
Tabagismo: smettere ‘non è questione di buona volontà’
La Giornata mondiale senza tabacco (WNTD) è celebrata dall’Organizzazione mondiale della sanità il 31 maggio di ogni anno. All’ombra della pandemia più significativa degli ultimi 100 anni, l’OMS ha scelto “Commit to Quit” (Impegnati a smettere) come slogan.
Il fumo uccide più del Covid-19
Questo perché non dobbiamo dimenticare che anche in caso di pandemia, è necessaria una continua attenzione alle malattie non trasmissibili, comprese quelle tabacco – correlate.
Basterebbe pensare che durante la pandemia di COVID-19 sino ad oggi, il numero di persone morte per malattie legate al tabacco sarà tre volte superiore a quello di COVID-19.
Aiutare quelli che non ce la fanno
La proposta alternativa, la cosiddetta Tobacco Harm Reduction (THR), il concetto che le modifiche al veicolo di somministrazione della nicotina potrebbero rendere l’uso di tabacco in corso sicuro o sufficientemente meno dannoso da consentire a un fumatore di continuare il suo uso, è il nuovo corso per aiutare quelli che non ce la fanno con le proprie forze.
Negli anni ’60, aumentarono le prove dei danni legati al fumo e si tentò la strada di diminuire i livelli di catrame. Purtroppo questo tentativo non ha funzionato perché il problema di fondo è che ‘si fuma per la nicotina ma si muore per il catrame’ (e i cancerogeni sprigionati dal processo di combustione).
Vennero quindi prodotte sigarette con meno catrame e nicotina ridotta, ma siccome i fumatori avevano bisogno di raggiungere la loro dose abituale, le sigarette erano più leggere ma se ne fumavano di più. Non a caso, la UE ha bandito i termini mild, light ecc. perché ritenuti ingannevoli.Quindi addio al tentativo di diminuire i danni : è stato riscontrato che né l’uso di sigarette a basso contenuto di catrame né una riduzione >50% delle sigarette al giorno riducono gli eventi cardiovascolari, ripetuti ricoveri ospedalieri per broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e effetti trascurabili sulle diagnosi di cancro al polmone oltre a non aver ridotto la mortalità complessiva. Quindi diminuire il numero di sigarette fumate o alternarle alla sigaretta elettronica in quel comportamento definito ‘duale’ non porta benefici.
Sono tutti d’accordo che la pandemia ha determinato una paura che in alcuni ha determinato la ricerca di atteggiamenti e stili di vita più sani ma allo stesso tempo ha influito pesantemente sui soggetti più fragili, economicamente e socialmente che hanno continuato nella loro dipendenza a cui chiedono un sostegno anche emotivo e psicologico.
Esortare all’impegno a smettere è come chiedere ad un depresso o a un diabetico di guarire senza aiuti farmacologici. E se è vero che una forma di diabete lieve può essere normalizzata con strategie che agiscono sugli stili di vita (ad esempio un aumento dell’attività fisica), nelle forme gravi ci vuole l’insulina.
E’ chiaro che smettere sia la scelta migliore che un fumatore attuale può fare, ma, trattandosi di una dipendenza possiamo affermare che ‘non è questione di buona volontà’ e che lo slogan non solo è paternalistico ma soprattutto evidentemente ideato da chi non ha alcuna esperienza clinica di dipendenza da sostanze. Inoltre l’esortazione ad impegnarsi appare ulteriormente offensiva e minimizza la sensazione di fallimento che attanaglia i tabagisti ogni volta che un tentativo di allontanarsi dalla dipendenza non è coronato da successo.