
Tumore al seno, scoperto il meccanismo che porta alle metastasi
di Valentina Arcovio
Livelli elevati della proteina PI3K-C2a sono direttamente correlati a un aumento del rischio di metastasi del tumore a seno, la principale causa di morte per questo tipo di cancro. A individuare questo potenziale nuovo bersaglio terapeutico è uno studio del Centro di Biotecnologie Molecolari dell’Università di Torino, pubblicato sulla rivista Advanced Science (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/advs.202103249). Le implicazioni potrebbero essere straordinarie, considerato che il cancro al seno è il tumore più diffuso e una delle principali cause di mortalità nelle donne in tutto il mondo.
La proteina PI3K-C2a promuove la diffusione delle cellule tumorali
Dal punto di vista funzionale, l’aumentata l’attività lipide-chinasica della proteina PI3K-C2a sarebbe in grado di indurre un cambiamento nella struttura delle cellule tumorali, promuovendo l’insorgenza di caratteristiche che favoriscono la diffusione delle cellule tumorali. In questo modo, la cellula tumorale diventa capace di “staccarsi” dalla massa tumorale primaria. Muovendosi all’interno del sistema circolatorio, può quindi aumentare l’infiltrazione dei tessuti e la generazione di formazioni metastatiche. L’aspetto innovativo dello studio, sostenuto prevalentemente da Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, è stata l’individuazione del meccanismo molecolare che permette alle cellule di migrare e metastatizzare.
Con un inibitore selettivo è possibile ridurre l’espressione di PI3K-C2a
I ricercatori – Federico Gulluni, Huayi Li e Lorenzo Prever – hanno evidenziato come la cascata di segnalazione intracellulare attivata da elevati livelli di PI3K-C2a porti all’inattivazione funzionale di uno dei principali regolatori della migrazione cellulare, la proteina R-RAS. In particolar modo, è stato possibile dimostrare, grazie all’utilizzo di modelli murini e pesci zebra, come l’uso di un inibitore selettivo, capace di limitare il funzionamento della proteina PI3K-C2a, sia in grado di bloccare il processo migratorio e invasivo delle cellule di tumore al seno. “I dati ottenuti in laboratorio saranno ora da confermare in ulteriori studi preclinici e clinici”, precisano gli scienziati.