
Vaiolo delle scimmie, allarme rientrato
di Ida Macchi
Quattro, ad oggi , i casi di vaiolo delle scimmie, o monkeypox, diagnosticati in Italia. Nel nostro Paese ci sono però altre 15 persone in osservazione e secondo le stime del Centro europeo per il controllo delle malattie (l’Ecdc) i casi in Europa sono 67, concentrati soprattutto in Spagna e in Gran Bretagna. Ulteriori segnalazioni dell’infezione, però, giungono anche dagli Stati Uniti, dal Canada e dall’ Australia, portando a circa 100 il numero dei contagiati. Ma come mai questa malattia, nota la 1958 ma da allora confinata in Africa, sta circolando in paesi che sino ad oggi ne erano immuni? Soprattutto, come è arrivata alle nostre latitudini? “Le indagini epidemiologiche attualmente in corso hanno scartato possibili collegamenti di viaggio con aree endemiche come Ghana e Nigeria”, risponde il Professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano. “L’unico nesso sin ad ora emerso che collega i 4 casi italiani sembra essere una vacanza alle Canarie, dove fra il 5 e il 15 maggio sarebbe stato organizzato un evento molto affollato a Maspalomas. I centri specialistici italiani , e non solo, sono stati quindi allertati, l’Istituto Superiore di Sanità ha attivato un gruppo di esperti per seguire l’evolversi della situazione e identificare eventuali focolai in tempi precoci, anche se al momento i sintomi delle infezioni “nostrane “ sembrano essere lievi”.
Ignoto il serbatoio
Ma qual è l’origine del poxvirus, l’agente responsabile del vaiolo delle scimmie? “Ancor oggi non è stato identificato l’animale che gli fa da serbatoio , anche se si sa che è diffuso nei topi , nei piccoli roditori e nei primati da cui può poi passare all’uomo, magari attraverso un morso”, risponde il virologo. “Il monkeypox non ha invece nulla a che fare con il vaiolo umano, molto più grave, ma fortunatamente eradicato in tutto il mondo dal 1979. Una volta entrato in azione, infatti, il poxvirus provoca sintomi simili a quelli di un’influenza come stanchezza, dolori muscolari, mal di testa , mal di schiena, febbre e linfonodi ingrossati. Il segno caratteristico dell’infezione sono però bolle molto dolorose sui palmi delle mani, anche se nei nuovi focolai europei sono state rilevate soprattutto sui genitali e sulla zona perigenitale, il che fa supporre che la trasmissione si verifichi durante gli stretti contatti fisici dei rapporti sessuali. Sono state inoltre segnalate anche molte ulcerazioni sulle mucose orali”. Nonostante ciò, secondo l’Ecdc “il rischio complessivo di contagio è moderato per le persone che hanno più partner sessuali e basso per la popolazione generale”. “Le complicanze sono inoltre rare (broncopolmonite, cicatrici sulla cornea che possono portare a cecità irreversibile, o cicatrici sulla pelle) e nella maggioranza dei casi la guarigione avviene nel giro di poche settimane”, aggiunge il professor Pregliasco. “Il virus però può essere molto aggressivo e la malattia più grave se colpisce bambini under 12, donne in gravidanza e persone con un sistema immunitario depresso”.
Secrezioni e droplets
Ma come passa l’infezione da una persona all’altra ? “La via di trasmissione sono i fluidi corporei ( saliva, secrezioni vaginali ) e le goccioline che si emettono normalmente parlando, chiamate droplet, contagiose sin da quando la persona infetta manifesta i primi sintomi parainfluenzali, ma solo se il contatto è ravvicinato e prolungato”, spiega il virologo. “Possibile contagio anche con il contatto diretto delle lesioni, sin tanto che non cadono le croste con cui l’organismo le ripara, e con il contatto diretto con lenzuola o indumenti contaminati. C’è inoltre il sospetto, non ancora confermato dagli studi sin ora effettuati, che il virus possa trasmettersi anche per via aerosol, rimanendo attivo nell’aria sino a 90 ore. Nonostante ciò, non è il caso di allarmarsi e di temere il peggio anche perché il virus del vaiolo delle scimmie che ha raggiunto il nostro Paese è quello proveniente dall’Africa occidentale che ha una carica virale inferiore a quello che circola per esempio in Congo”.
Le cure
E le cure ? “Attualmente non esiste una cura, anche se la Food and Drug Administration (FDA) ha dato l’approvazione ad un trattamento con alcuni antivirali ( tecovirimat, cidofovir o brincidofovir) che risultano essere attivi contro il Monkeypox, ma solo in vitro e nelle sperimentazioni”, spiega il professor Pregliasco.” Gli over 50, che hanno effettuato la vaccinazione contro il vaiolo umano, obbligatorio sino agli anni 70, hanno invece una copertura dell’85% anche nei confronti di quello delle scimmie e quindi un rischio ultraridotto di ammalarsi. Utile perciò, per chi non è vaccinato, seguire buone regole di prevenzione: lavaggio frequente delle mani, uso di lenzuola e asciugamani personali, no a rapporti sessuali occasionali” .