
Svapatori a rischio Covid? Ah no, ci siamo sbagliati
di Johann Rossi Mason
E’ stato pubblicato da un gruppo di scienziati dell’americana Mayo Clinic un articolo ripreso da diverse testate italiane. Il titolo dice che gli utilizzatori di sigarette elettroniche avrebbero sintomi da Covid-19 più gravi rispetto ai non utilizzatori, gettando una luce sinistra sul dispositivo che permette di inalare nicotina e che da più fronti viene indicato come meno dannoso. Peccato che sia il titolo sia la traduzione dell’articolo originale siano scorretti. Il che significa che i giornalisti che hanno rilanciato la notizia hanno tradotto e letto solo l’abstract, ossia la sintesi e nient’altro. Né il corpo dello studio, né tantomeno le conclusioni.
La sintesi sottolinea che rispetto a quelli che non svapano, i pazienti Covid-19 che usano l’elettronica mostrano un maggior numero di sintomi (oppressione toracica, brividi, dolori muscolari ecc) sia pure in percentuali non significative tra i due gruppi (intorno ai 5 – 6 punti percentuali).
Ma soprattutto nessuno dei solerti colleghi si ferma a leggere che “per quanto riguarda la suscettibilità al Covid-19 l’articolo di Gaiha del 2020 conclude che l’infezione era 7 volte più probabile tra i fumatori e 5 volte tra i consumatori duali (quindi quelli che oltre a svapare continuano a fumare, accumulando il tradizionale danno d’organo che rende evidentemente più suscettibili ad una infezione che ha come target i recettori ACE2 molto rappresentati a livello polmonare). E (in altro studio) i consumatori ‘duali’ avevano una probabilità doppia di contrarre l’infezione (anche qui con una analisi prospettica e non su pazienti osservati).
Sia come sia la maggior parte di chi usa le sigarette elettroniche ha un passato di tabagismo ma non sono chiari elementi fondamentali per trarre delle conclusioni corrette: i fumatori ‘duali’ quante sigarette fumavano rispetto all’uso di ecig? Che tipo di fumatori erano prima? Per quanto tempo hanno fumato? Insomma, come si possono trarre conclusioni sullo svapo in soggetti che continuano a fumare tabacco combusto? La vera ‘notizia’ è nelle conclusioni (ammesso che qualcuno sia arrivato a leggere 9 pagine di paper scritto piccolo): ‘nessuna prova dimostra che i vapers siano a maggiore rischio di contrarre il Covid-19’ ma soprattutto: ‘i pazienti positivi che erano fumatori e vapers – quindi duali – hanno avuto visite al pronto soccorso più frequenti e riferito dispnea dei non fumatori’. Eppure i titoli che abbiamo letto parlavano di vapers. Scarsa professionalità o malafede? La sola certezza è che questo tipo di notizie – false – non fanno bene a nessuno. Insomma, per quelli che hanno riferito la notizia possiamo dire: ‘la risposta è dentro di te. Ma è sbagliata!’

Dottor Fabio Beatrice
Primario emerito e Fondatore del Centro Antifumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino
Past President della Società Italiana di Tabaccologia (SITAB)
Direttore scientifico di MOHRE
“Il recente lavoro di Macfadden della Mayo Clinic ha suscitato un inaspettato interesse mediatico ma i titoli e le chiavi di lettura giornalistica in realtà non riportano fedelmente le informazioni che sono desumibili da una attenta lettura del lavoro originale.
In sintesi il lavoro focalizza la sua attenzione su 13059 soggetti affetti da covid 19 esaminati tra il 1 marzo 2020 ed il 1 marzo 2021. Di questi 763 sono fumatori ( pari al 5,84% del campione) , 243 vapers puri di cui non sono note le tipologie e le modalità di consumo ( pari al 1,86%) e 46 ( pari allo 0,35%) sono invece duali ( cioè utilizzano sia la sigaretta elettronica che la classica sigaretta a tabacco combusto). Non sono contenute informazioni sui precedenti anamnestici tabaccologici dei 243 vapers e cioè se abbiano in precedenza fumato sigarette analogiche, eventualmente per quanto tempo e con quali consumi medi quotidiani e da quanto tempo siano invece consumatori di fumo elettronico esclusivo. Nel lavoro , a testimonianza della scarsa esperienza degli autori in tema di fumo elettronico, non sono neanche espresse, relativamente ai device elettronici, valutazioni relative alle potenze di erogazione, tipologie di erogazione, caratteristiche almeno generali degli aromi utilizzati.
Il lavoro preliminarmente, nelle sue conclusioni, riporta però molto chiaramente che in base alla letteratura scientifica non risulta esserci alcuna correlazione tra l’uso di sigaretta elettronica ed un maggior rischio di essere infettati dal covid 19 . (“ no evidence has been shown that vapers are at greater risk for contracting COVID-19,”). Questo dato e la sua manipolazione mediatica dovrebbe far riflettere poiché nel recente passato ha fatto notizia giornalistica l’opposta informazione che, come avevamo già commentato a suo tempo, è definitivamente destituita di ogni credibilità. E’ bene comunque precisarlo in maniera definitiva e conclusiva: chi usa la sigaretta elettronica non corre maggiori rischi di contrarre il covid 19 rispetto a chi non fuma e rispetto a chi fuma normali sigarette. Lo avevamo sostenuto già un anno fa leggendo e pesando con attenzione i dati della letteratura scientifica.
Il lavoro di Macfadden riferisce anche molto chiaramente che gli svapatori duali ( cioè coloro che usano sia la sigaretta che la e-cig) presentano una maggiore quantità di dispnea e di ricorso al PS ( sono questi parametri oggettivi ) . Anche se i numeri sono molto piccoli pare evidente che la responsabilità sia da ricercare nel fumo combusto di sigaretta poiché questa è la variabile presente considerata dagli autori .
Dunque dalla lettura del lavoro emerge la possibilità che, sul piano squisitamente soggettivo, gli svapatori riferirebbero una maggiore sintomatologia (soggettiva) riconducibile al covid 19. Pur nella consapevolezza che i numeri sono assai piccoli sfugge quale possa essere il significato clinico di questa conclusione che perviene da una trattazione di tipo epidemiologico-statistico. Chi usa la sigaretta elettronica, come chi fuma le normali sigarette, è un soggetto che presenta dipendenza da nicotina e la dipendenza con il suo grado di espressione clinica ed il suo compenso potrebbe essere un elemento da considerare nella rappresentazione della sintomatologia soggettiva. Peccato che lo studio non valuti i livelli di dipendenza che avrebbero potuto essere analizzati anche solo tramite un banale test di Fagestrom . E’ evidente che i danni da fumo combusto potrebbero in qualche modo sommarsi alla lesione dell’interstizio tipica dell’infezione da covid. Ciò non può essere invece imputato alla sigaretta elettronica che riporta nella norma il monossido di carbonio (il principale parametro clinico della combustione tabagica ).
In conclusione l’univa vera e forte affermazione contenuta nel lavoro è che chi usa la sigaretta elettronica non corre maggiori rischi di contrarre il covid 19 rispetto a chi non fuma e rispetto a chi fuma normali sigarette. Dunque dal momento che il fumo elettronico determina una drammatica riduzione dei prodotti della combustione rispetto alla normale sigaretta appare ancora più forte e coerente rispetto ai dati scientifici la posizione del Ministero della Salute della Gran Bretagna e della Nuova Zelanda che proprio in piena epoca covid hanno considerato e rappresentato alla classe medica il forte interesse medicale della e-cig ”.