UBRIACHEZZA: PROVOCA MIOPIA MENTALE, NON DISINIBIZIONE

Di Johann Rossi Mason

 

Cambia la percezione di ciò che accade sotto effetto dell’alcol. Numerose ricerche di tipo antropologico e osservazionale metterebbero in crisi la teoria della ‘disinibizione’ e dell’allentamento dei freni inibitori. Illustra questa tesi rivoluzionaria il giornalista Malcom Gladwell nel suo ultimo libro: “Il dilemma dello sconosciuto”, lo stato di ebbrezza causerebbe una forma di ‘miopia cognitiva’. Teoria introdotta dagli psicologi Claude Steele e Robert Josephs che con questo termine intendevano come l’effetto principale del consumo di alcol fosse il restringimento del campo emozionale e mentale. L’alcol renderebbe quindi gli oggetti e le esperienze in primo piano ancora più rilevanti e quelli sullo sfondo, comprese le conseguenze possibili, meno importanti, quasi inesistenti. Amplifica le considerazioni a breve termine e fa svanire nei fumi dell’ebbrezza quelle a lungo termine. E’ comunque una alterazione dello stato di coscienza e di sicuro del giudizio. 

 

Gladwell ci regala un esempio che renderà la comprensione della ‘miopia’ più chiaro: se una persona è depressa e crede che bere la tirerà su contando su un effetto inibitorio sulla tristezza resterà probabilmente delusa, solo, al tavolo di un bar, quello che ha in primo piano, ossia il cattivo umore, diventerà ancora peggiore. Al cambiare delle circostanze possono cambiare anche gli effetti: se il soggetto è triste ma si trova in compagnia di un gruppo di amici festosi per guardare una partita, il contesto positivo sarà in primo piano e scaccerà momentaneamente le sue angosce (salvo poi farle riemergere il mattino dopo, puntuali, insieme ad un gran mal di testa). 

L’alcol si sposa con l’ambiente circostante, mantiene in primo piano solo le esperienze presenti e immediate. 

 

La parte disinibitoria attiene invece alla visione di noi stessi, con la testa più leggera e il mondo e le sue storture lontanissimo possiamo credere di essere più leggeri, sexy e divertenti ma forse in realtà solo imbarazzanti. Chi è sotto l’effetto dell’alcol quindi si sente diverso in maniera positiva, spogliato dal dovere del decoro ma sul baratro del ridicolo. Inoltre l’alcol, specie in grandi quantità mette in crisi la nostra capacità di tenere a bada gli impulsi e rimandare le gratificazioni e i bisogni. Questo meccanismo rende ragione degli effetti drammatici di quando due soggetti sono in uno stato di ebbrezza e si trovano in situazioni che non di rado finiscono in tribunale con una denuncia di stupro. Specialmente nel caos ipersessualizzato delle feste nei campus universitari o delle discoteche. 

 

La decisione di avere un rapporto sessuale ha alla sua base un consenso che prevede una negoziazione. So che è difficile vederla in modo così asettico ma è esattamente la modalità con cui un giudice cerca di dipanare la matassa delle responsabilità cercando di capire cosa sia stato frainteso o usato in malafede per ottenere uno scopo. 

 

Gioverà ricordare che gli effetti di una sbronza dipendono da diversi fattori: gradazione alcolica della bevanda, quantità e velocità di assunzione in un dato periodo di tempo ma soprattutto dalla strada che prende l’alcol quando si diffonde nel tessuto cerebrale. Il primo bicchiere smorza l’attività dei lobi frontali, la parte del cervello che gestite motivazione, attenzione e apprendimento (ah anche il giudizio). Il secondo bicchiere porta l’alcol a livello dell’amigdala che dovrebbe reagire ai comportamenti rischiosi e invece viene messa a tacere, infine determina una scarica di dopamina che rende l’esperienza del bere piacevole, desiderabile e porta alla necessità di ripeterla (il più presto possibile). Il sistema di allarme è ora disattivato, non siamo in grado di valutare eventuali pericoli, siamo, specialmente noi donne, vulnerabili. Infine l’alcol raggiunge il cervelletto deputato al movimento e alla coordinazione: è per questo che gli ubriachi barcollano e tendono a perdere l’equilibrio, un altro sistema è andato, ko. Infine si ‘spegne’ l’ippocampo, la centrale dei ricordi, ma questo è un altro affascinante argomento e lo affronteremo in un altro articolo. 

 

Eppure alcune esperienze ci dicono che è possibile bere molto senza conseguenze drammatiche, avviene ad esempio presso i Camba della Bolivia Centrale che ogni fine settimana riunivano una comunità non particolarmente legata per un we di bevute che potevano finire con scazzottate rituali e abbracci fraterni. Usavano la miopia dell’alcol per costruire legami in un contesto fatto di regole che proteggevano tutti: si beveva una bottiglia alla volta, tutti seduti in cerchio (in modo che alla fine del giro ognuno avesse in qualche modo avuto il tempo di metabolizzare la sua sorsata). Le bevute avvenivano solo nel fine settimana e mai da soli per preservare l’aspetto sociale e proteggersi l’un l’altro. La società temporanea e trasformata che emergeva era caratterizzata da ordine, prevedibilità e rituali. 

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