
Test genetico fai da te? Il risultato non è una sentenza
di Giuseppe Novelli
Di recente il celebre attore Chris Hemsworth ha dichiarato di esseri preso una pausa dal lavoro dopo aver scoperto di essere maggiormente a rischio di sviluppare la malattia d’Alzheimer. L’attore avrebbe si sarebbe sottoposto a una serie di test genetici, nell’ambito di una docuserie a cui stava lavorando (Limitless di Disney+), e di aver scoperto così di avere una mutazione genetica ereditata da entrambi i genitori, che aumenta di 10 volte le probabilità di ammalarsi di Alzheimer.
Il gene in questione si chiama APOEε4 ed è localizzato sul cromosoma 19. Il ruolo del gene APOE è quello di codificare per il principale trasportatore del colesterolo dagli astrociti ai neuroni. L’allele ε4, in particolare è associato alla formazione accelerata di depositi di beta-amiloide, il che lo rende uno dei principali fattori di suscettibilità per la malattia di Alzheimer ad insorgenza tardiva (late-onset AD), per definizione condizione multifattoriale.
Bisogna però tener conto che non tutti i portatori dell’allele ε4 svilupperanno la patologia e non tutti i malati sono portatori dell’allele specifico. Questo test genetico quindi non può essere considerato diagnostico. Non è una sentenza. Fornisce solo un informazione, in questo caso il maggior rischio di ammalarsi di Alzheimer, che può essere preziosa sul fronte della prevenzione. In altre parole, il paziente scopre di avere una predisposizione genetica a sviluppare una determinata malattia e modifica il proprio stile di vita nel cercare di ridurre il rischio.
I test genetici non sono “genoscopi” che prevedono il futuro
L’esempio di Hemsworth potrebbe anche indurre molte altre persone a sottoporsi allo stesso test. Ma la mutazione genetica ereditata dall’attore si trova solo nel 2-3% della popolazione mondiale, soprattutto in Africa e in Asia. Se tutti facessero lo stesso test, quindi, la stragrande maggioranza si sottoporrebbe ad un esame inutile che potrebbe essere e fonte di ansia e stress evitabile. Questo vale per moltissimi altri tipi di test genetici attualmente in commercio, molti dei quali possono essere eseguiti da soli a casa. Vengono pubblicizzati come se fossero veri e propri “genoscopi”, ovvero oroscopi di quello che c’è scritto nei geni. Ma non sono reali e né tantomeno affidabili. I test genetici sono preziosi ma vanno interpretati con competenza. Vanno pertanto eseguiti in seguito ad una consulenza genetica che può accertare inizialmente l’utilità dell’analisi e poi successivamente contestualizzare i risultati. Fare diversamente significherebbe incorrere in reazioni psicologiche avverse. Il dibattito sull’utilità del test, viste le implicazioni psicologiche, soprattutto in soggetti pre-sintomatici, è molto acceso perché il test non è in grado di dare la certezza dello sviluppo della patologia, in quanto non tiene conto dell’impatto dei fattori ambientali e del contributo di altri geni.
Il caso Jolie e dei test per la predisposizione al cancro dell’utero e del seno
Emblematico è stato da subito il caso di Angelina Jolie. L’attrice americana infatti, dopo aver scoperto di avere un profilo genetico ad alto rischio ha deciso di sottoporsi ad un intervento chirurgico radicale: si è fatta togliere, oltre alle ovaie, anche il seno. L’esperienza personale dell’attrice ha avuto un eco molto importante, tanto da spingere molte donne a seguire il suo esempio. Però occorre ribadire che il test molecolare Breast Cancer Susceptibility (Brca), noto oggi come test Jolie, non è indicato per tutte e va gestito con competenza. La percentuale delle pazienti che non hanno una storia familiare per tumore ovarico e che hanno la possibilità di svilupparlo è meno del 2%. E’ evidente che il rischio di fare esami inutili sia piuttosto alto. Conosciamo almeno 25 geni diversi che mutati comportano un aumento di rischio per cancro alle ovaie e la mammella, e i geni Brca sono solo due di questi. Ecco perché la consulenza genetica al pre test è necessaria per capire che tipo di test va fatto, a chi va effettuato e quando farlo. Non si può generalizzare e ricondurre il tumore alla mammella o all’ovaio al singolo test genetico relativo a uno specifico gene. Non basta quindi individuare la mutazione genetica. Questa va infatti capita, analizzata e contestualizzata, all’interno della storia del paziente e questo compito spetta al genetista. Qualunque test che riguarda la genetica quindi deve obbligatoriamente passare attraverso il genetista perché è l’unica figura professionale che può stabilire il rischio genetico per ogni paziente. Non è un caso che il ministero della Salute raccomanda necessariamente una consulenza genetica pre test e post test.
Attenzione e cautela quindi perché la valutazione del rischio genetico non è solo il Dna, ma anche la sua interazione con la storia familiare, l’ambiente, lo stile di vita, i farmaci assunti. È quindi un sistema complesso che chiamiamo rischio predittivo, ma solo uno specialista, e spesso, un vero e proprio gruppo di specialisti può riuscire a interpretare meglio cosa si cela tra le lettere del nostro codice genetico e quali sono i nostri reali rischi specifici