
Un esercito di lettori per combattere l’Alzheimer
di Anna Benedetto
Provate a immaginare la scena di un nonno che, per evitare che il proprio nipotino a letto con l’influenza passi troppo tempo a giocare ai videogiochi, inizia a leggergli una storia fantastica.
Avete mai pensato a cosa succederebbe invertendo le parti?
Nella giornata mondiale del morbo di Alzheimer 2022, impareremo a capire le ragioni scientifiche secondo cui “l’atto magico” della lettura di storie ad alta voce abbia un effettivo potere terapeutico, sia nell’ottica di prevenzione che di resilienza a questa patologia.
Uno studio italiano ha dimostrato che l’atto di farsi leggere storie sia una palestra per il cervello, dal grembo materno fino agli stadi più avanzati di decadimento cognitivo nell’anziano.
A sperimentarlo sul campo in Italia ci sono gli sforzi congiunti del Prof. Federico Batini, professore di “Pedagogia sperimentale” all’università di Perugia, e del suo team di una ventina di ricercatori.
La loro attività di ricerca da anni tiene fede ad un approccio life-long learning occupandosi dei bisogni educativi dell’essere umano lungo il suo intero ciclo di vita, dall’infanzia alla terza età.
“Non si impara a leggere a 6 anni”
È il primo mito sfatato dal Prof. Batini, che specifica «a 6 anni si impara la decodifica di un segno (un grafema) in un suono (fonema). Ma questo non è leggere: è solo imparare che le lettere dell’alfabeto hanno un suono. L’intero processo di lettura e comprensione si protrae – nel caso migliore – dai 6 ai 16 anni. Noi adulti (nello specifico i docenti preposti al sistema educativo e all’istruzione) dovremmo accompagnare i ragazzi attraverso la lettura ad alta voce di storie in tutto il sistema educativo da 0 ai 19 anni.
E con questo agiamo sulle abilità cognitive di base (quelle che mi servono per trattare qualsiasi informazione), sulle capacità linguistiche produttive e ricettive (quello che capisco e che so utilizzare nel linguaggio), sulle capacità relazionali di base, sulla capacità di comprendere le emozioni proprie ed altrui, sulle abilità di comprensione e – nei più piccoli – addirittura sulle capacità motorie».
È fondamentale, secondo Batini ed il suo team di studiosi, affidare la pratica della lettura ai professori, non solo quelli di Lettere. Senza demandare l’attività alle famiglie, perché in questo caso verrebbero perpetrate le disuguaglianze socio-culturali, trasferendole dai genitori ai figli. La lettura ad alta voce favorisce infatti un accesso più democratico al sapere poiché più esiguo è il vocabolario, più ostico diventa il processo di apprendimento e più carente il livello di formazione e di preparazione del futuro adulto. La lettura collettiva potenzia inoltre anche il senso di comunità, di empatia e di immedesimazione.

Federico Batini, docente di Pedagogia sperimentale, Università di Perugia
I “generi” preferiti
Se per la musica si è tanto parlato di “effetto Mozart” (ossia del temporaneo effetto di potenziamento cognitivo provocato dall’ascolto di un determinati brano del compositore austriaco), viene da chiedersi se esistano autori e/o generi più utili di altri a questi fini.
Secondo gli studi effettuati da Batini ed il suo team «che siano filastrocche, libri illustrati, novelle o romanzi: sono solo le storie a produrre questo effetto, partendo da cose molto semplici a narrazioni più strutturate. Non la saggistica, ad esempio. Questo perché ascoltare una storia favorisce fenomeni di immedesimazione, processi predittivi sul suo prosieguo, costante attivazione di relazioni causa-effetto, evocazione di associazioni, ricordi ed episodi autobiografici».
Perchè – per dirla con un altro libro del Prof. Batini – “le storie siamo noi”. E con la lettura possiamo scegliere o incontrare le storie che ci piacciono e che in qualche modo ci “cambieranno la vita”.
Il cervello durante la lettura è ingaggiato in un processo di attivazione senza precedenti. Attraverso una esperienza piacevole e immersiva come la lettura di storie, si potenziano anche le capacità attentive che, nei nativi digitali passano dai pochi minuti ai 45 minuti – 1 ora di lettura.
Molto meglio di un cruciverba
Troppo spesso – aggiunge Batini – si sente raccomandare a persone nella terza età, anche in condizione non patologica, che la perdita di abilità si contrasta con alcune attività; si consiglia ad esempio di “tenersi in allenamento facendo i cruciverba”.
Dovremmo paragonare invece più spesso il nostro cervello ai nostri muscoli.
Fare un cruciverba non allena il nostro cervello, ma soltanto l’abilità di richiamare parole a partire da una definizione.
«È come pensare di fare ginnastica allenando solo una parte del corpo: se nel mio training alleno solo una mano, non posso pretendere che la coscia diventi più tonica. Al contrario la lettura, anche quella autonoma per chi ne è ancora capace, è invece una ginnastica completa perchè ci fa attivare moltissime aree del cervello contemporaneamente. Attraverso il meccanismo dell’attivazione dell’esperienza vicaria, se il mio protagonista sta provando paura, si attivano le aree del mio cervello preposte alla paura; se sta correndo, quelle del movimento degli arti inferiori, ecc».
L’effetto riabilitativo della lettura sugli anziani con demenze e Alzheimer
Possiamo dirlo “ad alta voce”, questa pratica agisce favorevolmente sul cervello anche se affetto da un decadimento cognitivo severo.
La sperimentazione del team di Batini ha coinvolto diversi soggetti residenti in RSA, in fase avanzata (fase 3) di malattie dementigene (Alzheimer e Parkinson su tutte). Per cicli di 30-40 giorni, ogni giorno questi gruppi sono stati sottoposti a un’ora di training di lettura ad alta voce di storie, partendo da cose molto semplici fino a racconti più strutturati.
Esattamente come succede quando si fa un allenamento in palestra, i ricercatori nel corso del training cognitivo narrativo nelle RSA sono partiti da materiali cognitivamente molto accessibili (tipo albi illustrati, filastrocche e racconti brevi) fino ad estratti più lunghi e strutturati (racconti e romanzi); scegliendo rigorosamente sempre narrativa di qualità.
Raggiunto un livello di attenzione più lunga e strutturata, i ricercatori hanno iniziato a sottoporre storie ispirate a tre categorie: o storie che potessero essere popolari quando i destinatari erano bambini, ragazzini o giovani; o storie in cui potessero immedesimarsi in maniera positiva nel loro presente (ad esempio che parlassero di anziani che si davano una seconda opportunità ma anche personaggi fantastici in cui potessero in qualche modo identificare); o storie collegate a ricordi che i soggetti avevano esplicitato nel corso degli incontri precedenti.
Prima e dopo il training i ricercatori somministravano ad ogni partecipante una batteria neuro-cognitiva che ha permesso di rilevare guadagni impressionanti e statisticamente significativi per quanto riguarda tutti i domini di memoria (a breve e lungo termine, dichiarativa, autobiografica, ecc) in soggetti affetti da demenza o Parkinson con un decadimento cognitivo acuto, quindi non più trattabili farmacologicamente.
Gli studi di follow up hanno mostrato un aumento significativo delle prestazioni del gruppo sperimentale in diverse performance cognitive, i cui benefici erano ancora osservabili dopo 3-4 mesi dopo l’esperimento.
Ciò suggerisce che questi tipi di allenamento potrebbero essere implementati come un efficace trattamento non farmacologico per il declino cognitivo negli anziani.
La domanda a questo punto è: che cosa succederebbe se si riuscisse a sottoporre pazienti affetti da patologie neurodegenerative in stato iniziale a training intensivi di lettura? La previsione di Batini è che ritarderemmo la perdita dell’autonomia. Con un risparmio considerevole in termini di spesa sanitaria pubblica.
Il costo medio annuo per assistere un malato di Alzheimer è stato stimato stimato nella cifra di 70 mila euro, comprensivo dei costi a carico del Servizio sanitario nazionale e di quelli che ricadono direttamente sulle famiglie.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità riferisce stime di crescita allarmanti del deficit: 35,6 milioni di casi nel 2010 che raddoppieranno nel 2030 e triplicheranno nel 2050 con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno (uno ogni quattro secondi) e il cui impatto economico sui sistemi sanitari sarà di circa 604 miliardi di dollari l’anno, con incremento progressivo.
In Italia, il numero totale dei pazienti con deficit cognitivo è stimato in oltre un milione, di cui circa il 60%, ovvero 600 mila, con malattia di Alzheimer. Circa tre milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari (Fonte: Ministero della Salute).
LaAV – un esercito di lettori che diventano caregiver
Il training della lettura ad alta voce ha una doppia valenza benefica: riparativa per gli anziani destinatari delle RSA che hanno aderito alla sperimentazione e preventiva da parte dei volontari che, accumulando ore di lettura ad alta voce, sottoscrivono al contempo una polizza di salute per la loro vecchiaia.
E, se vi foste venuta voglia di candidarvi come “cantastorie”, il Prof. Batini ha pensato anche a questo, fondando la LaAV – Letture ad alta voce: una rete di circoli di lettura popolati da lettori volontari che offrono il loro tempo e la loro voce per leggere le storie ad anziani e piccini.
Non c’è un limite di età per i lettori LaAV: all’interno dei circoli ci sono lettori giovanissimi, i Teen LaAV, che vanno dai sette ai sedici anni.
Il loro motto è #IOLEGGOPERGLIALTRI: un modo piacevole per incontrare e mettersi a disposizione degli altri ma, a ben vedere, anche per compiere un gesto di cura verso se stessi.

I volontari della LaAV ad un incontro