
Toxoplasmosi: sfatare i falsi miti
Sollievo tra i gatti: “la convivenza con noi non è fattore di rischio. Se l’umana è in gravidanza possiamo essere testati per limitare il rischio abbandoni”.
Diminuiti i casi nei paesi sviluppati, nell’uomo, la via di infezione alimentare è quella più frequente ed in particolare si stima che l’ingestione di carni crude o poco cotte (più a rischio le rosse delle bianche) sia responsabile del 40-60% delle infezioni.
MYLAV (www.mylav.net), laboratorio di analisi veterinarie, ha coinvolto due suoi esperti – il Dott. Luigi Venco (Board-Certified al College Europeo di Parassitologia Veterinaria*) e la Dott.ssa Francesca Tamarozzi (Laureata in medicina umana e veterinaria, esperta in parassitologia*) al fine di fare una volta per tutte il punto sulla toxoplasmosi, di cui tanto si sente parlare e non raramente a sproposito.
Non è pericoloso:
- Vivere con un cane. Il cane non trasmette la toxoplasmosi ma può fungere da trasportatore meccanico di oocisti dall’ambiente, esattamente come ogni altro membro della famiglia o oggetto portato in casa;
Vivere con un gatto. La convivenza con un gatto è stata dimostrata non essere un fattore di rischio. Nel gatto(fatta eccezione, in alcuni casi, nei neonati e nei gatti immunodepressi) l’infezione da toxoplasma gondii decorre in forma quasi costantemente asintomatica e solamente dopo la prima infezione il gatto rilascia oocisti con le feci, per un periodo di tempo molto limitato.
- Testare il gatto per la toxoplasmosi è possibile, se i proprietari lo richiedono, e può essere prudente se la donna in gravidanza è sieronegativa per la toxoplasmosi.
È pericoloso invece:
- Mangiare verdure crude (anche se lavate con detergenti o disinfettanti perché non uccidono le oocisti)
- Mangiare salumi crudi, anche se stagionati o trattati con altri metodi di conservazione diversi dalla cottura;
- Mangiare carni non cotte accuratamente, il che include assaggiare carni durante la cottura ma anche mangiare prodotti che sono stati in contatto con superfici su cui si sono manipolati alimenti potenzialmente contaminati (ad esempio verdure crude o carne cruda). Se le carni sono importate da fuori Europa(specialmente Sud America), dove ci sono varianti più aggressive del parassita, può essere rischioso anche per le donne incinte già immuni;
- Mangiare frutti di mare crudi;
- Bere latte non pastorizzato (in particolare ovicaprino);
- Fare viaggi al di fuori dell’Europa, Stati Uniti e Canada, dove le norme igieniche sono minori e vi è la circolazione di varianti aggressive del parassita;
- Dedicarsi ad attività che comportano il contatto con terreno potenzialmente contaminato senza protezioni (guanti) o senza successivamente lavarsi accuratamente le mani (ad esempio giardinaggio, picnic,…)
La diffusione della toxoplasmosi nel mondo
In Europa, e nelle aree industrializzate in generale, si sta osservando un declino della sieroprevalenza (cioè delle persone che hanno contratto l’infezione e quindi hanno anticorpi contro questo parassita): ad esempio in Francia negli anni ’60 la sieroprevalenza nella donne in gravidanza era dell’ 80%, scesa al 44% a inizio degli anni 2000.
L’Italia, nello specifico, può essere considerata un paese a prevalenza media, dove circa il 30% delle donne al momento della prima gravidanza ha già contratto l’infezione e quindi ha già anticorpi che proteggono contro questo parassita.
Toxoplasmosi e contagio umano
Il protozoo Toxoplasma gondii compie un ciclo biologico complesso che prevede una fase intestinale, esclusivamente nel gatto e altri felidi (chiamati ospiti definitivi), e una extra-intestinale, nei tessuti sia dell’ospite definitivo che in altri animali, uomo compreso (chiamati ospiti intermedi).
L’infezione può essere contratta in molti modi. Un modo è tramite l’ingestione delle forme parassitarie emesse dal gatto (o altri felidi) con le feci, chiamate oocisti. Queste oocisti non sono mai subito infettanti (cioè capaci di causare una infezione), ma lo diventano nell’ambiente in un periodo di tempo variabile ma mai inferiore a 24 ore. Un gatto infetto elimina oocisti una sola volta nel corso della sua vita e per un periodo limitato che non supera le 2 settimane ma le oocisti che vengono disperse nell’ambiente (giardini, orti, parchi, acque) sono molto resistenti.
L’infezione può anche essere contratta tramite ingestione delle forme parassitarie presenti nei tessuti (carni) degli animali ospiti intermedi. Le carni che più frequentemente contengono questa forma “dormiente” del parassita sono soprattutto quelle di suini, ovini, caprini e, più raramente, di altri animali. Queste cisti possono anche essere presenti nelle carni della selvaggina.
Nell’uomo, si stima che la via di infezione alimentare sia quella in assoluto più frequente, anche se le percentuali variano in base all’area geografica e alle abitudini alimentari. Si stima che l’ingestione di carni crude o poco cotte (più a rischio le rosse delle bianche) contenenti bradizioiti sia responsabile del 40-60% delle infezioni.
Come si manifesta la toxoplasmosi negli esseri umani?
Dopo l’infezione, il parassita rimane latente nei tessuti, senza normalmente dare alcun problema di salute. Al momento dell’infezione, la maggior parte delle persone è asintomatica o ha solo sintomi aspecifici; si ha una risposta immunitaria efficace, vengono prodotti anticorpi, e l’infezione diventa quiescente.
Il rischio maggiore è per le persone immunodepresse (perché il sistema immunitario può non tenere più quiescente l’infezione) e per le donne in gravidanza che contraggono per la prima volta l’infezione durante la gravidanza, per i possibili danni indotti al feto.
La possibilità di passare il parassita attraverso la placenta al feto aumenta con il progredire della gravidanza ma il rischio di danni per il feto diminuisce con il progredire della gravidanza. Le lesioni più importanti si registrano nel feto se la donna contrae l’infezione nei mesi che precedono la gravidanza (rischio aborto) e nel primo trimestre. Le donne a rischio sono quelle che risultano negative al test anticorpale per la toxoplasmosi (test incluso nel pannello TORCH) che dovrebbe essere eseguito in previsione di una gravidanza e comunque sempre entro il primo trimestre di gravidanza.