
Supernova: se la demenza compare troppo presto
di Johann Rossi Mason
Ha portato alla ribalta il tema della demenza precoce il film Supernova di Harry McQueen, con Colin Firth e Stanley Tucci che fotografa in maniera toccante il vissuto di una coppia gay di fronte alla perdita di identità di uno dei due. E oggi, 21 settembre, si celebra la Giornata Mondiale dell’Alzheimer che è una delle forme di demenza più temibili.
‘Dementia praecox’ (da ‘demence’ = deterioramento mentale): l’ha chiamata così Emil Kraepeling (1891) che vi ha riunito nove quadri clinici: dalla ebefrenia alla catatonia, alla schizofrenia di Morel che parlò di demenza in soggetti giovani già nel 1852.
La demenza ‘giovanile’, che interessa individui con meno di 65 anni, potrebbe essere più diffusa di quanto non si pensi.
Questo, è almeno, ciò che emerge da una meta-analisi (ossia l’analisi di più studi) basata su 74 ricerche per un totale di 2,8 milioni di persone. La prevalenza ad esordio precoce sarebbe di 119 casi ogni 100 mila negli Stati Uniti e 159 in Europa, che corrispondono a circa 3.9 milioni di persone tra i 30 e i 64 anni.
Un numero superiore rispetto alle ricerche retrospettive precedenti che parlavano di 50 casi per ogni 100 mila persone in media.
Nello sviluppo di decadimento cognitivo c’è parità di genere: uomini e donne ne soffrono in egual misura. Quelli più a rischio vivono in paesi a reddito medio-alto e vedono al primo posto lo sviluppo di Alzheimer seguito dalle forme vascolari di demenza fronto-temporale. La comparsa di un decadimento dopo i 65 anni era considerato una manifestazione fisiologica di invecchiamento quasi inevitabile. La prevalenza è più rara nella fascia 30-34 anni con 1.1 casi ogni 100 mila e aumenta progressivamente sino circa 75 casi ogni 100mila nella fascia 60-64.
Un altro studio si è focalizzato sulla demenza negli anziani dato che la longevità non è un dono gratuito. Ricercatori cinesi hanno selezionato 6525 volontari per uno studio sull’invecchiamento ‘di successo’. Una buona qualità di vita cognitiva e mentale si costruisce in parte sulle attività nel tempo libero: attività divertenti e gratificanti, meglio se in compagnia, hanno un impatto diretto sulla lucidità mentale, diminuiscono l’ansia e il senso di solitudine.
Ovviamente i numeri potrebbero essere diversi con una migliore sensibilità e capacità di fare diagnosi quando soggetti più giovani lamentano mancanza di concentrazione e attenzione, problemi di memoria e altri disordini mentali.
Certamente questi dati possono preoccupare ma niente allarmismi: la progressione del decadimento si può rallentare e contrastare adottando corretti stili di vita e strategie di riduzione del danno.
D’altra parte abbiamo spesso parlato di ‘riserva cognitiva’, quel tesoretto di cellule cerebrali e connessioni tra neuroni che protegge dalle manifestazioni delle malattie neurodegenerative (per maggiori informazioni visitare www.cervellosenzalimiti.it).
Il cervello ‘resiliente’ capace di rispondere positivamente a traumi e passare degli anni si costruisce con diversi mattoni: quoziente intellettivo in età infantile, grado di istruzione e anni di studio, status lavorativo e qualità delle esperienze extra-lavorative, insomma quelle ludiche. E questi fattori avrebbero un effetto sommatorio. Abbiamo bisogno di una esistenza ricca di esperienze e non è mai tardi per cominciare a fare ‘fitness’ per il cervello.