
Un fegato d’oca ci renderà nel futuro più responsabili?
di Anna Benedetto
L’azienda francese Gourmey sta provando a realizzare in laboratorio un foie gras sintetico a partire dalle cellule staminali d’oca ed ha ottenuto 48 milioni di euro per costruire il più grande hub di carne coltivata d’Europa.
Non si tratta di un semplice “esperimento scientifico” ma di una occasione in cui la Scienza mette in campo le sue risorse per affrontare questioni di sostenibilità etica ed ambientale, non più rimandabili. L’azienda – che si avvale della collaborazione di ingegneri, chef ed esperti di cibo – vuole mettere sul mercato entro 1 anni il prodotto più simile possibile a quello tradizionale.
Il termine vuol dire letteralmente “fegato grasso” ed evoca lo status symbol di un piatto pregiato, di produzione francese, tradizionalmente consumato nel periodo delle festività natalizie.
Definito dalla legge francese come “fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata (gavage)”, somministrando più volte al giorno attraverso un tubo meccanico inserito in gola cibi ipercalorici, in quantità assai maggiore di quanto l’animale ne ingerirebbe volontariamente. Lo scopo è lo sviluppo di dimensioni abnormi del fegato di questi animali – fino a 10 volte maggiori di quella di un organo sano – per massimizzare il profitto dell’allevamento.
L’alimentazione forzata induce (negli animali come nell’uomo), oltre alla crescita abnorme del fegato, anche un aumento del grassi delle cellule epatiche noto come steatosi epatica. Benché – secondo gli allevatori – non ci siano definitive evidenze scientifiche secondo cui causi danno alla salute degli animali, sta di fatto che è illegale ed è considerata un reato penale in molti paesi del mondo, Italia compresa.
Produzione illegale ma considerata “non nociva” dal Parlamento Europeo
La produzione di foie gras è vietata in Italia e in molti paesi del mondo, ma non lo è la sua consumazione, resa possibile attraverso il costoso export dai pochi paesi produttori. In Europa il foie gras è prodotto solo da 5 paesi: Francia, Bulgaria, Spagna, Ungheria e Belgio. La Francia da sola produce circa l’80% del foie gras consumato ed esportato in tutto il mondo.
Benchè questa pratica sia stata fortemente condannata anche dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) , che giudica l’alimentazione forzata “nociva per il benessere degli animali”; il 15 febbraio 2022 il Parlamento europeo ha approvato una relazione sul benessere degli animali in cui dice che l’alimentazione assistita per “la produzione di foie gras si basa su procedure di allevamento che rispettano i criteri di benessere degli animali”
Da diversi anni le associazioni animaliste portano avanti inchieste e report per sensibilizzare i consumatori, confluiti nella campagna #viadagliscaffali che ha convinto numerose catene di supermercati e discount a non commercializzare più foie gras. Tra queste: Crai, Selex, Conad, Carrefour, Pam, Panorma, Coop, Esselunga, Lidl, Eataly, MD, Bennet, Sigma e Tigros.
L’impatto ambientale dell’allevamento intensivo
Ridurre il consumo di carne – in alcuni casi superiore a 100 chilogrammi pro capite all’anno nei paesi ad alto reddito – è da tempo considerato un comportamento responsabile sia per la tutela dell’ambiente che della propria stessa salute.
Il consumo eccessivo di carni rosse può provocare un aumento di colesterolo, dei livelli di insulina nel sangue e l’infiammazione del tratto intestinale, aumentando il rischio di certe patologie, tra cui i tumori, in particolare quelli del colon-retto.
Occorre tenere a mente che l’allevamento intensivo è una delle principali fonti di emissioni di gas serra nel mondo.
La proliferazione di investimenti e start-up impegnate, come Gourmey, impegnate a studiare metodi alternativi di produrre cibo di origine animale intende trovare una risposta anche all’impatto ambientale dell’allevamento tradizionale.
Attualmente esistono aziende che hanno già ottenuto l’approvazione per vendere la propria carne prodotta in laboratorio o stanno per ottenerla, come GOOD Meat che ha avuto da Singapore l’approvazione per vendere il suo petto di pollo sintetico; mentre l’autraliana Vow ha appena inaugurato uno stabilimento a Sydney, dove produce manzo, pollo e maiale sintetico.
Tra i contro, oltre alla perfettibilità dal punto di vista del “gusto” rispetto all’originale, vi sono: i costi niente affatto competitivi di produzione della carne sintetica (per via del prezzo delle materie prime, cioè le cellule staminali).
Inoltre, non si sa ancora come produrre molte varietà di carne e nella maggior parte dei paesi mancano le regolamentazioni sulla produzione e sulla vendita di carne artificiale.
Per tornare all’origine del problema, un altro flagello che colpisce gli allevamenti intensivi sono le epidemie di influenza aviaria che costringono gli allevatori ad abbattere i propri animali e che contribuiscono a far scarseggiare il prodotto.
Questo ad esempio in Francia, secondo Le Figaro è stato un periodo nero per i produttori di foie gras, affossati da una epidemia che ha colpito il pase 4 volte in 7 anni.
Gli allevatori francesi, solo nel 2022, hanno dovuto abbattere in via precauzionale 20 milioni di anatre e pollame, con un calo di un terzo della produzione, che farà scarseggiare ed aumentare il prezzo di questo prelibato alimento sulle tavole natalizie francesi.
E tra due anni capiremo se i francesi siano così legati alle tradizioni da non considerare, per il cenone di Capodanno, anche un ordine da Gourmey!