiva distruzione della serotonina nel sangue, producendo un rallentamento dei movimenti peristaltici sino a fermarli del tutto. Ecco che oltretutto sopraggiunge la stipsi, spesso associata a malessere fino alla depressione».
Di cosa sono fatte le feci?
Le feci umane sono composte da: residui alimentari non digeribili (cellulosa e cheratina), residui di acidi gastrici, bile che agisce principalmente sul colore, muco, cellule morte, batteri, acqua. Un adulto ne produce circa 200 g/giorno – in relazione ai cibi assunti.
Solo una parte delle feci deriva dagli alimenti introdotti con la dieta. La composizione delle feci è quindi indipendente dall’alimentazione: esse si continuano a formare anche in caso di digiuno, anche se tendono – se il digiuno si prolunga – a diminuire molto di volume.
Come posizionarsi sul wc?
Per una evacuazione efficace e veloce, occorre anzitutto aspettare lo stimolo imperioso. La postura migliore a tal fine è quella ‘alla turca’, in posizione da ‘squat’, stando accovacciati, come fanno gli animali.
Questo perché quando siamo seduti l’intestino retto si piega e non facilita l’evacuazione: in pratica non è anatomicamente progettato per farci evacuare da seduti.
Commenta il Professore: «Per chi ha problemi di stipsi, l’ideale sarebbe posizionare davanti al wc una pedana di circa 20 cm sotto i piedi, che vanno tenuti leggermente divaricati, per facilitare la spinta e dunque l’espulsione delle feci. Come si spinge? Occorre soffiare (come sanno bene le partorienti), coi gomiti liberi, ed una postura rilassata, leggermente ingobbiti. Questo porta ad abbassare il diaframma e si distende il piano perineale. Soprattutto se l’evacuazione è difficile – raccomanda il proctologo – è meglio evitare ogni distrazione: niente cellulare, settimana enigmistica. Meglio il silenzio e la penombra, in un’atmosfera il più rilassante possibile».
Come ci si fa il bidet?
Nessuno ce lo insegna. Il modello – secondo il Dottor Lucchese – ce lo fornisce la natura. Anzitutto, l’igiene parte dal wc. Occorre pulirsi tamponando la carta igienica sulle parti intime e infine sull’ano senza strofinare. Occorre poi lavarsi – soprattutto per le donne – partendo prima dai genitali e poi procedendo verso l’ano, per evitare che germi o batteri di tipo intestinale raggiungano la vagina o l’apparato urinario, causando potenzialmente pericolose infezioni (ad esempio le cistiti).
Il muco, contenuto nei genitali femminili (molto più denso durante la menopausa), è un vero e proprio terreno di coltura biologica.
È poi fondamentale sistemarsi sul bidet, in maniera tale che il getto d’acqua raggiunga direttamente le zone da lavare. Si devono usare le mani ma stando bene attenti alle unghie, che possono provocare lesioni anche importanti alle pareti di ano e genitali.
Una dieta, anzi uno stile di vita
Attività motoria, stili di vita troppo sedentari, momentanei stop all’attività fisica (a causa di incidenti o malattie) possono rallentare l’intestino e dunque favorire la stitichezza.
I ritmi e l’attività muscolare rallentano anche a seguito dell’invecchiamento, con le medesime conseguenze per l’intestino.
Non essendo l’essere umano un animale erbivoro, le fibre utili (e dunque “digeribili” ) per lui sono quelle idrosolubili, dalla consistenza più morbida.
Kiwi, pere mature, prugne, albicocche, pesche morbide, spinaci, zucchine sono le fibre necessarie al corpo umano perchè facendo un effetto “pappina”, idratano le feci e ne favoriscono la naturale evacuazione.
L’acqua è inoltre il ‘lassativo naturale’ più utile. Ogni giorno dovremmo reintegrare circa 3,5 litri di acqua: ovvero un litro e mezzo di pipì, un litro di vapore acqueo e un litro almeno di sudore. Attenzione all’estate: capita di sentire che molte persone diventano stitiche pur trascorrendo la maggior parte del tempo godendosi il venticello sotto l’ombrellone. È proprio in questi casi che il sudore viene asciugato dalla brezza e non ci rendiamo conto di averne perso più del percepito e di aver bisogno di reintegrare un quantitativo d’acqua maggiore, esattamente come capita agli sportivi.
È vero inoltre che bisogna bere lontano dai pasti perchè l’acqua diluisce il pH dei succhi digestivi, rendendo la digestione più problematica. Occorre invece bere in altri momenti della giornata, soprattutto appena svegli (dai 2 ai 4 bicchieri di acqua), meglio se in associazione con un frutto.
«Gli integratori – consiglia il Prof. Lucchese – non servono se si adotta un’alimentazione completa e varia. Molto spesso il contenuto di fibre contenute in una capsula di integratori corrispondono a quelle già presenti in una pera matura. Lo schema alimentare per avere l’apporto di fibre migliore deve prevedere quotidianamente: due spuntini con frutta e i due pasti principali con verdura.». Assumere dei buoni probiotici – i ‘batteri buoni – è invece raccomandabile poichè sono preziosi alleati di salute.
Quante volte, Dottore? “La normalità” è soggettiva
La ‘normalità’ – rassicura il medico – è molto variabile; anche un’evacuazione ogni 2 o 3 giorni può essere normale, purché non vi sia :
- mancanza di stimolo o difficoltà o dolore al passaggio delle feci
- dolore o una sensazione di gonfiore di pancia
- eccessivo sforzo nella defecazione
- sensazione abituale di svuotamento incompleto
- eliminazione di feci secche a matita o caprine
- uso abituale di supposte, clisteri o lassativi, anche naturali
- necessità di aiutarsi anche manualmente
Attenzione ai farmaci: alcuni (come anestetici, analgesici, antiacidi, anticolinergici, antidepressivi) possono rallentare il transito delle feci lungo l’intestino.
Quando occorre ricorrere alla chirurgia
Una delle complicanze più frequenti della stipsi sono le emorroidi. Il 45% della popolazione adulta ne soffre ma, se non si interviene tempestivamente, possono arrivare fino al prolasso, procurando una defecazione incompleta, ragadi, ascessi, fistole ed emorragia intestinale.
Le emorroidi possono avere vari gradi di ingravescenza: sono curabili con terapia medica fino al secondo stadio, ma dal terzo stadio (ovvero quando fuoriescono dall’ano e, dopo la defecazione, vanno riposizionate manualmente all’interno della cavità anale) è necessaria una terapia chirurgica per ripristinare la normalità.
Auspicabilmente prima di arrivare a queste complicanze, è fondamentale sottoporsi per tempo ad una accurata visita proctologica, da associareall’anoscopia.
L’anoscopia consiste in un esame diagnostico terapeutico effettuato con l’anoscopio (detto anche speculum anale), un piccolo tubo lungocirca 8 cm che, che si inserisce – dopo adeguata preparazione e pulizia – nello sfintere anale. Questo esame permette di osservare direttamente cosa succede nel canale anale (quindi senza l’uso di telecamera come avviene nella colonscopia). L’anoscopia viene usata per diagnosticare patologie del canale anale quali le emorroidi, le ragadi anali, altre fonti di sanguinamento ano-rettale, proctiti, lesioni polipoidi, orifizi di fistole ano-rettali con eventuali secrezioni, ma anche la rilevazione di neoplasie che risultano spesso asintomatiche e vengono scoperte nel corso di accertamenti per altre patologie.