Vitamina D sono meno utili per chi è in sovrappeso o obeso

di Valentina Arcovio

Gli integratori di vitamina D potrebbero non servire a nulla se assunti da persone che hanno un peso corporeo elevato. Uno studio condotto dal Brigham and Women’s Hospital ha infatti scoperto che i supplementi della cosiddetta vitamina del Sole, quella che il nostro organismo produce naturalmente a seguito dell’esposizione ai raggi solari, funzionano solo nelle persone che hanno un peso sano. Quindi i vantaggi della supplementazione, che vanno dal rafforzamento delle ossa e del sistema immunitario alla riduzione del rischio cancro, non sono uguali per tutti. Lo studio, pubblicato sulla rivista JAMA Network Open, suggerisce che le persone con eccesso di grasso fanno a fatica a metabolizzare gli integratori. Confrontando gli effetti della supplementazione di vitamina D tra persone con un peso sano e persone in sovrappeso i ricercatori hanno scoperto che in questi ultimi i livelli di vitamina D nel sangue erano più bassi. “Abbiamo osservato notevoli differenze dopo 2 anni, le quali indicano una risposta attenuata all’integrazione di vitamina D in presenza di un indice di massa corporea (Bmi) più elevato”, spiega Deirdre Tobias, epidemiologa del Brigham and Women’s Hospital, che ha guidato lo studio. “Sembra che accada qualcosa di diverso con il metabolismo della vitamina D a pesi corporei più elevati, e questo studio può aiutare a spiegare i risultati ridotti dell’integrazione per le persone con un Bmi elevato”, aggiunge. 

Integratori di vitamina D riducono il rischio di morte per cancro del 20%

Per lo studio i ricercatori hanno analizzato i dati di uno dei più grandi e longevi studi sulla vitamina D condotti fino ad oggi, lo studio americano VITAL, che ha monitorato 26mila persone che hanno assunto integratori giornalieri di vitamina D per circa cinque anni, tra il 2010 e il 2018. Tutti i partecipanti avevano più di 50 anni d’età e non avevano il cancro o malattie cardiovascolari all’inizio dello studio. La metà ha assunto pillole contenenti 2.000 unità (UI) di vitamina D al giorno, l’altra metà è stata inserita nel gruppo placebo che ha preso una pillola ‘finta’. I risultati dello studio hanno mostrato che, tra coloro che hanno assunto integratori di vitamina D c’è un rischio complessivo di morte per cancro inferiore del 20%. Per capire se il peso corporeo avesse avuto un ruolo in questa riduzione i ricercatori di Brigham hanno analizzato poi i dati di un sottogruppo più piccolo di 16mila partecipanti, i quali sono stati anche sottoposti ad analisi del sangue all’inizio della sperimentazione e fino a due anni dopo lo studio. Il campione comprendeva 6.600 persone che avevano un indice di massa corporea (BMI) che ricadeva nella categoria sovrappeso e 4.400 che erano nel gruppo obeso o patologicamente obeso. 

Effetti positivi solo su persone con un BMI inferiore a 25

I risultati hanno mostrato che entrambi i gruppi hanno visto un aumento dei livelli di vitamina D nel sangue durante lo studio. Ma l’aumento è stato significativamente più alto nel gruppo che non era in sovrappeso o obeso. “Questo studio fa luce sul motivo per cui stiamo assistendo a una riduzione dal 30 al 40% dei decessi per cancro, delle malattie autoimmuni e di altri esiti con l’integrazione di vitamina D tra coloro con un BMI inferiore” commenta Tobias. “Ma si rileva un beneficio minimo in coloro con un indice di massa corporea più elevato, suggerendo che potrebbe essere possibile ottenere benefici in tutta la popolazione con un dosaggio più personalizzato di vitamina D”. In pratica, l’analisi dei dati ha rilevato che l’integrazione di vitamina D è correlata a effetti positivi su diversi esiti di salute, ma solo tra le persone con un BMI inferiore a 25. Gli scienziati suggeriscono che le persone in sovrappeso o obese potrebbero avere livelli più bassi di vitamina D perché le cellule adipose assorbono meglio la vitamina rispetto ad altre e potrebbero “estrarne” una quantità maggiore dal sangue. Gli scienziati hanno anche suggerito che l’essere in sovrappeso potrebbe “compromettere” la capacità del corpo di produrre o metabolizzare la vitamina D, portandola a livelli più bassi.

 

FONTE: https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2800490

https://mohre.it

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