Vitamina D e fertilità: cosa dice il nuovo studio sulla loro correlazione

Ida Macchi

La conosciamo per il suo ruolo protettivo nei confronti dello scheletro di cui regola la mineralizzazione, ma la vitamina D non serve solo a “farsi le ossa” perché è un ormone pluripotente: rende più efficiente il nostro sistema immunitario nei confronti delle infezioni ed è amica del cuore perché abbassa i rischi di ipertensione e infarto. Insospettabilmente, ha un ruolo anche nella fertilità: uno studio appena pubblicato su Gynecological Endocrinology ha valutato un campione di 201 donne e ha scoperto che in quelle infertili (ovvero che non erano rimaste incinta dopo un anno di rapporti regolari con il partner) si osservavano bassi livelli di vitamina D e che la carenza era ad appannaggio soprattutto delle aspiranti mamme con un’obesità addominale. “Nulla di strano”, commenta il dottor Marcello Amodei, endocrinologo esperto in fisiopatologia riproduttiva al Centro di Sterilità Alma Res di Roma. “La vitamina D è liposolubile e quindi tende ad accumularsi nel grasso corporeo: la quota che circola nel sangue e che l’organismo può assorbire diventa perciò insufficiente, tanto che le donne in età riproduttiva con basse quote dell’ormone possono avere difficoltà riproduttive che vanno dal 20 al 50%”.   

Il ruolo della vitamina D nella fertilità  

Ma come mai la sua carenza riduce le possibilità di mettere in cantiere un bebè? “ La vitamina D contribuisce e migliora l’impianto dell’ovulo fecondato in utero, tanto che sull’endometrio, il tessuto che riveste la cavità uterina, sono disseminati dei recettori (in particolare il recettore VDR ) in grado di legarla e quindi di farla entrare in funzione a favore l’impianto di un’eventuale gravidanza”, spiega il dottor Amodei. “La vitamina D, infatti, ha un’azione simil progestinica e come il progesterone migliora e contribuisce a far sì che l’utero si trasformi nell’ambiente più adatto e più competente per l’impianto dell’embrione, per il suo sviluppo e la sua crescita. Non solo; riducendo la concentrazione di alcune citochine infiammatorie, presenti nelle vie riproduttive, contrasta la loro azione embriotossica. Ottimizza inoltre le funzioni della placenta, il tessuto che garantisce ossigeno e nutrimento alla nuova vita. Se manca, perciò, oltre ad una diminuzione delle probabilità che prenda il via una gravidanza, sono più facili anche aborti spontanei, o disturbi come la preeclampsia (un rialzo costante della pressione arteriosa materna) che durante i 9 mesi mette a rischio sia la salute della futura mamma che quella del piccolo in arrivo”.

Problema coniugato anche al maschile

La vitamina D gioca un ruolo importante anche nella fertilità del maschio: “se insufficiente, la concentrazione (e quindi il numero) e la motilità degli spermatozoi è ridotta, tanto che le cellule riproduttive dell’aspirante papà, oltre ad essere in quantità minore, fanno molta più fatica a risalire le tube femminili e a fecondare l’uovo”, spiega il dottor Amodei. “Con basse quote di vitamina D si riducono anche i tassi di testosterone, l’ormone del desiderio che fa da acceleratore ai rapporti sessuali utili a mettere in cantiere un bebè, ma anche l’ormone che favorisce la maturazione degli spermatozoi. Proprio per questo, il dosaggio della vitamina D, ovvero del 25-OH D3, è ormai uno dei principali esami del sangue che si effettuano per studiare la fertilità femminile e maschile. Tutto ok se i suoi valori sono superiori a 20ng/ml, mentre se sono inferiori occorre correre a ripari”.

Sole e alimentazione

I segreti per riuscirci: esporsi al sole. “L’80% di vitamina D di cui abbiamo bisogno viene convertita nella sua forma biologicamente attiva proprio esponendo la pelle agli ultravioletti”, precisa il dottor Amodei. “Ok, perciò a bagni solari durante l’estate, ma anche in autunno e in inverno: basta passeggiare 20-30 minuti al giorno tenendo il viso, e quando possibile anche le braccia e le gambe, scoperte. Per evitare carenze occhio anche alla dieta perché il 20% della vitamina D proviene dai cibi ed è importante mettere spesso in tavola quelli che forniscono materia prima per la sua sintesi. Quelli da privilegiare: uova, pesce  (soprattutto quelli grassi come il salmone fresco o affumicato, le sardine , le alici , gli sgombri,  le trote e il tonno in scatola), latte e yogurt magro. Se questo non basta, il medico può prescrivere un integratore di vitamina D: va assunto seguendo il dosaggio e la frequenza prescritti dallo specialista per evitare sovradosaggi”. 

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